Lo chiamavano “Il pirata”, coi capelli lunghi, l’orecchino, la racchetta sguainata come una sciabola, il gioco a rete all’arma bianca, la fascia fermacapelli e quell’aria truce di chi è arso dal sacro fuoco. Oggi, trentadue anni dopo il trionfo di Wimbledon nella finale contro Ivan Lendl e la prima, clamorosa, scalata della tribuna davanti al costernato pubblico del tempio del tennis, Pat Cash, 54 anni, porta gli occhiali e ha un’aria molto ma molto più pacata. Da buon commentatore tv e allenatore, e nonno già da nove anni. Ma è tutt’apparenza, l’australiano è rimasto il combattente di un tempo.
Pat, lei è stato uno dei pochi a criticare Serena Williams che aveva fatto uscire Thiem dalla sala conferenza stampa a Parigi
“Mi è sembrato molto irrispettoso: non parliamo di uno junior, ma del finalista dell’anno scorso che s’era appena qualificato alle semifinali, e quindi era ancora in gara, mentre lei era stata eliminata. Bastava attendere qualche minuto”.
È stato anche l’unico campione a contestare ufficialmente il controverso stop di venerdì che ha salvato Djokovic contro Thiem. Si è detto che il n. 1 se n’è semplicemente andato dal campo e dal torneo prima della decisione ufficiale.
“L’ho raccontato anche in tv: ero al bagno (eufemismo), come succede a noi maschietti, e dietro di me – “diciamo un po’ più in là” – ho visto Dominic Thiem e gli ho chiesto: “Perché ieri avete fermato l’incontro?”. E lui mi ha risposto: “Non lo so, non ho alcuna idea del motivo dell’interruzione”. Il giorno dopo ancora non lo sapeva! Infatti, poi c’è stata ancora almeno un’ora di gioco”.
Parliamo di Dominic Thiem: le è piaciuto?
“Per due set ha giocato bene ed è rimasto in parita, dimostrando di aver fatto grandi progressi anche sul rovescio, nella tattica, e di meritarsi il titolo di numero 2 sulla terra rossa, del resto aveva piegato anche Djokovic, col vento, sotto pressione. Poi Rafa ha cominciato a giocare in un modo incredibile, e l’ha travolto. Ha semplicemente smesso di sbagliare, ha infilato parziali micidiali, lottando come un pazzo su ogni punto come se fosse l’ultimo”.
E Rafa?
“Parliamo della sua prova a rete. Io ho sempre detto che è uno dei primi due/tre del mondo nell’eseguire la volée. Lì mi ha proprio impressionato (23/27 di realizzazione!). E poi, sotto pressione, si esalta, gioca meglio, si muove ancora più veloce, arriva ancor di più su qualsiasi palla, e la colpisce ancora di più in equilibrio perfetto. Se continua ad allenarsi così, ad avere queste motivazioni e a tenere questa forma chissà quanti Roland Garros potrà vincere ancora”.
E fuori dalla terra di Parigi?
“Il cemento fa sicuramente male al suo fisico, il veloce indoor è la superficie per lui meno vincente, ma l’erba. L’anno scorso ha perso con Djokovic per un paio di punti, ha già dimostrato di trovarsi bene sul verde. Vista la condizione di Parigi, vorrei proprio vedere un altro Federer-Nadal anche a Wimbledon. Non è impossibile”.
Da campione a campione, che cosa impressiona di più di Federer, Nadal e Djokovic?
“Il fatto che continuano ad allenarsi, ad essere così motivati e a vincere sempre tanto. Queste cifre sono pazzesche: 20 Slam Federer, 18 Nadal, 15 Djokovic… E ancora non sono definitive, anzi. Se a trent’anni passati sono così forti, continuano fino ai quaranta. Hanno una naturalezza e una forza mentale davvero straordinaria”.
Ma per giocare gli Slam bisogna giocare anche molti altri tornei, e bisogna dribblare gli infortuni.
“Infatti, quando Federer ha giocato di meno, l’hanno scorso, ha perso contro Anderson a Wimbledon e ha ceduto a Millman agli Us Open”.
Oggi gli atleti sono super-atleti.
“Gente veloce come Borg e Wilander non s’avvicinano ai giocatori di oggi. La capacità di recupero ha fatto dei passi avanti incredibili. Ai miei tempi non sapevamo che cosa fosse la vasca di ghiaccio subito dopo il match. Oggi i tennisti girano nei tornei col fisioterapista, e altri due-tre dello staff medico, un vero e proprio team. Io sono stato il primo a portarmi dietro il fisioterapista. Ricordo che quand’ho vinto io Wimbledon ho dovuto comprargli il biglietto perché nella tribuna giocatori facevano entrare solo i genitori, la fidanzata e l’allenatore. È assolutamente un altro mondo”.
Non c’è sempre un po’ troppa gente attorno al giocatore?
“Per come sono fatto io è troppo tutto. Ai miei tempi se vincevi un titolo dello Slam, dicevi: “Ehi, grande, incredibile, fantastico”. Oggi con un Major solo sei un perdente. La mentalità è completamente cambiata, la vita di questi giocatori è solo il tennis. Io non li capisco, per me è un mistero, ma ognuno è fatto in un modo. E poi hanno un talento che io non avevo, quindi per loro è più facile. Ma non è normale, non può esserlo, non è vita”.
Lei contestava il tennis donne, ma poi è diventato coach di una tennista.
“Fra le donne è tutta un’altra storia: lì il 75% delle volte chi vince il primo set vince anche il match. Vince l’intensità, il focus. Sono tutte lì lì, perciò c’è tanto equilibrio. Tutte possono vincere“.
Però ha smesso di allenare le donne ed è passato agli uomini.
“Alleno ancora part-time CoCo Vandeweghe che però sta recuperando da un infortunio. Ora volo a Stoccarda perché Alexei Popyrin si è qualificato: non ha ancora 20 anni, è alto, serve e si muove e molto bene. Ha anche una bella testa”.
Ed è australiano. Come il pirata Cash.