Di che cosa parlano i media nella post-season 2018 e nella pre-season 2019 del golf? Sempre e solo di Tiger Woods, del suo ritorno, del film che sta per andare nelle sale cinematografiche, dei nuovi dolorini al suo fisico martoriato, della prossima programmazione gare, delle reali possibilità di vincere un altro Slam da aggiungere ai suoi 14, per magari tornare alla rincorsa del record di 18 di Jack Nicklaus, interrotta all’Us Open 2008.
Eppoi? Non avendo altri dualismi di vertice cui ispirarsi, i media a stelle e strisce, dopo l’esibizione di Las Vegas uno contro uno con 9 milioni di dollari in palio vinta da Lefty, hanno scovato un dato statistico in cui il 48enne californiano bianco è superiore al quasi 43enne californiano di colore. Certo la pietra di paragone non può essere quella del numero di Majors conquistati, 14 a 5, o dei tornei Pga, 80 a 43, perché su quel piano non c’è lotta.
Però, spulciando spulciando, se andiamo alla voce “permanenza fra i top 100”, Tiger ha toccato quota numero 1000 settimane, ha passato cioè 19 anni della sua vita fra i primi golfisti del mondo, cifre che rappresentano un periodo lunghissimo che è comunque minore di quello trascorso dal tradizionale rivale. Che è restato lassù 1314 settimane, più di qualsiasi altro professionista da quando nel 1986 è stata creata la classifica ufficiale mondiale dei golfisti professionisti (OWGR). Quest’unico vantaggio statistico di Lefty sul Fenomeno sembra giustificare lo spunto che tanto appassiona i media. In realtà, considerando la differenza d’età fra i due – Tiger compie 43 anni a fine mese, Mickelson ne ha 48, e compensa ampiamente le 314 settimane – è più che altro una scusa, in mancanza d’altro.
Anche perché Woods ha causato più stop forzati, fra problemi personali e infortuni. E, davanti al numero di settimane al numero 1 del mondo, addirittura 683 (più di 13 anni!), 352 più del secondo nella specifica hit parade, Greg Norman, e 683 di dello stesso Mickelson che, peraltro, non ha mai fatto il salto di qualità dal numero 2 all’1. Come taglia corto sorridendo un po’ beffardo Tiger, quando lo punzecchiano sull’ultimo successo di Phil della loro mega-esibizione e sulle settimane del rivale fra i “top 100”: “Bisogna guardare l’immagine allargata”. E, davanti a quella, davanti alla sensazionale carriera del singolo del golf, tutti gli altri, eccetto Nicklaus che ancora gli ruba il primato dei primati nei Majors, scompaiono. In attesa del nuovo ruggito di Tiger che, dopo il clamoroso ritorno al vertice del 2018, punta grosso sul 2019.