Se fosse per Lotito, vulcanico presidente della Lazio, andrebbero cancellate dagli almanacchi. Le piccolo squadre, le cosiddette provinciali, incidono sul fatturato togliendo risorse alle grandi tradizionali che vorrebbero mangiare porzioni più abbondanti della torta televisiva. Ma il vento sembra soffiare nella direzione opposta. Può capitare che il Leicester vinca la Premier League, evento che fu salutato con entusiasmo dal pubblico neutrale, ma può capitare anche che la Juventus vinca sei scudetti consecutivi lasciando agli altri solo le briciole.
Il campionato italiano, tuttavia, sta affermando il risveglio delle provinciali e personalmente credo sia un bene che le piccole possano sedere allo stesso tavolo delle gradi. Salutiamo con simpatia il ritorno in serie A della Spal, la vecchia gloriosa squadra del commendator Mazza che fu protagonista di uno dei primi clamorosi colpi di mercato, la cessione di Capello alla Roma per 200 milioni di lire. Società polisportiva “ars et labor”, questo è il significato della sigla, un ritorno alle figurine Panini con il rarissino Dell’Omodarme, un’aletta dell’epoca. Ma oltre alla Spal, c’è la prima volta del Benevento, che aveva uno stadio da 40.000 persone ma non si era mai nemmeno avvicinato alla serie A.
Dunque, nella stagione dei cinesi, pronti a sventolare denaro per far risorgere il calcio a Milano, un’agguerrita compagnia di piccole può permettersi di sognare in grande: dal Crotone, che si è salvato all’ultima giornata dopo una rincorsa entusiasmante, al Sassuolo che ripartirà senza Di Francesco ma con la solida attenzione del patron Squinzi, per finire al Chievo che può essere considerato un simbolo: la squadra che rappresenta un quartiere di Verona è ormai stabilmente seduta al tavolo delle grandi con un presidente che sembra Harry Potter.
Non vinceranno il campionato, ma forse lo decideranno. Senza di loro, il calcio sarebbe una carbonara senza guanciale.
Enrico Maida