Celebrazioni: sarebbe doveroso iniziare con quella per lo scomparso Duca di Edimburgo che era mio gemello astrale (10 giugno come me, ma trent’anni prima) e di cui possiedo una lettera con firma autografa: un invito, nella primavera del ’90, per prender visione delle misure adottate, in tema di sicurezza, dalle federazioni di calcio inglese e scozzese in vista dei Mondiali di calcio. Della piccola comitiva, che venne trattata con ogni riguardo (direi… principesco) faceva parte anche Alfredo Pigna.
Quel buonanima del Duca non si offenderà se diamo la precedenza a un’altra celebrazione, anche questa legata a un 10 giugno (1981), annunciata dal sindaco di Firenze Dario Nardella dopo che Firenze è stata scelta per ospitare il Golden Gala: il quarantesimo anniversario del record mondiale degli 800 ad opera di Sebastian Coe, ora Lord Coe, presidente di WA, un tempo (former) IAAF.
È un’eccellente idea, alla quale manca un piccolo supporto: il luogo dell’exploit. Da tempo la pista del Franchi è stata estirpata, con ampio spazio concesso a quel che Ciotti chiamava il campo per destinazione. Ricordo che quando Coe, parecchio tempo dopo l’espianto, venne e saperlo, disse: “Potevano dirmelo. Ne avrei comprato tre o quattro metri come souvenir e da mostrare ai miei figli”.
Non conosco i particolari ma penso che la cerimonia avrà luogo al Ridolfi che da un po’ di tempo viene chiamato Firenze Marathon. Ridolfi, chi era costui? Non conosco neppure l‘età della pista. A occhio, 2005. Quella di Napoli porta l’annata 2019. Più o meno il contrario di quel che avviene per il vino.
E ora possiamo passare, come direbbe Evelyn Waugh, al caro estinto. “Potrete vantare un fatto: dopo migliaia e migliaia di avvenimenti a cui ho partecipato, questo è l‘ultimo”, disse Filippo, quattro anni fa, all’inaugurazione della nuova tribuna di Lord’s, il “tempio” londinese del cricket. Era uno dei tanti sport che il Principe aveva praticato (capitano della squadra della scuola di Gordonston, in Scozia), frequentato (hockey, vela), aiutato a crescere (sport equestri), governato.
Il polo rimane il grande amore (così come lo era stato per un giovane sottotenente degli Ussari, per il ruolino del reggimento Winston Spencer Churchill), che gli venne instillato dallo zio, Louis Mountbatten, responsabile delle operazioni combinate, comandante delle truppe alleate in Oriente, conte di Burma, ultimo Viceré d’India.
Filippo (nato a Corfù, dove curiosamente il cricket è di casa, un lascito della breve occupazione britannica delle isole Ionie) inizia a coltivarlo assiduamente durante la sua permanenza a Malta, dove prestava servizio nella squadra navale britannica: nell’isola era stato seguito dalla giovane moglie, Elisabetta. Nella prima metà degli anni Cinquanta fonda il Windsor Park Team, vince il British Open Challenge, guida a due riprese la federazione (così come aveva fatto con il cricket) e assiste con soddisfazione agli esordi del figlio Carlo. Appende lo stick, la lunga mazza, nel ’71, a cinquant’anni, per un inizio di artrite. Più tardi anche William seguirà la tradizione di famiglia.
Nel ’52, a Helsinki, festeggia la medaglia d’oro della staffetta 4×400 della Giamaica con modalità molto informali: va a far visita al quartetto nel Villaggio Olimpico; spunta una bottiglia di whisky ma non ci sono bicchieri. E così viene organizzato un altro tipo di staffetta, con il bicchiere che contiene gli spazzolini da denti che passa di mano in mano. Quattro anni dopo, a Melbourne, in veste ufficiale, tocca a lui dichiarare aperti i primi Giochi organizzati nell’altro emisfero.
È appena dietro un passo alla consorte quando, il 30 luglio 1966, Elisabetta premia i Ramsey’s Boys dopo la memorabile finale contro la Germania Ovest. Nella foto, si intravvede sul volto del Principe un sorrisetto compiaciuto. Le radici tedesche (e danesi) erano state tagliate per sempre.
Presidente del comitato olimpico britannico, non dimentica il mondo equestre e diventa uno dei pionieri di una specialità – i carriaggi – entrata a far parte dei Mondiali, al pari del dressage, degli ostacoli e del concorso di campagna.
In una delle ultime foto pubbliche, in un loden perfetto, è a fianco di Harry: nonno e nipote sono a Twickenham per la finale della Coppa del Mondo di rugby, un match tra due vecchi dominion, Nuova Zelanda e Australia, che non hanno rinunciato a occupare una parte della loro bandiera con l’Union Jack.
Giorgio Cimbrico
*articolo ripreso da sportolimpico.it