C’è sempre un’Olimpiade nascosta, quella che la gente lontana migliaia di chilometri non può vedere perché non le viene raccontata. Un complotto dei mezzi di informazione per coprire chissà cosa? Niente di misterioso, solo la pigrizia giornalistica, la convinzione che i lettori e i telespettatori non siano interessati ad aspetti in teoria banali, ma che in realtà fanno capire più di tante altre cose quello che sta avvenendo. Siccome a raccontare la facciata sono già in tanti, preferisco andare a cercare altrove, magari viene fuori qualcosa di interessante o divertente. Cominciamo.
CERIMONIA D’APERTURA
Nell’Olimpiade invernale la Cerimonia inaugurale è forzatamente meno lunga e sfarzosa rispetto a quella dei Giochi estivi, per tanti motivi: meno della metà delle nazioni partecipanti, il freddo che impone una durata ridotta, un interesse comunque meno insistente da parte delle Tv e del mondo dell’informazione in generale, basterebbe vedere i numeri ridotti degli accreditati e non solo perché c’è la pandemia da Covid, i numeri sono sempre stati inferiori anche nelle Olimpiadi invernali precedenti. A Pechino, però, a parte la durata, la qualità dello spettacolo è rimasta elevata, grazie alla direzione artistica di Zhang Yimou, che curò anche le cerimonie del 2008. E come allora è stata l’eleganza a colpire di più. In quella estiva, addirittura, fu “rimproverato” a Zhang Yimou di essere stato un po’ meno spettacolare del previsto, ci si aspettava qualcosa di più “volgare”, ma la magnificenza c’era eccome. Adesso, il cuore del programma sono le virtuosità elettroniche sul gigantesco monolito, al centro della tribuna opposta a quella principale, che funziona da schermo (sembrava quello di 2001 Odissea nello spazio) e sulla pista, tutte meravigliose.
A proposito, notizia incredibile! Tutti i mezzi di informazione del mondo hanno riferito che la Cerimonia è cominciata alle 8 di sera e non alle 8.08! Ma io non mi fiderei. Vedrete che fra qualche anno qualcuno se ne uscirà con la storia che “anche” questa Olimpiade è cominciata alle 8 e 8 minuti!
VAN GOGH NEL CIELO
In ogni Cerimonia inaugurale, ma specialmente a Pechino, ci sono due spettacoli: dentro lo stadio e fuori. Su quello che avviene dentro ogni opinione su quale sia la più bella è legittima. Ma su quello che avviene fuori non ci può essere gara, c’è un protagonista assoluto, Cai Quoqiang, artista dei fuochi d’artificio, degli esplosivi e non solo, assolutamente fuori da qualsiasi schema. Per capirci meglio, una sua opera famosissima, non legata alle meraviglie di fuoco, è “I 99 lupi”, ricostruzione fedele di 99 lupi a grandezza naturale che in branco vanno a sbattere contro un muro invisibile. Ma quando si passa agli esplosivi le invenzioni sono mirabili. Nel 1990, Cai Guoqiang crea una Grande Muraglia di fuoco lunga 10 chilometri, ai confini del Deserto del Gobi, con un disegno che ricorda un Drago: brucia per 15 minuti e si distrugge. Nel 2018, a Firenze, rende omaggio al Rinascimento con un acquerello sopra piazzale Michelangelo: fuochi d’artificio che disegnano fiori, uno spettacolo incredibile.
Nelle Cerimonie inaugurale e finale di Pechino 2008 sbalordì il mondo e anche stavolta, in quella inaugurale, ha presentato una serie di fuochi d’artificio fantasmagorici. Il cielo notturno è stato illuminato da grandi arabeschi, ma la visione più emozionante è stata quella di esplosioni che creavano stelle giganti, ognuna di esse splendente come un sole, a ricordare la magia di Vincent Van Gogh in “Notte stellata”, il fascino e la bellezza dell’universo racchiusi in un quadro che è l’essenza dell’avventura umana di fronte al mistero della vita.
