“…Ancora oggi non c’è giorno che non ripenso al Masters, ricordo quasi tutti i colpi di quella settimana e come mi sentivo in ogni punto. È incredibile come le sensazioni si ripetano quando si vince o si fa bene. Anche se non è facile replicare quella sensazione, perciò quella settimana di aprile rimarrà a dir poco indimenticabile…”
La cosa buffa è che, noi golfisti, passiamo tanto tempo a praticare per quei momenti, lavorando sui nostri swing, sui colpi, sulla pressione del putt, su come gestire mentalmente la gara ma nessuno ti preparerà mai per quello che accade dopo, dopo aver raggiunto una simile eccellenza. Ultimamente sono riuscito a guardare indietro a quel giorno e ad essere grato per tutto quello che mi ha dato, ma non è sempre facile affrontarne le conseguenze.
Prima di Augusta ero un buono, ma “normale” professionista del Tour.… Dopo il Masters, ogni volta che sono andato ad allenarmi, ogni volta che mi sono ritrovato sul green, mi sono trovato addosso delle telecamere e sono stato sempre filmato e registrato… Chi mi conosce sa che se ho una brutta giornata lo mostrerò, così come il contrario, se le cose vanno bene e sto giocando bene si può capire facilmente anche da fuori. Ecco chi sono io. Ma quando i riflettori si sono spostati fissi su di me, ho dovuto smorzare un po’ i miei toni. Perché è molto più difficile mostrare le emozioni, buone o cattive, quando gli occhi di tutti sono su di te.
…. Pochi sanno i sacrifici che faccio per cercare di essere il miglior giocatore di golf possibile. Non sanno che mi alzo alle 5 del mattino per praticare o andare in palestra prima che mio figlio si svegli alle 6.30 e aiutare mia moglie con lui…. Pensano che per fare 72 basti mostrarmi sul tee, ma non è facile per niente, dietro le quinte, per noi giocatori, è tutto molto più complicato…
Il golf è uno sport strano. Quando stai giocando bene, sembra molto facile, ma quando stai soffrendo può essere una dura sfida da affrontare mentalmente, soprattutto quando sei in viaggio per settimane e settimane alla ricerca della forma contro alcuni dei migliori giocatori e sui percorsi più duri del mondo. Detto questo, sono molto fortunato ad avere amici e famiglia fuori dal campo che fanno quello che possono per mantenermi nella direzione giusta del successo e aiutarmi a mettere le cose in prospettiva.
Ci sono stati alcuni punti davvero bassi. A fine anno ero in lotta nella Race to Dubai ma in realtà non volevo giocare a golf. Sono entrato nei Campionati HSBC in Cina, Turchia, Nedbank e Dubai – quattro dei più grandi tornei dell’anno – e non avevo voglia di giocare, non mi sentivo abbastanza forte per gareggiare…
…. Poi avrei voluto mettere via i bastoni e staccare per un po’, ma aveva preso degli impegni e ho dovuto giocare a Hong Kong due settimane dopo Dubai. La gente non si rende conto di come vengono creati gli impegni dei golfisti: spesso li fissano gare mesi prima, quando stanno giocando bene, ma sei mesi dopo si ritrovano a essere golfisti completamente diversi. Quando si vincono gli eventi e i Majors, gli sponsor e i tornei ti fanno firmare contratti, e tu senti l’obbligo di farti vedere e di far parte dello spettacolo. Anche se magari non riesci a tirar dritta la palla…
Un altro momento molto difficile per me è stato ad Akron, al WGC-Bridgestone Invitational. Fortunatamnte, quella settimana, avevo con me papà, che non sa tanto sul golf o sul mio swing, ma mi conosce come persona, ed è il miglior psicologo che conosca. Abbiamo parlato ogni sera. Non sul golf o su quello che stava accadendo nel mio gioco, ma sulla mia persona, sul mio benessere e sulle lezioni che mi aveva dato per crescere. Mi ha detto che gli sembravo incerto. Crescendo, gli avevo sempre fatto tante domande e volevo capire di me e del golf, e invece non ero più io. Così ho deciso di cambiare allenatore….
