Dicono che Claire Liu non si diverta abbastanza per desiderare davvero una vita da tennista professionista. Peccato, perché i numeri li avrebbe. Come confermano il titolo del Pro Circuit (il livello di tornei appena inferiore al Wta Tour), a 14 anni ad Orlando – più giovane di sempre dal precedente primato di precocità di Anna Kournikova nel 1996 -, la corona di Wimbledon Juniores (dopo Chanda Rubin nel 1992), i due titoli vinti nel Pro Circuit e il 5-2 di vantaggio che aveva al terzo set contro Nicole Gibbs all’esordio pro, a Stanford, prima di subire la rimonta dalla ben più esperta connazionale. Di sicuro, la 17enne di genitori cinesi, e sponsorizzata da Michael Chang, è una delle teenager d’America che fanno più sperare. Dietro l’apripista, la 18enne CiCi Bellis, la coetanea Kayla Day (18), Caroline Dolehide (19), Sofia Kenin (19), Sachia Vickery (22), Amanda Anisimova (16), Whitney Osuigwe (15). Gli Us Open di settembre avevano illuso moltissimo, con la doppia finale a stelle a strisce, sia seniores, con Stephens-Keys, che junior, con Anisimova-Gauff. Con la sconfitta fra le cadette, la 13enne Cori Gauff, più giovane finalista di sempre del torneo, che ha rimesso in discussione i limiti di tornei pro per le bambine-prodigio: da zero per le 13enni, ad aumentare via via con l’età, anche in considerazione dei risultati. C’era perciò molta attesa per la prima tappa sul cemento di casa di Indian Wells 2018, con la Federtennis Usa che ha rilanciato alla grande l’offerta, sempre alla disperata ricerca della nuova Chris Evert, o almeno di Austin, o Davenport o Capriati. Comunque di una vera star, capace di trascinare lo show business e il movimento tutto.
Anche se Claire Liu ha perso subito – e netto – nel derby contro Kenin, e la 21enne Taylor Townsend si è sciolta anche lei d’acchito contro la connazionale Danielle Collins, rimandando ulteriormente la sua esplosione, i risultati delle giovani yankees sono già stati confortanti. Caroline Dolehide (n. 165 del mondo) ha superato due turni contro pronostico, rimontando prima Rogers e poi Cibulkova, e qualificandosi al duro esame contro la numero 1 del mondo, Halep, al terzo turno. Bravissima anche l’altra wild card di casa, Anisimova, nata in America da genitori russi e clamorosa clone di Maria Sharapova, che, da appena 149 della classifica, ha dominato la veterana Parmentier per 62 62, ed anche la ben più quotata numero 23 del mondo, Pavlyuchenkova per 64 61, proponendosi a sua volta al difficilissimo test Kvitova. E la numero 100 del mondo, Vickery, promossa dalle qualificazioni, che già all’esordio aveva sorpresa Genie Bouchard, ha sfatato, dopo due ko, il tabù da junior, eliminando la numero 3 della Wta, Garbine Muguruza, con una memorabile rimonta da 26 0-3 0-40. Facendo lei il match, con 26 vincenti e 30 errori (contro il 22-45 della spagnola), confermando il successo contro una big, ottenuto all’alba del 2018 contro Aga Radwanska ad Auckland, e proponendosi anche lei a una verifica significativa, contro Naomi Osaka, la castigatrice della Sharapova.
Insomma, nuova americanine crescono.
Vincenzo Martucci
(Tratto da www.federtennis.it)