Sorprende tutti, Giovanni Malagò nella conferenza di chiusura quando, con l’espressione compunta riservata alle grandi occasioni, rivela: “Ero convinto che saremmo arrivati a 39 per una mia filosofia di vita cui spesso faccio riferimento, moltiplicando tutto per 13”. Totocalcio, numero d’oro, Cabala, ermetismo? Non è chiaro, ma pare proprio un uomo fortunato il presidente del CONI. In ogni caso ha avuto ragione, dopo che la tensione dei primi giorni – quando quel primo benedetto oro non voleva proprio arrivare (era accaduto lo stesso nell’altro secolo, edizione 1964) – s’era sciolta in una quotidiana e ininterrotta pioggia di medaglie.
Alla fine saranno numeri tondi che più tondi non si può (pure se indivisibili per 3): un paniere colmo di 40 medaglie, 10 d’oro, 10 d’argento, 20 di bronzo, più una formula matematica che un richiamo alla Smorfia. E poi avanti, di slancio. “E’ un’Italia multietnica e integrata, con atleti provenienti da tutte le regioni d’Italia e nati in tutti e cinque i continenti”. Affermazione dovuta, visto il clima prevalente nel Paese, prima di lanciarsi nella lettura di tutte le “prime volte” di questa spedizione da record, massiccia e fortunata, con risultati che sarà difficile eguagliare in futuro. Per conferma, chiedere all’atletica. E INTEGRAZIONE, chissà perché parola che scrivono a lettere maiuscole, diventa il motivo conduttore di giornali e televisioni, in una riedizione digitale del vecchio “Cuore” deamicisiano.
Poi, vai a vedere, e scopri che dei 66 atleti vincitori di medaglie solo in quattro sono, casualmente, nati all’estero e di questi uno solo – il cubano Conyedo – ha seguito un accelerato percorso di assimilazione diventando italiano per grazia ricevuta. Ma intanto il messaggio è stato lanciato: ormai siamo un Paese multietnico, e non ci potete fare nulla. Bello, ma se fosse compiutamente vero e se avessimo le leggi adatte per diventarlo.
BILANCI – Ma tornando a Malagò – al nono anno di presidenza, e con ancora un quadriennio pieno davanti – il suo futuro è adesso. Ed è più che giusto che se lo goda questo bilancio inatteso e insperato, malgrado la Cabala. E ne faccia partecipi tutti, chi vuole e chi si rifiuta di capire. Il meglio deve ancora venire. Un dato è però inconfutabile: questa Olimpiade al tempo della pandemia, per tanti versi indecifrabile, ha spinto lo sport italiano dove non era mai stato prima. Non tanto per il medagliere che ci vede al settimo posto, quanto per aver riscritto alcune gerarchie importanti – vedi lo spint, ma anche il nuoto – e per una presenza degna in una ventina di discipline (19 precisa il presidente), con qualcuna non proprio fortunata: pensiamo ai 12 quarti posti che sanno tanto di beffa.
Di contro, hanno deluso tutte le squadre, nessuna delle quali è stata in grado di approdare alle semifinali. Da ripensare: ci sarà tempo per capire. Tra tre anni tutto sarà diverso. Infine, con la virile calma dei forti, il presidente del CONI sciorina le cifre del trionfo. Come detto, gli atleti che hanno ricevuto almeno una medaglia sono stati 66 e tra loro in sette ne hanno vinte due: in cima alla lista Marcell Jacobs con i due ori storici nei 100 e nella 4×100, seguito da Luigi Samele (due argenti nella sciabola), poi tutti nuotatori: Thomas Ceccon, Alessandro Miressi e Gregorio Paltrinieri (un argento e un
bronzo), quindi Federico Burdisso e Nicolò Martinenghi con due bronzi. Di modo che i podi complessivi sono 73. Le quaranta medaglie sono così divise: 24 per gli uomini (7/7/10), 15 per le donne (2/3/10), 1 mista (1/0/0).
STELLETTE – Quanto alla provenienza, acclarato il contributo di tutte le regioni in un afflato mai come prima tanto unitario, le città più rappresentate restano Roma e Napoli con 5 medagliati ciascuna. Anche se le località di nascita, quasi mai coincidono con la maturità sportiva. Più interessante il dato relativo alle società di appartenenza dei vincitori di medaglie, con i club militari presenti nella stragrande maggioranza (pari all’86,3% del totale). Il gruppo più affollato resta quello dei poliziotti, seguito da Finanza ed Esercito. La prima società “civile” è l’Aniene del presidente onorario … Malagò.
Nel tabellino che segue, il dettaglio dei podi “militari”:
ORO ARG BRO Tot.
FFOO 4 4 17 25
FFGG 6 4 2 12
Esercito – 3 6 9
Aeronautica – 2 6 8
Carabinieri 2 – 4 6
FFAA 1 2 – 3
CC Aniene 1 – 2 3
Altri club 4 2 1 7
18 17 38 73
Quattordici poi le Federazioni che non hanno fatto il viaggio a vuoto e hanno aggiunto almeno una medaglia alla loro bacheca storica:
• Nuoto 7 (0/2/5)
• Atletica 5 (5/0/0)
• Scherma 5 (0/3/2)
• Judo/Lotta/Karate 5 (1/0/4)
• Canottaggio 3 (1/0/2)
• Ciclismo 3 (1/0/2)
• Pesistica 3 (0/1/2)
• Ginnastica 2 (0/1/1)
• Tiro con l’arco 2 (0/1/1)
• Taekwondo 1 (1/0/0)
• Vela 1 (1/0/0)
• Canoa 1 (0/1/0)
• Tiro a volo 1 (0/1/0)
• Pugilato 1 (0/0/1)
CRITERI – Ci sono diversi criteri di lettura prima di mandare in archivio un’edizione olimpica, speciequesta che – in tremila anni di storia – si è disputata per la prima volta in un anno “dispari” e non bisesto, pur con tutte le dovute premesse ed i necessari distinguo. Il medagliere costituisce solo un aspetto – certo il più appariscente – anche se non il più fedele. Sono stati 93 i Comitati Olimpici – non le nazioni, si ricordi – ad iscrivere il proprio nome nella tabella finale (erano stati 86 a Rio).
