A dispetto della sconfitta romana, Parigi ci regala un Nadal dal gioco granitico che tutti sappiamo, ornato da cambi di ritmo di buona fattura e incursioni a rete cullate sul giusto tempismo.
Un tennis maturato negli anni, di pari passo con l’andamento dei numeri impressionanti ottenuti sulle sabbie rosse in Bois de Boulogne. Tanto da chiedersi cosa passi nella testa di un giocatore che tra le grazie del Roland Garros si è fatto carico di novantanove vittorie lasciandone incustodite appena un paio. E per quanto possiamo interrogarci sulle plausibili spiegazioni non riusciremo mai a capire cosa accade esattamente nella mente di un giocatore capace di tanto.
Una riflessione scontata direbbe che in quel paradiso color mattone la palla corre il giusto e che lui può spaziare qua e là con le amate scivolate. Oppure che l’atmosfera parigina abbia un effetto tanto inebriante da scatenare in lui fiumi di adrenalina. Insomma potremmo sbizzarrirci con le ipotesi più bislacche senza giungere al nocciolo della questione.
Ciò di cui possiamo andare certi, tuttavia, è che una parte consistente del suo rendimento sia figlia delle pause, quelle che lo spagnolo ha speso negli anni in compagnia dei suoi tic.
Quest’ultimi sono un sintomo somatico frutto di ansia accumulata e rappresentano il prezzo da pagare al giusto equilibrio nervoso. Nel tennis sono da attribuire alla lunghezza dei match che impongono sempre concentrazione al top. Scandiscono il tempo tra un punto e l’altro e il giocatore preso dalla ritualità di gesti inconsapevoli, non si preoccupa dell’ immagine che proietta all’esterno, ma piuttosto della protezione che si aspetta da essi. La loro ripetizione maniacale non va vista come un risvolto negativo ma, al contrario, come un rituale utile a rimanere nel match. Lendl, McEnroe e lo stesso Nadal sono solo alcuni esempi. Molti altri giocatori sono finiti preda dei tic e in alcuni casi tali fenomeni sono originati da gesti scaramantici entrati seduta stabile nei meandri del controllo emotivo. Reprimerli sarebbe dannoso poiché ne sortirebbe una reazione scomposta con fuga dal pensiero tattico e dal rendimento.
Ma anche questo non basta a spiegare il fenomeno Nadal in quel del Roland Garros. Arrivando nella capitale francese, potrebbe scattare in lui qualcosa che attiene a un conteggio matematico. Nel senso che all’inizio del torneo lo spagnolo potrebbe farsi due conti di ciò che l’aspetta. E nel rifrullo dei numeri potrebbe pensare che tutto sommato il major francese equivale a un massimo di 35 set, per un ammontare di game intorno ai 350, metà dei quali da giocare al servizio e gli altri da consumare alla risposta. Pur sorvolando sul totale dei punti, l’iberico non potrebbe negare a se stesso che andrebbero disbrigati attraverso una milionata di colpi. Una moltitudine di situazioni, e quì potrebbe nascondersi il segreto, da sbrogliare una sull’altra ricorrendo a tutto quello che ha in corpo.
In questa edizione 2020 maledetta dal covid, Nadal è agli sgoccioli del percorso! Un rush finale che non equivale esattamente a una manciata di punti ma non sono neanche la milionata di inizio torneo.
Oltre la rete c’è Djokovic che tutti quei punti li leggerà come righe di un romanzo: ognuno col suo giusto significato.
Dunque, all’oscuro delle vere ragioni, possiamo solo azzardare che in vista del match clou lo spagnolo stià gia ragionando su addizioni e sottrazioni da elaborare e che entrando in campo cercherà protezione in quei tic che lo renderanno tranquillo e combattivo. Il resto è mistero e accadrà domani tra le righe dello splendido Chatrier.
Daniele Flavi (AGL)