Coi giovani fenomeni succede sempre così: quando esplodono lo fanno in modo clamoroso all’ennesima potenza, con prestazioni straordinarie sotto tutti gli aspetti, dal tennis al fisico, alla testa, alla ribalta, unica, eccezionale di una finale Slam. Così, Coco Gauff che s’incorona regina degli US Open si dimostra molto più matura dei suoi 19 anni rimontando la neo numero 1 del mondo Aryna Sabalenka, dimostrando una volta di più che alla fin fine è la tecnica a fare la differenza contro la forza bruta dello sport, in generale, sempre più fisico, gestendo con compostezza anche la gioia del trionfo. Ma la ragazza di Atlanta è appena all’inizio delle dimostrazioni di cui abbiamo fortemente bisogno. Nel segno di uno spirito di responsabilità e di contegno che già sono eccezionali.
PRECEDENTI
La giappo-haitiana Naomi Osaka, allevata in Florida, che, a 20 anni, trionfava a Flushing Meadows approfittando dei nervi scoperti di Serena Williams e della sua disputa con l’arbitro, non era pronta a quel salto così improvviso e imperioso. E, costretta delle mille tensioni di un campione multi-etnico e travagliato, è implosa, è fuggita, è sparita ala, ricerca delal, sua vera se stessa, e chissà se tornerà davvero sul campo da tennis. La canadese Bianca Andreescu che, a 19 anni, salì sul trono dell’ultimo Slam stagionale, favorita da un altro black out mentale della favorita, Serena – paralizzata dalla paura a un passo dal record-Slam di 24 titoli di Margaret Smith Court -, ha pagato a caro prezzo gli sforzi psico-fisici e non si è mai ripetuta al vertice. Emma Raducanu, nata in Canada da papà romeno e mamma cinese, poi britannica di bandiera, che nel 2021, trionfò ad appena 18 anni agli US Open da primo qualificato, uomini compresi, ad aggiudicarsi il primo campione Slam, è rimasta una meteora dalla complicata spiegazione. Di certo, non s’è più affacciata alla ribalta, bloccata da mille problemi anche fisici. E per quanto riguarda Iga Swiatek, che pure al titolo a New York c’era arrivata 12 mesi fa, a 21 anni, già rodata da due trionfi al Roland Garros, dopo il tris sulla terra rossa di Parigi di maggio, non ne sta azzeccando più una negli Slam. E, come dal 2014, ha confermato la regola che non concede il bis consecutivo di una regina di New York. Da Flavia Pennetta, nel 2015, siamo arrivati a 9 campionesse diverse.
GARANZIE
Sembra che Coco sia di un’altra pasta rispetto a tante altre regine-bambine. Intanto, perché ha già provato sulla propria pelle il contraccolpo delle aspirazioni mancate, la sofferenza dell’attesa di un risultato eclatante, la delusione di una sconfitta importante. Insomma, prima di stabilire il primato di prima teen-ager americana a vincere uno Slam del secolo dopo la 17enne Serena Williams – sempre agli US Open nel 1999 -, ha fatto esperienza, s’è costruita la scorza dura di cui non poteva fare a meno per resistere alle avversarie e alle avversità. Da campionessa annunciata dal successo dell’Orange Bowl under 12, come Steffi Graf (1981), Monica Seles (1985) e Jennifer Capriati (1986), che poi avrebbero sommato insieme 34 Slam. Annunciata dalla sua declamata convinzione: “Non voglio essere la nuova Serena, voglio diventare la più forte di tutti I tempi”. Confermata dal numero 1 del mondo juniores e quindi dalla rapida ascesa anche sul WTA Tour. Rapida ma non ripida, non straordinaria e irrefrenabile. Anzi. Cosicché le troppe aspettative si sono rifreddate e addirittura sembravano sopite dopo la finale persa l’anno scorso al Roland Garros contro Swiatek. Una finale finita in lacrime. “Ma lì è cambiato davvero tutto. Non staccavo gli occhi da lei, da Iga, volevo vivere tutto quello che viveva