Alexander Sascha Zverev non è solo il miglior NextGen è soprattutto il prospetto più credibile di erede dei Fab Four. Di più: non c’è alcun giovane credibile, costante e vincente come il ventenne tedesco che, già completo, su tutte le superfici, con servizio e fondamentali da fondo, di qualità, ha anche enormi margini di miglioramento. Soprattutto, con l’ausilio dell’amorevole esperienza di papà e fratello maggiore, che gli hanno fatto da apripista nell’ATP Tour, corroborata della sua naturale freddezza e volontà, non ci sono davvero dubbi nel pronosticare il bell’atleta di 1.98 per 86 chili quale futuro numero 1 del mondo. Appassionarsi per le sue gesta? Certo, si può e si deve, anche per lo spirito offensivo che agita il tedesco di ceppo russo e gli fa anche tentare soluzioni nuove. Alexander “il grande” ama quello che fa, si vede anche da quanto s’arrabbia quando le cose non gli fanno bene: sono reazioni anche scomposte e da mitigare, come gli urlacci e le racchette fracassate in terra, ma sono sintomi di una reale passione per il tennis e di un’importante volontà di scalata all’apice. Sono qualità decisive, soprattutto in un panorama giovanile di colleghi con scarsa passione, nel quale spiccano i colleghi australiani Tomic e Kyrgios.
Zverev ci piace, lo ammiriamo. Ma, più guardiamo lui e ipotizziamo il futuro suo e del tennis, più apprezziamo ed amiamo Roger Federer. Non è tifo a favore, o contro, è semplice, asettica, analisi. E, guardando il video – che alleghiamo -, con addirittura il match point che Sascha ha salvato a un braccio d’oro quale Richard Gasquet, la passione per Federer ci è cresciuta un po’ di più. Perché è sicuramente bravo, Zverev, e determinato, e capace in tutti i colpi, e paziente nell’insistere, ma quant’è altrettanto ripetitivo, ovvio, noioso quel palleggio da fondo che impone al francese? Guardatevelo, seguitevelo bene, ed applaudite il tedesco, ma poi ragionate con noi, da amanti del tennis, non da tifosi, e capite perché Roger è così Magnifico, così unico, così indispensabile. Con tutto il rispetto per gli altri tennisti, a cominciare dai Fab Four, continuando per il primo di giovani. Perché ognuno di quegli scambi, con Federer in campo, si sarebbe potuto concludere diversamente, con un guizzo, con un lampo, con una invenzione. Mentre, altrimenti, la soluzione è spesso scontata. Con una mera, sistematica, soppressione, muscolare ed inesorabile, dello spazio. E dove finisce allora la noble art?
Vincenzo Martucci