Lucca che spodesta Schio dopo quattro anni dal trono dello scudetto di basket femminile. Lucca che iscrive per la prima volta la Toscana nell’albo d’oro del torneo tricolore nato nel 1924. Lucca che riscatta le sconfitte in finale del 2013 e del 2016. Lucca che compensa inferiori risorse economiche e panchina più corta con una grinta impressionante. Lucca che festeggia una scalata straordinaria, portata avanti dal 2006 col medesimo allenatore, Mirko Diamanti. Lucca che è la miglior pubblicità possibile di novità per tutto il movimento che, da domenica, si focalizza sulla nazionale e sull’Europeo in Repubblica Ceca del 16 giugno. Al primo raduno mancherà la capitana, la stella della Famila Schio battuta in gara quattro della finale scudetto.
Raffaella Masciardi, Lucca è davvero la squadra più forte del basket femminile italiano?
“Questo ha detto il campo, ed è la reale fotografia di quanto è successo anche in tutto il campionato. Ha meritato di vincere il titolo perché è stata più squadra, più collettivo e perché aveva più fame, più voglia dentro, di noi”.
C’è qualcuna delle avversarie che l’ha sorpresa?
“Sorpresa davvero no, ma Jillian Harmon è stata un collante importantissimo per tenere insieme la squadra, oltre ad esprimerei il suo grande talento, e Francesca Dotto ha dettato il ritmo e ha messo in difficoltà i nostri play”.
Lucca meritava questo premio per il lavoro anche dirigenziale di questi anni.
“Non è una nuova realtà perché sono sei anni che il progetto è decollato fino ai livelli più alti, e dalla A-2 sono arrivati allo scudetto: bravi. La società ha lavorato benissimo, in tandem con coach Diamanti, finché tutti i tasselli non sono andati al posto giusto. E’ stato il fattore più positivo del campionato, un risultato che deve far pensare in positivo a tutte le realtà desideroso di costruire un progetto ambizioso”.
E invece qual è stata la nota negativa?
“Dopo le quattro squadre più forti, Venezia, Ragusa, Schio e Lucca, che lottano anche per le coppe, le altre formazioni sono più lontane e quindi non garantiscono l’equilibrio. Capisco il momento economico, ma l’esperienza di Lucca dimostra che i programmi e il lavoro sono decisivi”.
Tecnicamente, qual è stato il tema dominante?
“Il gioco è sempre più veloce, la difesa è sempre più aggressiva, si corre di più e si va più facile a canestro, senza grandi schemi”.
Quali sono e giovani che si sono fatte notare maggiormente?
Dotto, Cecilia Zandalasini che gioca con noi, Sabrina Cinili di Napoli, Alessandra Formica di Ragusa, ma sono già nel giro della nazionale. Come giovane giovane cito la 18enne Martina Fassina che ha fatto minuti importanti in serie A e ha dimostrato di poter tenere il campo”.
Qual è il suo quintetto ideale del campionato appena concluso?
“Dotto (play), Sottana (guardia), Zandalasini (ala piccola), Ashley Walker (ala grande), Rescinda Gray (pivot)”.
Qual è il male oscuro del basket femminile italiano?
“Dobbiamo lavorare tutti insieme, Fip, Lega, società, allenatori, giocatrici, per l’obiettivo comune da affidare a coach Andrea Capobianco che conosce tutte noi e tutte le situazioni”.
Mancano le giocatrici o manca la qualità?
“Manca la qualità, il bacino d’utenza, secondo me, c’è, ora però bisogna ottenere che tutte raggiungano un importante livello di crescita, e salgano il più possibile. Dobbiamo fare un salto di qualità proprio come movimento, tutti insieme”.
Magari bisogna svecchiare la classe allenatori.
“Se ci sono da tanti anni vuol dire che valgono, ma certamente bisognerebbe avere più coraggio nei giovani e nelle donne, come Zanotti ed Adamoli. Dobbiamo acquisire una mentalità di novità che non possediamo in Italia in generale. Dovremmo prescindere da quel che è stato, dal come si è fatto, e lavorare molto sui rapporti personali per arrivare a un ricambio generazionale attraverso gli atleti che hanno vissuto in campo esperienze dirette”.
Sembra che stia lanciando sé stessa verso una seconda carriera: il 30 settembre compie 37 anni, quanto vuole giocare ancora?
“Uno-due anni me li vorrei fare, mi sento bene, mi piace sempre tanto. Ma certo, quando lascerò l’agonismo mi metterò a disposizione del mio sport, sfruttando anche l’esperienza che sto cominciando con la Giunta Coni, entrando a contatto con esperienze di altre discipline, di altre realtà e di altri sistemi di lavoro. Anche fuori del campo di gara”.
La Federazione di Gianni Petrucci è sensibile al cambiamento?
“Già promuovere Mara Invernizzi alla vicepresidenza Fip è un segnale importantissimo che ci fa capire l’atteggiamento del presidente e come valuta le donne del basket. Speriamo che si continui su questa strada, dando sempre più fiducia al nuovo”.
Vincenzo Martucci