Brad Binder non può lamentarsi del suo debutto nella classe regina: settimo in classifica, è il primo sudafricano della storia ad avere conquistato un Gran Premio nella massima categoria e si candida al titolo di “Rookie of the year”. Anche se non è l’obiettivo che si prefigge: “Mancano sei gare alla fine del campionato e voglio giocarmele tutte, pensando a ciascuna volta per volta. Ho imparato che, per ottenere buoni piazzamenti, devo dare tutto me stesso ogni giorno” racconta il 25enne campione del mondo della Moto3 nel 2016, pilota del team Red Bull Factory Racing.
Di cosa sei più soddisfatto, riguardo te e la moto?
“Avere vinto una gara è stato davvero pazzesco e spero di ripetermi presto: a Brno è stata la prima sia per me sia per la casa costruttrice austriaca. La moto? In sella mi sono trovato subito a mio agio, forse perché guido una KTM da anni, però devo dire che i freni della RC16 sono davvero eccezionali”.
A proposito del gradino più alto del podio in Repubblica Ceca: come hai festeggiato?
“In nessun modo particolare: il giorno dopo ero impegnato nei test. Ho trascorso un po’ di tempo con i ragazzi nel box e ci siamo divertiti ma non troppo e presto tutto era tornato alla normalità. Da un lato è stato bello ritrovarci solo tra noi, dall’altro, avremmo meritato un mega party. Recupereremo”.
Hai ricevuto qualche messaggio speciale quel giorno?
“La prima telefonata è arrivata da Stefan Pierer, il super boss della scuderia. Ho apprezzato molto il gesto: entrambi emozionati, faticavamo a parlare”.
Anche tuo fratello Darryn ha vinto di recente (in Catalogna, su KTM, ndr) il suo primo Gran Premio, nella Moto3. Merito dei tuoi consigli?
“Gliene do, però so che è difficile metterli in pratica: un conto è guardare, un conto è guidare. Comunque lui è fortissimo, indipendentemente dalle mie dritte”.
Chi è più talentuoso? Tu o lui?
“Non saprei rispondere. Di sicuro Darryn, che ha 22 anni, è un fenomeno nel recupero: è capace di grandi gare anche quando parte nelle retrovie. Ed è uno staccatore mostruoso: io me la cavo, ma a pinzare i freni mi batte”.
Che rapporto avete?
“Ottimo: è il mio migliore amico, oltre che mio fratello, e passiamo un sacco di tempo insieme. In pratica facciamo tutto: abitiamo sotto lo stesso tetto, ci alleniamo e ci sosteniamo. Ammetto che è una presenza importante: stare così spesso lontano dagli affetti è abbastanza pesante e qualcuno di famiglia nei pressi aiuta”.
I piloti sono tipi coraggiosi: almeno una paura l’hai?
“Ho una vera e propria fobia per i serpenti, non sopporto nemmeno la vista”.
Descriviti in tre aggettivi.
“Calcolatore, controllato, rilassato. Tradotto: in pista non vado mai oltre il limite, nonostante sia facile dare gas e tentare ogni possibilità per battere gli avversari. Sto sempre attento, però non mi stresso: sono tranquillo di natura”.
Una tua passione?
“La lista è lunga, ne cambio una al giorno! Mi piace giocare a golf e pilotare gli aerei telecomandati: ne ho tanti, peccato li abbia distrutti tutti”.
Il tuo idolo da bambino?
“Erano due: Valentino Rossi, rimasto tale, e Noriyuki Haga, campione della WorldSBK: a inizio carriera avevo scelto di mettere il 41 sulla carena in suo onore”.
Numero proprietà di Aleix Espargaró, nella MotoGP. Il 33 che porti da dove arriva?
“Dalla mia ragazza. Stavo pensando di invertire il 41 in 14, poi lei mi ha fatto notare che 33 sembra la doppia ‘B’ delle mie iniziali. Mi è sembrata un’idea geniale e l’ho approvata al volo!”.
*credito foto: Polarity Photo