Ma l’aspetto più importante, ancora una volta, riguarda il caso doping di Kamila Valieva. Già avevamo visto, in precedenti articoli, come la sua squalifica sia viziata da evidenti e grossolani errori nell’interpretazione delle regole, come si può notare in quest’ultimo: https://www.sportsenators.it/31
Il regolamento Rusada, nella sezione Annex che esplicita il senso delle disposizioni in materia di doping, riporta testualmente che “i fattori da prendere in considerazione nella valutazione del grado di colpa di un Atleta o di un’altra Persona includono, ad esempio, se l’Atleta o altra Persona è una Persona Protetta”. Il Tas, però, non ne ha tenuto conto e ha squalificato Valieva per 4 anni.
Ma tutto questo, evidentemente, non basta alle autorità sportive, bisogna aggravare ulteriormente la posizione della Valieva per dimostrare al mondo che è stato giusto squalificarla. E questa insistenza, alla fine, rivela soltanto il tentativo di giustificare se stessi.
E qui si entra nel teatrino dell’assurdo. Niggli sostiene che la regola sulla “persona protetta” si applica solo per la tempistica, quindi l’atleta sotto i 16 anni può rimanere in gara, ma alla fine può essere giudicata e condannata. Ma stiamo scherzando? Partiamo dal fatto che questa tesi è semplicemente illogica. Se fosse vero che il principio della regola è questo, cosa succederebbe: la persona protetta viene trovata positiva al controllo antidoping, ma resta in gara, quella in cui si trova quando arriva il risultato del controllo perché quella del controllo ormai è finita da tempo, poi viene squalificata e il risultato della gara viene annullato. E allora perché rimane in gara? Perché può sperare che le controanalisi la assolvano e resta col risultato acquisito? Ma questo tipo di protezione, allora, dovrebbe essere riservato a chiunque, non solo alle “persone protette”. Infatti, gli adulti, invece, non possono gareggiare, vengono fermati subito, ma anche loro potrebbero risultare “puliti” dopo le controanalisi, ma la gara cui non hanno potuto partecipare per loro ormai è perduta. Insomma, un gran casino.
Ma questo attorcigliamento, cui si arriva se la tesi di Niggli fosse vera, non ha ragione di essere perché la regola della “persona protetta” prevede esplicitamente che l’atleta inferiore ai 16 anni non può essere squalificata. Punto e basta.
La verità, purtroppo, che deriva da questo tortuoso e labirintico modo di esprimersi, del Tas e di Niggli, è che la squalifica della Valieva è illegittima e che è stata decisa a tavolino con il solo scopo di punire la Russia, col risultato di aver stroncato questa povera ragazza e, più in generale, tutto il pattinaggio artistico sul ghiaccio che è tornato a livelli tecnici preistorici.