Allenare i giovani di oggi non è come allenare i giovani di una volta. o appena toccato con mano la situazione, allenando una squadra di basket Under 17 e alla fine dell’allenamento, mentre tornavo a casa, mi sono domandato: “Io non mi sono divertito, ho sbagliato metodo di allenamento? “A loro interessa migliorare oppure vengono in palestra perché non hanno
niente di meglio da fare o perché vogliono stare con gli amici un’oretta?”.
Proponendo alcuni esercizi di 1 c 1 mi sono accorto che “non sanno decidere in breve tempo cosa fare”, “non hanno le basi per poter decidere”, “non ascoltano”, “se li correggi contestano”. Ma comunque qualcuno si è impegnato, ha ascoltato, ha cercato di impegnarsi di più! Mi ricordo che molti anni orsono, quando presentavo un esercizio tutti erano attenti, ascoltavano e nell’esecuzione erano pronti e vogliosi di migliorare.
Ora non stanno attenti, parlano tra loro, palleggiano quando parli, sentono cosa dici ma non ascoltano: le cose sono cambiate e oggi siamo di fronte ad una sfida complessa e diversa, sotto tanti punti di vista.
Allora mi sono detto: “Non posso utilizzare lo stesso metodo di insegnamento che utilizzavo quando allenavo la mia squadra cadetti della Ju-Vi tanti anni orsono?”. “Oppure per generare apprendimento devo cambiare metodo?”
Ho così provato un nuovo metodo di allenamento
Con la squadra “Under 17” ho provato un metodo di allenamento che ho visto utilizzare da Gaetano Gebbia in occasione del Clinic “One day Clinic” di Milano, che parte dal “gioco” per poi addentrarsi nei particolari, quindi ritornare al gioco. E’ un tipo di lavoro definito “misto”, che ho sempre adottato da quando insegno Minibasket e Basket Giovanile. Un
allenamento che li ha obbligati a pensare “non troppo” e “a decidere in breve tempo il da farsi”. Ho verificato, purtroppo che non sono “pronti”; hanno un bagaglio motorio e tecnico scarso, non sanno decidere in tempi brevi, si stancano
subito, il loro livello di attenzione è debole.
Cosa vuol dire “allenare i giovani?”
Se allenare i giovani significa migliorarli, allora la sfida è davvero complessa e necessita di studio, approfondimenti, tentativi, verifiche, confronti e tanto lavoro. Se, invece, allenare i giovani significa tentare di ottenere vittorie e successi sfruttandoli per esaltare il “proprio ego” allora no, io non ci sto!
Evidenze dal passato
Forse ci si allenava di meno, gli allenamenti erano due più la partita, c’era più amicizia in campo e fuori, i giovani erano più educati e rispettosi, dopo l’allenamento si andava al “campetto” a giocare e ci si misurava con i compagni in sfide infinite 1 c 1 e 3 c 3 e chi vinceva “rimaneva in campo”. Ora ci si allena (se si deve studiare non si va all’allenamento e se
c’è un compleanno pure) e finito l’allenamento si va subito a vedere se sul cellulare c’è un messaggio e l’allenamento …… non fa parte più del mondo reale, ma è il mondo virtuale che prende il sopravvento.
Sono un romantico?
No, sicuramente i giovani d’oggi sono cambiati, loro hanno in mano due mondi: quello reale e quello virtuale. Una volta per ottenere qualcosa si faceva fatica, ci si impegnava, ora basta un click e si ottiene subito tutto! La pandemia, la DAD, la solitudine, lo smartphone hanno contribuito molto a questo cambiamento nel comportamento dei giovani d’oggi, ma
anche gli Allenatori sono diventati meno Educatori e molto tecnici. Vanno a cercare su un motore di ricerca lo “schema ideale” e pensano di essere dei bravi Allenatori!
Il rapporto in palestra tra gli Allenatori e i giovani d’oggi
Il rapporto in palestra di una volta tra gli Allenatori e i giovani è cambiato, si sorride di meno, a volte gli esercizi presentati sono “coreografici” e non servono al gioco, si punisce spesso e a volta se si presenta un esercizio o uno schema di gioco non si sa nemmeno a cosa serve e che effetti produce. Una volta l’Allenatore ascoltava di più i suoi giocatori e i giocatori si “confidavano” con il loro Allenatore, ora il rapporto è più arido: “vengo in palestra ma non mi piace”, oppure “non ho di meglio da fare”, e allora non c’è più comunicazione, attenzione, apprendimento! Una volta c’era più amicizia tra i giocatori, c’era rispetto, stima e voglia di collaborazione nel gioco, ora troppo spesso il palleggio è l’unica arma a disposizione per concludere a canestro, infiniti 1 c 1, non si passa mai la palla, oppure la si passa all’amico e non all’altro (che è antipatico).
Partiamo dal gioco per capire il gioco d’assieme
E’ un dato di fatto che molti Allenatori scelgono di investire il 65% del tempo dell’allenamento in “attività analitiche” e solo il 35% del tempo in “attività legate al gioco”. Per quanto riguarda i comportamenti comunicativi degli Allenatori si osserva che l’attività svolta per la maggior parte del tempo è quella di fornire istruzioni in merito a quello che i giocatori devono fare mentre giocano. “Facciamo giocare di più e partiamo dal loro modo di giocare per farli migliorare e non da quello che noi vogliamo che facciano”. Fornire ai giocatori troppe istruzioni e correzioni frequenti è poco utile ai
fini del miglioramento e a volte è deleterio perché compromette lo sviluppo di un’autonoma relazione del giocatore con l’ambiente di gioco, vincolandolo eccessivamente verso soluzioni che non gli appartengono e potrebbero di fatto limitarne la potenziale espressione tecnico-tattica (presupposti di base dell’approccio ecologico).
Conclusioni
La strada da percorrere è lunga, perché non abbiamo solo una generazione che non gioca più, ma che non si muove proprio. Questo analfabetismo motorio ci crea, in un devastante circolo vizioso, grossi problemi nell’esposizione eccessiva al gioco, poiché è sviluppato su sistemi che di fatto non sono in grado di sostenere con continuità e integrità un’esposizione prolungata all’attività specifica. Il tempo dedicato all’allenamento è poco, deve essere aumentato,
dobbiamo allenarci di più. Il ragionamento ovviamente è “di sistema”, perché devono essere coinvolte le Famiglie, le Scuole, le Federazioni Sportive, da soli non ce la possiamo fare! Utilizziamo durante gli allenamenti il più possibile il gioco per sviluppare le abilità specifiche, che consenta ai giovani di raggiungere alti livelli di conoscenza, cioè una conoscenza pratica (“Knowledge of”), grazie alla quale i giocatori riescano a sintonizzarsi con le informazioni offerte dal
contesto specifico e possano raggiungere livelli elevati di prestazione.