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Vedere Campo Testaccio ridotto a un terreno incolto fa un po’ male al cuore. Soprattutto se pensi che all’inizio degli Anni Trenta la struttura di via Zabaglia rappresentava uno degli stadi più innovativi d’Italia tanto da meritarsi un film.
Gran parte del merito fu dell’ingegnere Silvio Sensi, padre del più noto Franco che, prendendo spunto dagli impianti inglesi, nel 1928, disegnò la casa della Roma, nata solo un anno prima dalla fusione fra l’Alba Roma, il Roman e la Fortitudo Pro Roma. Sorse così uno stadio capace di ospitare sino a 20.000 spettatori dotato di quattro tribune in legno verniciate rigorosamente di giallo oro e rosso pompeiano, dotato della casa dell’allenatore che sul muro esterno presentava lo stemma della formazione capitolina.
L’impianto venne inaugurato il 3 novembre 1929, i prezzi per una partita si aggiravano attorno alle 30/35 lire (un costo decisamente elevato per l’epoca), ma ciò non impediva di riempire gli spalti nella maggior parte dei casi con tanto di pubblico accatastato all’esterno lungo le pendici del Monte de’ Cocci dove si vedeva circa metà del campo.
Questa situazione si ripeté anche il 15 marzo 1931 quando la Roma divenne “Testaccina” ed entrò nella leggenda del calcio italiano facendo passare le pene dell’inferno alla Juventus lanciata verso lo scudetto. Proprio durante quel pomeriggio nascono figure mitologiche come quella del fiumano Rodolfo Volk, capace di realizzare 28 gol in quella stagione, ma a Roma conosciuto come Sciabbolone o Sigghefrido.
Lo stesso discorso vale per il portiere veronese Guido Marsetti, talmente legato alla Capitale da rimanerci fino alla fine dei suoi giorni; così come per il centrocampista Fulvio Bernardini, un passato nella Lazio perdonato grazie alle sue ottime prestazioni e diventato preso per tutti “Dottor Pedata” per via di quella laurea conseguita alla Bocconi durante la sua permanenza all’Inter.
Davanti a un pubblico delle grandi occasioni, la Roma scende in campo con la possibilità di riaprire il campionato in caso di successo sulla Juventus, consapevole che giocare in casa rappresenta un vantaggio di non poco conto. Le cronache dell’epoca raccontano di un inizio a ritmi folli, con entrambe le squadre decise a prendersi il predominio del gioco, tuttavia sono i giallorossi a passare in vantaggio dopo soli sei minuti con Nicolas Italo Lombardo che trafigge la porta di Gianpiero Combi e lo sguardo attonito di Virginio Rosetta.
La Juventus perde improvvisamente fiducia, lascia il pallino del gioco ai padroni di casa che fanno da filtro soprattutto grazie al capitano Attilio Ferraris, regista destinato a dirigere il centrocampo come un direttore d’orchestra. Nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo i bianconeri provano a impensierire Masetti con Raimundo Orsi, Giovanni Vecchina e Renato Cesarini, ma non c’è modo di colpire i giallorossi.
La Roma è perfetta e al rientro in campo dopo l’intervallo scappa nuovamente con Volk, capace di ribattere in rete di testa grazie a un cross teso di Raffaele Costantino, fuggito per l’ennesima volta alla marcatura di Umberto Calligaris. E’ passato soltanto un minuto dal ritorno in campo e la partita sembra già indirizzata verso il Campidoglio. Calligaris è il grande protagonista in negativo di questa partita: al 62’ è costretto a prendere la palla con le mani per evitare la terza rete, ma ciò non passa inosservato all’arbitro Carraro di Padova che decreta il rigore e consente a Bernardini di realizzare il 3-0. Trascorrono ancora undici minuti e Cesare Augusto Fasanelli sfrutta un banale errore del terzino piemontese mettendo a segno il 4-0. A metter fine al supplizio di Calligaris ci pensa il direttore di gara che all’84’ che lo espelle per un fallo su Volk lanciato a rete.
La Juventus rimane in nove dopo che al 60’ anche Cesarini era stato espulso insieme a Ferraris per “reciproche scorrettezze” e deve capitolare definitivamente all’88’ quando Bernardini chiude la partita sul 5-0. Il risultato fa talmente scalpore che ispira la mente di Mario Bonnard che decide di farci un film nel quale i protagonisti sono gli stessi giocatori della Roma. Se la trama si svolge sull’amore fra il presidente della squadra per una cantante del Varietà e le bizze della moglie, insoddisfatta per i risultati della società, i calciatori chiamati in causa sono proprio i vari Bernardini, Ferraris, Volk e Masetti che interpretano sé stessi.
Quel film, realizzato nel 1932, scomparirà per decenni sino alla sua riscoperta in versione francese nel 2002 riportando così in voga un’impresa d’altri tempi. Purtroppo lo stesso destino non varrà per Campo Testaccio che la dismissione avvenuta nel 1940 ha visto un progressivo degrado da cui si fa fatica a vedere la luce.