“Sono cresciuto all’Oratorio di Cristo Re a Cremona. Non c’era la Play Station, la TV aveva un solo canale, sono della generazione di Carosello e come tutti ho imparato dai preti a giocare a pallone, a patto di frequentare anche il catechismo.
Voglio essere di ispirazione per voi giovani, voglio che qualcuno mi guardi e mi dica: “È anche per merito tuo se non ho mai mollato”.
E io aggiungo:
“Più del risultato conta il modo in cui lo si raggiunge”.
Un alpinista può conquistare la vetta in elicottero, ma la sua soddisfazione sta nella scalata, nei rischi corsi e superati, nella fatica vinta, nei problemi risolti e alla fine, nella gioia d’osservare dalla cima il percorso fatto e il mondo che ora si trova ai suoi piedi.
Gianluca ci ha trasmesso valori che abbiamo perso per strada, del tipo: “Non è importante ciò che facciamo, ma come lo facciamo e chi non conosce lo sport, quello praticato, è forse portato a considerare quest’attività solo un passatempo, poco utile al proprio avvenire”.
Come Insegnante di Educazione Fisica, nei 50 anni di lavoro nella scuola, nella pallacanestro e in Università ho costatato che lo sport per molti giovani d’oggi è vissuto come un obbligo, un impegno in più di quelli imposti dalla società, un’attività non più spensierata ma tecnicamente strutturata e finalizzata alla competizione e alla prestazione. Molti giovani vivono lo sport come un mezzo per dimostrare il proprio valore in una perenne sfida con se stessi e gli altri e lo trattano spesso come prodotto da consumare e non da vivere.
E Gianluca tra le righe aggiunge “Cari giovani, la mia è una speranza che prendiate in mano le redini della vostra esistenza e del vostro futuro. È un vostro dovere”.
Il “dovere” è un obbligo morale e se mi trovo a fare qualcosa con entusiasmo non sento fatica, costrizione e non ho ripensamenti.
Fare il proprio dovere sembra facilissimo, scontato, ma non è così. Non è così perché presuppone un carattere ben delineato, formato, cosciente, capace di applicare quei principi e quei valori che danno un senso compiuto all’esistenza individuale e comunitaria.
Il “dovere” richiede sempre un piccolo sforzo, può essere ripetitivo, persino banale, a volte noioso, ma si lega pur sempre alla parte nobile del nostro essere, quella morale, quella che sovrintende i comportamenti, gli atti, le azioni e i modi di essere.
Quante volte ho sentito dire da molti genitori: “Devi studiare, devi essere educato, se vuoi qualcosa devi impegnarti, se prendi un impegno devi mantenerlo, etc.”, ma spesso tutte queste sollecitazioni cadono nel vuoto.
E in molte frasi di Gianluca si evince che “Il dovere ci mette alla prova, ci pone di fronte a noi stessi, scuote la nostra natura, la sollecita, la fortifica, la allena alle grandi prove, le fa capire che anche una piccola azione può cambiare il nostro mondo e quello che ci ruota attorno”.
E io aggiungo:
“Caro giovane d’oggi metti da parte per un po’ il cellulare, leggi, creati un hobby interessante, fai del movimento e dello sport, impegnati, non adagiarti, la vita è fatta di impegni morali, di obblighi e di doveri”.
Fare il proprio dovere è bellissimo, fa salire il livello di autostima, fa scoprire la forza e la bellezza che portiamo dentro, ci fa sentire in armonia con la comunità nella quale viviamo.
“Il dovere è la carta di credito di un cittadino” e in molti casi presuppone l’ubbidienza, soprattutto quando la pigrizia o la superficialità s’impadroniscono delle nostre leve di comando.
Il suo”dovere” Gianluca lo ha fatto fino in fondo.
Ci sono alcune citazioni che mi piace ricordare per omaggiare un grande uomo e un grande campione, soprattutto perché lui ha voluto lasciare qualcosa ed è giusto che tutti possano trarre esempio da quello che è stato Gianluca Vialli.
“Cerco di insegnare ai miei figli che la felicità dipende dalla prospettiva attraverso cui guardi la vita. Bisogna migliorarsi ogni giorno, vivere e aiutare gli altri. Non vale più la pena perdere tempo con cose che non hanno senso, non c’è tempo”.
La vita è fatta per il 20% di quello che succede e l’altro 80% di come reagisci. La malattia può spingerti oltre il modo superficiale di come viviamo la vita. Certo non sono grato al cancro ma non la considero una battaglia. È un compagno di viaggio e spero che un giorno si stancherà.
Bisogna accettare le emozioni, anche quelle più difficili da gestire. Se non sei mai triste come fai a capire quanto è bello essere felici?”
Prof. Maurizio Mondoni