Da tempo, ci stiamo convincendo di vivere in un mondo dove uomini e donne sono considerati in maniera equa nella vita di tutti i giorni e soprattutto in ambito lavorativo. Ma ne siamo davvero convinti? Molti ipocriti potrebbero rispondere con un:” Sì certo, siamo tutti uguali”. Altri invece, quelli decisamente più realisti e sinceri, sanno benissimo che la favoletta della parità dei sessi è un solo un mito. Nonostante le battaglie, scioperi, scontri, summit e donne forti e indipendenti possono dimostrare che molto è cambiato e sta tutt’ora cambiando, ma la guerra non è ancora vinta come testimoniano alcuni eventi (forse anche più di alcuni) che ci fanno sempre storcere il naso e riflettere sul fatto che le donne, ancora oggi, nel 2020, non sono libere di poter vivere la propria vita e le proprie scelte in maniera del tutto lontana dai pregiudizi.
Questo incipit fa pensare ad una tesi in storia del diritto della donna… invece il nostro sermone iniziale era per far spazio alla notizia che sta “popolando” il web riguardo la pallavolista americana Carli Lloyd, la sua gravidanza e la reazione assolutamente negativa, sessista e razzista degli haters.
Carli, classe 1989, è nata a Fallbrook, un piccolo comune degli Stati Uniti d’America, situato nella regione della California, nella contea di San Diego. Inizia a giocare a pallavolo alle scuole superiori e il suo talento la fa volare nel 2011 nella nazionale, prendendo parte solo ai colleghi, senza esordire in gare ufficiali. Nella stagione 2011-2012 viene ingaggiata dal Busto Arsizio, con cui vince la Coppa Italia, la Coppa CEV e lo scudetto, mentre nella stagione successiva vince la Supercoppa italiana. Torna in Italia nella stagione 2015-2016, dopo aver passato le due precedenti all’estero, per vestire la maglia del Casalmaggiore, aggiudicandosi la Supercoppa italiana 2015 e la Champions League 15-16.
Gli anni successivi li passa in Turchia, per poi tornare nel Bel Paese per la nuova e prossima stagione 2020-2021, dove è stata scelta come capitano della VBC Casalmaggiore. Una notizia che ha emozionato i tifosi caricandoli di entusiasmo per il grande supporto che l’atleta avrebbe potuto portare all’intero team. Un’entusiasmo che si è subito spento dopo che la pallavolista ha annunciato la sua gravidanza.
La nuova stagione, che doveva segnare un nuovo inizio, per tanti e quasi tutti i punti di vista: da quello sanitario per via del terribile periodo pandemico che tutto il mondo sta vivendo e con la ripartenza degli sport, delle competizioni, l’animo e l’entusiasmo di tutti dovrebbe essere positivo, incoraggiante e di unione, a quello dello sport, che sempre causa Covid-19, ha dovuto rinunciare a quello sociale. Perché tutti dovremmo ripartire dopo una simile esperienza globale con un’umanità differente, più sensibile, meno “attaccabrighe”. Invece Carli Lloyd è stata protagonista di “bullismo” del web, dai famosi haters, ed è diventata il simbolo di una pessima usanza mai sedata veramente.
Dovremmo aprire un dibattito comune, “tutti quanti”, perché come ben sappiamo le offese gettate sul web sono visibili da tutti e quindi messe sotto giudizi dei moltissimi fruitori di internet. La cosa che fa rabbrividire è che ancora oggi e ancora per motivi di natura sessista, un’atleta di successo, una donna che si è fatta da sola e che è riuscita ad arrivare ai suoi traguardi, deve subire queste “soprusi” solo perché in dolce attesa, da persone che si fanno forza grazie alla tastiera di un computer o di un smartphone, nascondendo la propria identità dietro un nickname. Così come la loro storia personale, la loro vita, i comportamenti e gli errori quotidiani.
Nonostante una gravidanza sia sempre una meravigliosa notizia, i tifosi non l’hanno presa bene e hanno cominciato a ricoprire Carli di insulti. “Per me è una mancanza di rispetto verso la società. Io la manderei via”, “Io non la pagherei, quella è la porta, ciao”, “È come quando assumi un’operaia dell’Est a tempo indeterminato e lei magicamente resta subito incinta”, “Strappatele il contratto, non lo ha rispettato”. Questi solo alcuni dei numerosi commenti di cattivo gusto rivolti a Carli.