In testa figurano, come ovvio, i paesi più industrializzati e socialmente più avanzati. Malgrado tutte le difficoltà che stanno attraversando sia il loro sistema universitario che quello super-professionistico, gli Stati Uniti hanno riconfermato la loro leadership. Largamente primi con 113 podi (erano stati 121 a Rio pur con meno gare) contro gli 88 della Cina, e ben davanti ai russi – terzi – ma con un contingente ridotto dopo che la WADA li aveva messi in castigo e il CIO li ha privati anche dell’inno.
• Stati Uniti: 113 (39 / 41 /33)
• R.P. Cina: 88 (38 / 32 /18)
• C.O. Russo: 71 (20 / 28 /23)
• Gran Bretagna: 65 (22 / 21 / 22)
• Giappone: 58 (27 / 14 / 17)
Maggiori elementi di riflessione fornisce la classifica a punti per i primi 8 (diplomi olimpici), secondo il criterio in uso nella NCAA: 10-8-6-5-4-3-2-1. Qui l’Italia chiude all’ottavo posto, più o meno sulle posizioni di Germania e Francia, le sole nazioni con le quali ha senso proporre un confronto. Significativi il sesto posto dell’Australia e il decimo dell’Olanda, paesi rispettivamente con 24 e 17 milioni di abitanti. Il primo paese africano, il Kenya, è in 27.a posizione.
1. Stati Uniti 1291
2. R.P. Cina 939,7
3. C.O. Russo 785,5
4. Gran Bretagna 728,5
5. Giappone 701,5
6. Australia 540
7. Germania 505,5
8. Italia 497
9. Francia 460
10. Olanda 447
GDP – Altri parametri di analisi sarebbero i dati relativi alla popolazione e, con maggiore significato, quelli economici consolidati. Fermandoci a questi ultimi, un certo interesse presenta il raffronto del GDP (Gross Domestic Product) – in parole povere il PIL – con il numero delle medaglie vinte. Nella classifica dei 10 paesi più ricchi – compilata da The World Bank, aggiornata a Luglio 2021 e guidata dagli Stati Uniti –, rapportando il GDP dell’anno alle 40 medaglie vinte a Tokyo, l’indice dell’Italia viene a trovarsi in terza posizione, dopo quelli di Germania e Gran Bretagna, ma ben avanti alla Francia. Con buona pace degli altri 83 C.O., ma qui contano solo attrezzature, disponibilità economiche, abitudini alle alte prestazioni. Altro che spirito olimpico.
Le cifre del GDP, conteggiate in Dollari, vanno intese in Miliardi x 1000:
• Germania – $ 3.806 : Med. 37 = 10,43
• Gran Bretagna – $ 2.707 : Med. 65 = 41,65
• Italia – $ 1.886 : Med. 40 = 47,15
• Canada – $ 1.643 : Med. 24 = 68,46
• Francia – $ 2.603 : Med. 33 = 78,88
• Corea del Sud – $ 1.630 : Med. 20 = 81,50
• Giappone – $ 5.064 : Med. 58 = 87,31
• R.P. Cina – $ 14.722 : Med. 88 = 167,29
• Stati Uniti – $ 20.936 : Med. 113 = 185,27
• India – $ 2.622 : Med. 7 = 374,57
PODIO – Chiudo con un mio personalissimo podio azzurro per Tokyo 2020. Poco più che una esternazione a bassa voce, ma che tiene conto della qualità dei risultati tecnici inquadrati nella nostra tradizione sportiva (quella che i più dotti chiamano “cultura sportiva”). Ecco quanto: 1) ORO – Staffetta 4×100. Il 37″50 con cui Lorenzo Patta (10”56), Marcell Jacobs (8”925), Eseosa Desalu (9”170), Filippo Tortu (8”845) hanno conquistato la vetta della velocità mondiale va ben oltre la purstraordinaria affermazione in pista. Segno d’un cambio di rotta che scrive una delle più belle pagine dello
sport azzurro. Per il futuro.
2) ARGENTO – Doppio Pesi Leggeri. Poche volte mi sono entusiasmato come m’è capitato assistendo in TV alla sfida delle due ragazze del Due di coppia, Federica Cesarini e Valentina Bodini, con la loro rimonta disperata sulle olandesi concretizzatasi per un poco più d’uno spruzzo d’acqua. E la loro felicità. Commovente.
3) BRONZO – Inseguimento a squadre. Avevamo dominato per decenni e non lo vincevamo dal 1960. Il recupero di quasi 1 secondo negli ultimi tre giri sul quartetto danese da parte di Simone Consonni, Francesco Lamon, Jonathan Milan e Filippo Ganna, a quasi 65 chilometri orari, resta impresa da tramandare. Mitica. Arrivederci al 2024. Tra due settimane torna il campionato di calcio.
Gianfranco Colasante Tratto da www.sportolimpico.com