O’ SOLE MIO
Un coro di 40 bambini cinesi ha cantato in lingua greca l’Inno olimpico, un omaggio bello e inusuale alla patria delle Olimpiadi e certamente non facile da realizzare. E tutti hanno lodato la bravura di questi bambini che hanno dovuto imparare a cantare in greco. Ma è meno sorprendente di quanto possa sembrare. Non è la prima volta che i cinesi, in una cerimonia inaugurale, rendano omaggio ad altre nazioni. In particolare, c’è un precedente che quasi nessuno conosce e che riguarda l’Italia, anzi, specificatamente Napoli. Nel 1995, a Tianjin, città con circa 15 milioni di abitanti a 130 chilometri da Pechino, si svolgono i Mondiali di tennistavolo. Nella Cerimonia inaugurale gli organizzatori preparano tributi ad alcune nazioni, ma il pezzo speciale è per l’Italia. Un coro di cento bambini canta “O’ sole mio”, non la versione cinese, quella originale in napoletano! Fenomenali.
ANALFABETO CINESE
La sfilata degli atleti è avvenuta, come annunciato, secondo l’ordine che si utilizza in Cina, che non è quello alfabetico, per il semplice motivo che nella lingua cinese non esiste l’alfabeto. Tutti i mezzi di informazione, però, hanno riferito che è stato usato l’alfabeto cinese. Come già spiegato, il sistema è quello del numero di tratti usati nel primo carattere del nome della nazione, chi ne ha di meno sfila prima e così via. Se due nazioni hanno lo stesso numero di segni nel primo carattere si passa al secondo ed eventualmente al terzo, ma se una nazione ha solo due caratteri e l’altra ne ha tre, la precedenza è per chi ne ha solo due. Si potrà obbiettare che comunque questo sistema può essere equiparato a una specie di alfabeto, di qui il riferimento, sia pure non precisissimo. Ma questo non può essere. In un alfabeto è prevista una successione in base alle lettere e ai loro suoni. Per esempio, in quello italiano, la A precede comunque la B e via dicendo. Nel sistema cinese, invece, accade che qualche volta una lettera (trascritta per gli occidentali secondo il sistema “Pinyin”) preceda un’altra ma anche che quelle stesse due lettere si scambino di posizione se riferite a differenti caratteri. Nel caso specifico dei nomi delle nazioni, capita che una con la A come lettera iniziale precede un’altra con la B iniziale, ma anche che un’altra, anch’essa con la lettera A come iniziale, venga dopo un’altra con la B come prima lettera. E allora quello che indichiamo come “alfabeto” non c’entra più. L’ordine fonetico non esiste nella lingua cinese, quindi è sbagliato parlare di alfabeto cinese, anche se è più “comodo” dire che il sistema è quello. Magari, un piccolo sforzo per far capire davvero a lettori e telespettatori cosa succede sarebbe gradito.