lei in quei momenti”. Anche se poi le è andata male sia a Wimbledon, battuta già al terzo turno da quella Amanda Anisimova che già l’aveva bocciata da junior – ma che poi non ha retto a sua volta alle aspettative ed ha lasciato il Tour -, e poi nei quarti a New York, stoppata da Caroline Garcia, rimediando poi tre ko su tre partite alle Wta Finals di Forth Worth sia in singolare che in doppio, una gara confezionata negli USA apposta per lei e la compagna di doppio Pegula, e che invece si è conclusa in modo disastroso. Non è andata meglio a gennaio a Melbourne, eliminata al quarto turno da Ostapenko e anche al Roland Garros, stoppata ancora dalla Swiatek nei quarti, e peggio che peggio è finita l’avventura di Wimbledon contro l’ex regina meteora a stelle e strisce Sofia Kenin. Ma poi, dopo aver abbracciato il consigliere fraudolento del tennis, Brad Gilbert, ecco l’improvvisa, inarrestabile, ascesa dell’estate sul cemento americano: la vittoria nel “500” di Washington, nel “1000” di Cincinnati (domando finalmente la numero 1 del mondo polacca) e ora il primo Slam, a Flushing Meadows, cogliendo i tre maggiori titoli della carriera, con 18 successi su 19 match negli ultimi 39 giorni. Nel segno di una crescita imperiosa e costante, non un lampo improvviso e improvvido.
PERSONALITA’
Soffrendo, con l’aiuto e le rassicurazioni anche grazie a un papà sempre presente, appassionatissimo, ma non padre-padrone, non asfissiante, e davvero ex atleta che conosce i problemi di un atleta, Coco ha ragionato molto sulle sue esperienze: “Se avessi vinto l’anno scorso la finale di Parigi avrei provato una maggiore emozione di oggi, più che felicità ed eccitazione. Mi sarei sentita molto sollevata per aver realizzato le tante aspirazioni che ho sempre avuto, sin dalla high school a 15 anni, quando tutti pensavano che dovessi già vincere un Major, mi sono allenata e ora sono pronta, e affamata. Perciò, adesso, dopo essermi liberata di quella pressione, dopo aver fatto le mie esperienze, andando in campo solo per fare del mio meglio e non per battere chissà che record di precocità di Serena, con qualcuno che paragonava i miei successi in forte ritardo rispetto alle sorelle Williams, sento tanta felicità e poco sollievo, perché ce l’ho fatta per me stessa e non per gli altri. Ho imparato che le persone hanno diverse personalità e sparano commenti senza pensarci, ma io sono un polemica – i miei genitori lo sanno bene – e se mi dicono di fare una cosa, adoro fare il contrario. Così leggendo quelli che scrivevano prima della finale che non ce l’avrei fatta mi sono sentita il fuoco dentro”.
RESPONSABILITA’
Questa è la testa della nuova regina degli US Open. E’ forte della doppia gavetta dei campioni annunciati che non si realizzano immediatamente, degli insegnamenti di vita di genitori e nonni, dei suggerimenti tecno-tattici di Gilbert (il super-coach dei miracoli Roddick e Agassi), della coscienza della storia e delle proporzioni fra sè e gli altri (“ognuno ha i suoi tempi e la sua storia”). Adesso Coco, che in realtà si chiama Cori Dionne, ma ha adottato il nome della famosa Chanel – quella del profumo -, può affrontare la responsabilità di essere una campionessa-esempio del mondo afroamericano e delle teenagers, anche più delle sorellone Williams. Per diventare una tennista-simbolo del bel gioco, d’attacco, non solo della ferrea difesa e della straordinaria fisicità con la quale ha demolito le certezze e la potenza della più statica neo numero 1, Sabalenka. Poi, fra 12 mesi, affronterà il tabù degli US Open per firmare un nuovo bis consecutivo. Chi sarà diventata allora questa straordinaria ragazza?
- apparso su supertennis.tv