Un calcio jazz
Mancini ha rovesciato la moneta. Giocare al meglio di quel che si sa, credere di essere grandi senza chiedersi se è vero. Attaccare sempre, giocare rapidamente, tirare spesso. Crederci. Per finire l’inganno Mancini ha scelto solo giocatori tecnici, non sono mai più di quattro gli uomini addetti alle marcature (stasera D’Ambrosio, Bonucci, Acerbi, forse Barella). Gli altri hanno il compito di improvvisare dentro uno spartito esatto. È insomma puro calcio jazz, quindi sconosciuto e quasi soltanto per armonie forti. La bravura di Mancini è aver fatto credere a tutti i giocatori che possono suonarlo.
Mario Sconcerti, Corriere della sera
Nuovo stile
Oggi l’Italia, se è più forte, impone comunque la sua legge, cercando il gol oltre il 90′. Ha una precisa identità di gioco fatta di doppio play, palleggi veloci, possesso, tagli improvvisi, verticalizzazioni, pressing alto, a costo di rischiare in difesa. Oggi l’Italia può guardare oltre l’Euro perché Mancini ha scoperto i giovanissimi dove nessuno li vedeva, e li ha strappati alle loro nazionali naturali, addirittura prima che i club concedessero loro un minuto in campionato.
Fabio Licari, la Gazzetta dello sport
Addio cupezza
Non eravamo abituati alle vittorie e ancora meno al gioco, eravamo cupi nelle nostre miserie, ci volevano la fiducia e la visione di Mancini per sollevare la Nazionale da quelle macerie.
Alberto Polverosi, Corriere dello sport-Stadio
Mihajlovic e il Gronchi rosa
Qui dove Mancini ha praticamente chiuso la carriera da calciatore e aperto quella da allenatore come secondo di Eriksson alla Lazio. In quella squadra c’era Mihajlovic, che poi gli avrebbe fatto da vice, e proprio Sinisa ieri si è accomodato in panchina per seguire l’ultimo allenamento e ricevere dal presidente federale Gravina, il «Gronchi rosa» del pallone: la maglia verde.
Paolo Brusorio, la Stampa
I grandi interessi economici hanno prosciugato la passione che esisteva nel calcio. Sento dire che i calciatori si conoscono perché fanno allenamento un’ora al giorno.
Nevio Scala a Overtime Festival
Quando invece si diventava amici. Eccolo qui, l’ex attaccante che è tornato a parlare della sua malattia. E ha mandato il messaggio più bello, di fatto annunciando il suo sì al rientro con l’Italia fin dai prossimi impegni di novembre. Il pressing del presidente federale Gabriele Gravina è andato a buon fine: pallone recuperato. Anzi, campione recuperato per la Nazionale: «Quando Roberto (Mancini, ndr) mi ha visto a Coverciano mi ha detto: “Ma ora anche i dirigenti si mettono la tuta?”. Gli ho detto di sì». Era il bentornato dell’amico di sempre: «Ci sono tanti luoghi comuni sul calcio, si dice che le amicizie non siano vere. Io non sono mica d’accordo, ho stretto rapporti di fratellanza». Fratello azzurro, che del tumore al pancreas da lui stesso svelato ora dice: «Percentuali sul mio rientro? No grazie, io vedo percentuali di altre cose…». ~ Davide Stoppini, la Gazzetta dello sport
Italia-Grecia 1975. La partita del debutto di Scirea
Facchetti esce discretamente dalla scena azzurra (…) Scirea non sarà di Facchetti soltanto il prosecutore di un’opera, ma promette pure di accentuare certi aspetti caratteristici del gioco del suo predecessore, che fu tra i primi difensori italiani a svincolarsi dalla propria area e nella quale è tornato a rinchiudersi poi per un insieme di fatti e circostanze (…) Si precorrono i tempi, e ciò non è utile allo stesso “libero” juventino, allorché gli si applica l’etichetta di “Beckenbauer italiano” o altre similitudini suggestive. Scirea ha una spiccata personalità di calciatore ed atleta.
Fulvio Cinti, Stampa Sera, 30 dicembre 1975
*tratti da www.loslalom.it