LA SCOMPARSA DEL 2008
E’ inevitabile che si facciano paragoni fra le due Pechino olimpiche, quella del 2008 e l’attuale. Il confronto non fa bene all’edizione invernale e non solo a causa del Covid, perché tantissime cose che non vanno bene non dipendono dalla pandemia ma da vere pecche degli organizzatori. Considerata l’altissima efficienza mostrata nel 2008, appare ancora più strana questa situazione, come se i cinesi avessero disimparato a far funzionare una macchina gigantesca come quella dei Giochi, tanto più che le dimensioni di quelli invernali sono ridotte rispetto a quelli estivi. Per chi è stato veramente qui nel 2008 e per chi ha riferito onestamente tutto quello che accadde allora, la differenza è inspiegabile. Nell’edizione estiva, anche se può apparire esagerato dirlo, si raggiunse la perfezione organizzativa. Pochi esempi per far capire. Anche allora, può apparire paradossale, c’era una specie di bolla, non relativa alla sicurezza della salute, ma ai controlli. Qualche giornalista statunitense, in seguito, ha sparato a zero sui cinesi dicendo che i controlli di sicurezza venivano effettuati “anche in albergo”. Un chiaro segno di disonestà: i controlli di sicurezza venivano effettuati “solo” in albergo, con maggiore facilità e più velocemente. C’era un’uscita apposita per i giornalisti che soggiornavano negli alberghi dell’organizzazione, la mattina si svolgeva il controllo con scanner e quant’altro, salivano sullo shuttle bus che li portava all’interno del Parco olimpico e dove erano liberi di muoversi e di entrare negli impianti che si trovavano lì (Nido d’uccello per l’atletica, Water Cube per il nuoto, quelli per Scherma e Ginnastica) semplicemente mostrando il pass-accredito, con percorsi privilegiati, come quello dal Centro stampa al Nido d’uccello: a piedi fino addirittura a bordo pista. Naturalmente, se uno voleva, poteva uscire dall’albergo dalla porta principale, senza controlli, prendere un taxi e andare al Parco olimpico, in quel caso il controllo di sicurezza veniva effettuato all’ingresso del Parco, la differenza era che qui si faceva la fila perché molti erano così scemi da non voler fare il controllo in albergo. Quindi, un solo controllo. Se si usciva dal Parco olimpico con gli shuttle bus ufficiali per andare in altri impianti non si veniva sottoposti a ulteriori controlli di sicurezza quando si arrivava, perché lo shuttle bus ci andava direttamente “dentro”. Se si voleva andare per conto proprio, con un taxi, arrivati all’impianto si entrava attraverso la porta col controllo di sicurezza. Se qualcuno veniva controllato più volte in un giorno era solamente perché lui aveva deciso di venire controllato più volte. Se qualcuno racconta una storia diversa è semplicemente un bugiardo e disonesto. Oppure non è stato all’Olimpiade di Pechino 2008 e dice di esserci stato, quindi è ugualmente bugiardo e disonesto. Anche doppio in quest’ultimo caso.
Potrei continuare all’infinito, ma, a testimonianza della perfezione non solo “fredda” (comunque mai verificatasi in alcuna altra edizione delle Olimpiadi), vorrei fare solo un piccolo esempio, magari banale, ma che fa capire lo spirito con cui le persone più semplici affrontarono quell’Olimpiade. Il Centro stampa era aperto 24 ore. In ogni bagno c’era almeno un addetto che provvedeva a pulire dopo che ogni giornalista ci andava. Di notte, ovviamente, c’erano pochissime persone rimaste a lavorare. Gli addetti ai bagni si sedevano per riposarsi un po’ ma, ogni volta che anche un solo giornalista ci andava, si alzavano e pulivano. Avrebbero potuto anche prendersela un po’ più comoda, aspettare che ci andasse anche qualcun altro e poi pulire, ma erano lì pronti a rendere perfetto anche quel piccolo pezzo di Olimpiade. Non era il timore di essere rimproverati dal responsabile del settore, si percepiva il desiderio di essere utili, perché il tipo di sorriso che mostravano alle 4 di mattina, stanchi e assonnati, non era falso. E se qualcuno crede che facessero così perché erano controllati da telecamere nascoste o da chissà quale grande fratello può anche andare a fare un test per misurare la sua miseria umana.