… Siamo giunti alla conclusione che forse le cose non funzionavano con Mike (Walker) e Pete (Cowen) come nei due anni precedenti. E sono passato a Sean Foles.…
Quando le cose non andavano bene, cercavo sempre delle risposte. Mi ritrovavo a guardare i video di YouTube e il numero di volte che ho guardato quel mio turno finale ad Augusta è ridicolo…
…Ho iniziato a lavorare con Foles al PGA Championship di agosto…Per due o tre mesi abbiamo guardato tutto nel mio gioco e ho lavorato senza fine per migliorare. … È difficile quando sei in campo prima del giro di un Major maggiore e il tuo swing è strano. Sembra nuovo e scomodo. E’ dura cambiare, ma ero deciso a farlo e mi sono impegnato a fondo per riuscirci…
…Quando lo swing funziona, mi sento bene, sia mentalmente che fisicamente, perché, quando lo facevo male, mettevo in tensione la schiena e sono andato avanti ad antidolorifici, mi svegliavo e già li prendevo per potermi allenare e poi facevo un’ora di fisioterapia prima di ogni giro e un’ora dopo. Ma il dolore era sempre forte. Ero a pezzi. Sapevo che non potevo tornare a casa perché sei stato anche peggio allenandomi così per cinque ore al giorno, sapevo che dovevo cambiare lo swing per stare di nuovo meglio e ritrovare la forma.
Nic, mia moglie, è stata straordinaria anche in questa esperienza. Lo so, per un po’ di tempo, non sono stato un granché: passavo dieci ore al giorno lavorando duro sul mio gioco senza ottenere risultati, tornavo a casa con la luna storta e non ero la persona che sarei voluto essere. Fortunatamente, abbiamo una grande e onesta relazione e lei sa quando dirmi le cose e quando lasciarmi il mio spazio. Ancora una volta, negli ultimi due anni, la mia famiglia è stata incredibile nel bene come nel male.
Un’altra persona chiave in quest’esperienza è stato il mio migliore amico, Sam. Da ragazzi, abbiamo giocato a golf insieme a Sheffield e siamo cresciuti insieme. Abbiamo giocato tanto a casa, lui ha visto che non ero più io e quando gli ho chiesto di farmi da cadde ha accettato. Così, è stato bello passeggiare per i fairways con un amico stretto….
… Non importa come sto giocando ora o quale sia la forma, so che sono comunque fortunato perché ricordo di aver fatto bene sotto la maggior pressione possibile. Quella domenica pomeriggio ad Augusta è stata incredibile e mi guida ancora oggi. È sorprendente: quando entri in lotta per vincere un torno, l’unica cosa che conti sia solo quella. Poi, quando le cose vanno male, tiri fuori un sacco di pensieri e commenti negativi. Per farla breve, quando le cose vanno bene, ti senti come se avessi un campo di forza intorno a te. È impossibile descrivere la sensazione. Qualsiasi droga la gente possa prendere per trovare piacere e gioia, nessuna sensazione può corrispondere a colpire bene la palla con un ferro o mettere dentro un putt cruciale in una domenica in cui ti giochi la vittoria in un torneo di golf. È incredibile come la tua mente possa estraniarsi e portarti avanti in quelle situazioni. E quando ti riguardi nel tempo in televisione è difficile credere che tu fossi effettivamente capace di quelle cose….
…Fintanto sei in grado di riconoscere che sei nervoso perché sei in una situazione in cui vuoi essere, fintanto che sei consapevole di quello che hai dentro, riesci a cogliere quel momento e a fidarti di quello che stai facendo. Il lato opposto a quei nervi per me è venuto alla Ryder Cup. Quella settimana non è andata come avrei voluto ed è successo in parte per il modo in cui ho affrontato la pressione, basata sul fatto che non stavo colpendo bene. Non ero in grado di abbinare quei nervi con la fiducia di poter tirare fuori i colpi sotto pressione. E’ stato difficile.
Ho che chiesto aiuto ad alcuni dei miei amici più vicini sul Tour, come Sergio (Garcia), Henrik (Stenson) e Lee (Westwood), grandi giocatori che pure hanno avuto momenti fuori forma, ed è stato utile per me chiacchierare su come gestire quelle fasi no. Quello che ho imparato è che il golf professionistico può durare 30 anni ed è impossibile pensare che non uscirai mai di forma. È un su e giù. Ma lo cambierei? No. Mai.
……I miei obiettivi adesso? Non ho mai vinto la Race to Dubai. Principalmente voglio pensare che ho lavorato ogni giorno per migliorarmi, senza mollare mai, e continuo ancora. Non è facile, ma questo è il golf e per questo lo amo…
In definitiva, sono un marito, sono un padre di due bambini e ho una Giacca Verde appesa a casa. Sono abbastanza fortunato e non lo dimentico mai.
A 30 anni appena sembra giù un veterano due guerre, un simbolo del golf.
Vincenzo Martucci