Certo, a pochi giorni dall’inizio del campionato il Casalmaggiore si ritrova con un grosso buco da colmare ma gli attacchi degli haters sembrano essere davvero eccessivi, soprattutto perché non fanno altro che confermare i luoghi comuni secondo cui una donna lavoratrice va incontro a non poche difficoltà quando decide di avere un figlio.
Quello che sta succedendo alla pallavolista americana non è che l’ennesima dimostrazione del fatto che il mondo del lavoro è ancora dominato da sessismo e discriminazione di genere. La pallavolista è stata accusata di non avere avuto rispetto verso la squadra solo perché ha scoperto di essere incinta dopo aver firmato il contratto ma in più sono inconsapevoli del fatto che quel contratto (come quello delle giocatrici in generale) non prevede la maternità, dunque probabilmente Carli non verrà pagata quando non sarà sul campo a causa della dolce attesa. Al di là delle questioni tecniche, però, è chiaro che la gravidanza viene vista ancora da molti come una vera e propria “sciagura” più che come la celebrazione della vita. Dobbiamo chiederci: nel 2020 una donna deve davvero avere paura del fatto che la gravidanza possa farle perdere il lavoro? Diventare mamme non è forse un diritto che non dovrebbe escludere la possibilità di continuare a lavorare?
In altri casi altre atlete sono state vittime di aggressioni verbali e dell’ira degli haters: Sara Gama la capitana della Nazionale italiana di calcio fu insultata sui social nel giugno del 2019 dopo la vittoria contro l’Australia. La giocatrice fu vittima di commenti razzisti del tipo:”Quella sarà anche nata in Italia, avrà la cittadinanza italiana, parlerà italiano ma, mi dispiace, non è italiana. Non ne possiede né le caratteristiche né i cromosomi”. E ancora: “Come fa a essere italiana?”.
O ancora l’esempio dell’atleta Daisy Osakue, una discobola e pesista italiana, medaglia d’oro nel lancio del disco alle Universiadi 2019 e primatista italiana under 23 della specialità, che nel luglio del 2018 fu vittima di un’aggressione a Moncalieri. Fu colpita da un uovo lanciato da un’auto in corsa e questo le causò un’abrasione allo cornea. L’accaduto mise in seri dubbi la sua partecipazione agli Europei di Berlino, nei quali, per fortuna, riuscì ad esserci centrando anche la finale e aggiudicandosi il quinto posto.
Anche la nostra stella del nuoto, la numero 1 di tutto lo sport italiano, una star assoluta dello sport mondiale, quale Federica Pellegrini è stata messa sotto assedio dai leoni della tastiera per un suo tatuaggio che ritraeva un rosario. Dopo la pubblicazione di una foto della nuotatrice dove mostrava il tatoo, i commenti non hanno ritardato ad arrivare, sia quelli positivi che quelli negativi: “Ma tutta questa esigenza di fare tatuaggi? Apparire ad ogni costo senza pensare ai pericoli a cui si potrebbe andare incontro?”. Anche perché in quel periodo impazzava la polemica sul rosario otentato, appeso al collo dell’ex vice presidente Matteo Salvini. Federica fu presa di mira per aver fatto ciò che voleva del suo corpo, incappando anche in politicizzanti che decisero di inserire nel calderone delle offese anche tematiche totalmente inappropriate.
Forse discriminazioni come quelli di Carli Lloyd e come quelli sopra citati sono solo la punta dell’iceberg, e tutti sappiamo che è così. Essere una donna intraprendente, forte, indipendente fa paura e mette in soggezione chiunque, anche le stesse donne. Ma non per questo si è costretti a continuare a subire lo scempio di questa epoca così confusa, retrograda, che vuole far finta di stare al passo con i tempi, quando in realtà dobbiamo realmente renderci conto di quanto il web e tutto ciò che ci permette di fare (nel bene e nel male) ci sta trasformando in esseri senza anima e sensibilità.
Il mondo che vorrei non è così. E sicuramente questo non è il mondo in cui dovrebbero vivere le donne.