SICHUAN FOREVER
Per capire meglio le differenze fra le due Pechino olimpiche andiamo sul concreto e cominciamo dal servizio ristorante. Nel 2008, nel Main Press Center, c’era una enorme sala in cui si trovavano: un ristorante di cucina cinese, uno occidentale, uno musulmano e uno indiano, e per completare l’opera anche un McDonald. L’orario era ininterrotto, 24 ore continuate. Adesso, la sala ristorante è molto più piccola, ma questo ancora ci può stare per il numero ridotto di giornalisti. Il punto è che ci sono limitazioni assurde. Cominciamo dagli orari. Non più 24 ore continuate, ma 3 fasi come in un normale albergo: 6.30-9-30 colazione; 11.30-15 pranzo; 17-23 cena! Ci sono poi due settori che, bontà loro, vanno avanti fino a mezzanotte e sono quelli semi-automatizzati, nel senso che il cibo viene preparato dai robot, ma per il pagamento e il ritiro del cibo ci sono gli addetti in carne e ossa. E’ comunque assurdo che ci siano orari come in un albergo o in un ristorante perché, a causa dei tempi delle gare, mai fissi, i giornalisti non hanno la sicurezza di poter rientrare al Main Press Center in tempo per quegli orari. E non possono mangiare fuori, perché è vietato uscire dalla bolla. Potrebbero mangiare in albergo, ma a parte il fatto che anche lì il ristorante chiude dopo una certa ora (la sera alle 22), che coincide quasi con quella del ristorante del Main Press Center, e quindi i giornalisti lo trovano chiuso, il punto è che perderebbero così tanto tempo da ritardare l’invio degli articoli, che è il compito principale. Risultato: si rischia di restare senza mangiare. Ma non è l’unico problema. Nei due ristoranti “classici” del Main Press Center, l’occidentale e il cinese, c’è una situazione particolare legata ai gusti dei cuochi: nel menu di entrambi, nel 90% delle volte, ci sono solo cibi piccanti. Per esempio, in quello occidentale, per tre giorni consecutivi, a pranza e cena, ci sono due piatti di spaghetti, alla bolognese e con crema ai funghi, ma entrambi con chili, pepe nero e altre cose piccanti, e come secondo c’è solo pollo, ma piccante anch’esso. Praticamente, una estensione mondiale dello stile Sichuan, la Provincia cinese rinomata per la sua cucina “fuoco e fiamme”. Insomma, per chi ha problemi col cibo piccante non resta che digiunare o arrangiarsi con qualche verdura. E magari fanno piccante pure quella. Di buono c’è che dopo un reclamo al Cio, il ristorante occidentale ha cominciato a preparare qualcosa non piccante, ma la situazione rimane problematica.
UN DESIDERIO CHIAMATO TRAM
E, se possibile, va pure peggio con i trasporti. Piccola premessa: anche se stai in un albergo a 100 metri dalla bolla, come è il caso dei giornalisti di un hotel praticamente attaccato all’ingresso del Main Press Center, devi prendere lo shuttle bus e, nel caso citato, fare solo 100 metri in 2 minuti e scendere!!! Ma fossero solo questi i problemi. Ce ne sono ben peggiori. Dall’hotel non si può uscire a piedi, bisogna prendere lo shuttle e andare al Main Press Center, dove ci sono gli shuttle per i campi di gara. Se ci sono due palazzetti vicini, anche poche centinaia di metri, e bisogna trasferirsi dall’uno all’altro quando una gara è finita e un’altra sta per cominciare, non è previsto il collegamento diretto, bisogna prendere lo shuttle per andare al Main Press Center e poi prenderne un altro per andare all’altro palazzetto, praticamente tornare da dove si è venuti. Il trasferimento, invece di 5 minuti, dura un’ora se va bene, perché può anche capitare che quando si arriva al Main Press Center l’altro shuttle è già partito, visto che gli orari non sono connessi, e bisogna aspettare almeno mezzora (ma in certi orari del giorno anche molto di più) per ripartire. Risultato: 200 metri in un’ora e mezza, il trionfo della stupidità. E poi, per il ritorno in albergo a fine giornata altro colpo di genio: dopo la mezzanotte, sono previsti shuttle solo alle 2 e alle 4. Ma molti giornalisti tornano al Main Press Center dopo mezzanotte perché le gare sono finite da poco e anche se ci arrivano alle 12.10 lo shuttle è già partito per l’albergo e bisogna aspettare le 2 per il successivo! Dopo molte proteste, gli organizzatori hanno cominciato a mettere corse anche ogni 20 minuti dopo mezzanotte. Ma non è nemmeno questo il peggio. Si va ben oltre.
