Non vincerà lo scudetto quest'anno, ma si ripresenterà dopo sette stagioni in Champions league: è il club italiano che ne ha vinte di più – La ricostruzione della squadra si deve al dirigente che ora sogna di aprire un ciclo europeo – E con pochi ritocchi sarà competitiva in tutte le competizioni
Nonostante la felice stagione che sta vivendo, è improbabile che il Milan torni a vincere lo scudetto a dieci anni dall’ultimo. Com’è risaputo, il grande obiettivo è il ritorno in Champions league, sette anni dopo quel 4-1 incassato a Madrid nel marzo del 2014, nello stadio Calderon, quando in panchina c’era Seedorf, subentrato ad Allegri, e l’Atletico Madrid aveva la freschezza e la qualità per eliminare gli ex campioni d’Europa e arrivare alla finale, nella quale fu beffato dal Real Madrid (pareggio di Ramos al 93′ e trionfo ai supplementari). Ecco, l’Europa è il territorio storicamente preferito dai rossoneri: sette le coppe dei Campioni in bacheca, non solo il club italiano che ne ha vinte di più, ma addirittura il secondo in assoluto, alle spalle del Real Madrid, ma davanti ai colossi che si chiamano Bayern, Liverpool e Barcellona.
Tornare nella competizione più prestigiosa del mondo sarà il primo traguardo di Paolo Maldini nelle vesti di dirigente, dopo una carriera così splendida che lo pone vicinissimo ai più grandi di sempre, da Rivera a Baresi, da Riva a Scirea, da Zoff a Facchetti. Non sempre i grandi calciatori si rivelano all’altezza di compiti molto diversi, spesso si rivelano modesti come allenatori modesti e ancor più modesti come manager.
Maldini no, ha avuto le idee chiare fin dai primi giorni, voleva un Milan capace di imporre il gioco dovunque, un Milan giovane, dalle prospettive inesplorate, un Milan senza limiti di crescita. Lo ha costruito con tenacia e rigore, privilegiando i giocatori di qualità, italiani e stranieri. Aveva scelto, insieme con Zvonimir Boban, che poi se n’è andato, un tecnico di valore come Marco Giampaolo, che tuttavia non ha saputo farsi capire in poco tempo. Al suo posto, ha scelto Stefano Pioli, che ha colto al volo l’occasione della vita, dopo tante belle promesse e qualche occasione fallita. Pioli ha impiegato un paio di mesi per ottenere dalla squadra l’adesione alle sue idee. Da quel momento, è stato un altro Milan, anche per merito di Ibrahimovic, certo, ma soprattutto per la chiarezza del tecnico. Nell’anno solare 2020, nessuna squadra italiana ha collezionato più punti del Milan, che è stato anche campione d’inverno del campionato attuale.
La controprova della bravura di Maldini alla direzione tecnica del Milan è dimostrata da un fatto: con tre grandi ritocchi, la squadra è pronta ad essere protagonista su tutti i fronti. Che cosa le occorre per l’ultimo salto di qualità? Un grande centravanti, perché è chiaro che Ibrahimovic non può garantire un’intera stagione senza infortuni. Un grande fantasista, che possa garantire un buon numero di gol – un tipo alla Dybala, per esempio – e permetta a Calhanoglu di giocare da mezz’ala. Un grande esterno d’attacco, che sappia alimentare la manovra offensiva meglio di Castillejo e del sorprendente Saelemakers. Volendo, anche un buon difensore centrale, da utilizzare in alternativa a Romagnoli – che può fare molto meglio – e Kjaer. Tutto questo, se il contratto di Donnarumma sarà rinnovato. In caso contrario, servirà anche un portiere affidabile: i nomi sono quelli di Cragno e addirittura Szczesny, se Donnarumma finisse alla Juve.
Tutto questo illustra meglio di molte parole quanto efficace sia stato il lavoro di Maldini. Il Milan, dopo troppi anni vissuti all’insegna dell’improvvisazione, dopo aver acquistato troppi giocatori senza futuro, possiede finalmente una base solida alla quale aggiungere quei tre campioni in grado di renderla competitiva ai massimi livelli. Il resto c’è ed ha un’età media relativamente bassa: Calabria e Dalot, Hernandez e Tomori (se sarà riscattato), Kessie e Bennacer (una volta recuperato), Saelemakers e Tonali, Rebic e persino Krunic, oltre ad Hauge e Maldini junior hanno guadagnato il diritto a restare. I dubbi riguardano Romagnoli, Mandzukic (tuttora ingiudicabile), Meite, Castillejo e Leao, il quale ultimo possiede sicuramente mezzi tecnico-atletici adeguati, ma è tuttora molto estemporaneo, è una seconda punta che però non garantisce un numero di gol adeguato al ruolo. Leao può essere sacfrificato solo per un esterno d’attacco di valore consolidato, come Hazard oppure Mahrez, per fare due nomi. L’opinione di Pioli, destinato alla conferma salvo crolli imprevedibili negli ultimi due mesi, sarà decisiva: con o senza Ibrahimovic, lo scenario cambierebbe. Ma non sarebbe necessario rifare tutto daccapo come accadeva nel recente passato. Quel che conta è che il Milan targato Maldini abbia ritrovato un’identità da grande. E questo è un bene per tutto il calcio.