Le sedi di gara sono tre: Pechino per gli sport del ghiaccio, Yanqing per sci alpino, bob e slittino, Zhangjiakou per lo sci di fondo e tutto il resto. E lì ci sono anche gli alberghi per i giornalisti che decidono di restarci per seguire solo quelle gare. Ovviamente è possibile stare in albergo a Pechino e andare ogni giorno in quelle altre due sedi. Ma quando serve spostarsi fra una sede e l’altra cominciano i problemi, soprattutto alla fine delle gare, la sera, perché gli orari sono congegnati così male che si resta senza trasporti e chi sta a Zhangjiakou non può tornare a Yanqing o a Pechino, lì dove ha prenotato l’albergo. Cosa fa? Resta di notte al freddo? E’ obbligato a prendere un taxi: costo da Yanqing a Pechino, il tragitto più breve, 160 euro. C’è stata anche una protesta ufficiale dell’Aips, l’Associazione internazionale della stampa sportiva, si è in attesa di risposta.
TRIBUNA STAMPA
In mezzo a tante assurdità, però, si può trovare anche qualcosa di intelligente: la gestione della tribuna stampa. A Tokyo, senza spettatori, con stadi e palazzetti vuoti, gli organizzatori avevano inspiegabilmente e incredibilmente confermato le limitazioni di accesso per i giornalisti a causa del Covid. Ma se non ci sono gli spettatori la tribuna stampa può diventare illimitata e tutti i giornalisti possono avervi accesso rispettando il distanziamento. All’Olimpiade estiva di Tokyo, invece, bisognava fare ogni volta richiesta di ingresso, tramite un apposito sistema dopo essersi registrati, e aspettare la risposta dal Comitato organizzatore per sapere se si era stati autorizzati a entrare. La follia totale. A Pechino, invece, dove pure c’è qualche spettatore, dietro invito speciale, tutte le tribune stampa sono libere, tutti i giornalisti sono autorizzati a entrare. Per motivi organizzativi, le uniche manifestazioni in cui c’è bisogno di un biglietto-stampa, rilasciato dagli organizzatori, sono le cerimonie di apertura e chiusura, ma comunque anch’esse senza limitazioni di posti.
SPETTATORI A DISTANZA
E a proposito delle tribune vuote, qualche spettatore è comunque stato ammesso. Ci sono stati inviti speciali, non si sa con quale criterio, ma sta di fatto che una piccola parte dei posti è occupata in maniera davvero disciplinata, come si può notare nella foto. Nel palazzetto riservato a Pattinaggio artistico e Short track, sono ammessi dai 200 ai 500 spettatori, rigorosamente seduti con un posto vuoto fra di loro, nessuna deroga, nessuno tenta di fare il furbo e spostarsi accanto all’amico o al parente. Del resto i controlli sono severi, ma è anche vero che non c’è mai stato bisogno di interventi del personale di sicurezza per far rispettare il protocollo.
INTERNET LIBERO?
Quando si è in Cina la domanda è sempre la stessa: come faremo con internet? Gli organizzatori assicurano che nelle aree olimpiche sarà libero. In effetti, è vero. Sia nel Centro stampa, sia nei palazzetti e nelle località di gara i giornalisti stranieri accedono anche ai siti che sono ufficialmente vietati in Cina, come Google, Yahoo, Youtube. Al massimo, per quanto riguarda Google, può succedere che quando vi si vuole accedere compare un messaggio supplementare che chiede la verifica di non essere un robot, ma basta un click per superare l’ostacolo e avere libertà di navigazione. Negli alberghi, invece, la situazione è un po’ diversa. Nelle camere, il collegamento internet è quello normale cinese, quindi i siti appena citati non sono accessibili. Per i giornalisti è riservata una zona di internet libero, in cui tutto funziona esattamente come nelle aree olimpiche. Ricordo che anche a Pechino 2008 il sistema era lo stesso.
UNA FONTANA DI ACQUA AMARA
La polemica di Arianna Fontana contro la Federazione, dopo l’oro nei 1000 metri, ha suscitato clamore. Ma se proprio bisogna dirla tutta, qual è la sorpresa? Già quattro anni fa, dopo l’oro olimpico nei 500 metri a Pyeongchang, ebbe un duro confronto con la Federazione a proposito del ruolo di allenatore svolto da suo marito Anthony Lobello, tant’è che andò ad allenarsi in Ungheria. La situazione non è mai stata chiarita del tutto: la Fontana vorrebbe il marito come tecnico della Nazionale, la Federazione gli preferisce lo statunitense Anthony Barthell come responsabile delle donne, ma il peggio è che le due parti non si parlano e le dichiarazioni ufficiali arrivano solo dopo una medaglia. E non sono tenere, visto che la Fontana accusa la Federazione di aver organizzato tutto contro di lei, addirittura di essere stata bullizzata dagli uomini che in allenamento tentavano di farla cadere. Ora, che tutto questo sia vero o no diventa, se possibile, persino di secondo rilievo se comparato con l’incredibile “normalità” con cui queste accuse sono state accolte: come se non fosse successo alcunché, tutti calmi, che poi è il metodo sempre usato per mettere tutto a tacere. Se poi aggiungiamo il caso di Matteo Marsaglia, che ha accusato un tecnico federale di avergli chiesto di rinunciare al Supergigante facendo finta di sentirsi male per cedere il posto a un altro azzurro, Mattia Casse, la conseguenza logica è una sola: bisogna cominciare a commissariare certe Federazioni, non c’è altra via.
PLAYBOY PRENDI IL FUCILE
La stagione, finora, non è stata soddisfacente per il biathlon italiano, in particolare per Dorothea Wierer, una sola vittoria in Coppa del Mondo e una brutta prova nella gara d’esordio in questi Giochi, 18ma nella 15 km. Se non comincia a vincere qualche medaglia come faranno i giornalisti a chiederle se si spoglierà per Playboy?
P.S. Ovviamente, prepariamoci alla stessa domanda per Stefania Constantini. I giornalisti non ci sono ancora arrivati, ma non manca molto. Fidatevi.
LE BOCCE MERAVIGLIOSE
E a proposito di Curling, l’entusiasmo per l’oro azzurro nel doppio misto non può cancellare l’assurdità della decisione degli organizzatori di destinare questa disciplina allo scenario più prestigioso fra gli impianti olimpici, il Water Cube. Invece, i due sport più seguiti del programma su ghiaccio, quelli che in tutte le Olimpiadi (tranne questa, ovviamente, causa Covid) registrano il “Tutto esaurito” (mi fa troppo schifo scrivere “sold out”, abbiate pazienza): il Pattinaggio artistico e lo Short track, fra l’altro anche i più spettacolari, sia pure per motivi diversi. Questi due sport sono stati relegati nel Capital Indoor Stadium, a 6 chilometri di distanza, raggiungibile in mezzora di shuttle bus. L’impianto è bello, sì, ma è sconvolgente che le tradizioni sportive, la bellezza che queste discipline mostrano e l’attrazione che suscitano, tanto da coinvolgere il maggior numero di spettatori sia in presenza che davanti alla Tv in tutto il mondo, vengano sacrificate sull’altare blasfemo che i nuovi dirigenti del Cio hanno innalzato alla frenesia della novità a tutti i costi. Scusate tanto, ma a questo punto nelle Olimpiadi estive, per coerenza e similitudine, bisogna inserire le Bocce e fare disputare le gare nello stadio una volta riservato all’Atletica e quest’ultima mandarla in un campetto di periferia, senza offesa ai campetti di periferia, che hanno una loro dignità. Sarebbe più serio.
Dal nostro inviato Gennaro Bozza