Il 2019 di Lesia Tsurenko è cominciato nel migliore dei modi. Una serie di vittorie maturate in sequenza su giocatrici come Mihaela Buzarnescu, Anett Kontaveit e la campionessa Slam Naomi Osaka, l’hanno condotta all’atto decisivo del WTA Premier di Brisbane (quarta finale in carriera), dove si è arresa soltanto alla 26enne ceca Karolina Pliskova. Un risultato che, per quanto agrodolce (è stata a due punti dal chiudere la partita), le ha permesso di presentarsi alla vigilia del primo Slam stagionale in qualità di n. 24 al mondo; best ranking fissato nella giornata di lunedì.
Sponsorizzata da brand italiani, non sorprende più di tanto scoprire che anche il motore del suo team è tutto “Made in Italy”. Nell’angolo della tennista ucraina, dal maggio 2018, siede infatti Adriano Albanesi, con il quale si appoggia alla “Rome Tennis Academy” (fondata da Vincenzo Santopadre e Matteo Berrettini) e che le ha permesso di riscoprire il proprio potenziale alla soglia dei trent’anni. Insieme, hanno raggiunto il quarto turno del Roland Garros ed i quarti di finale dello US Open. Adesso, con l’Australian Open alle porte, la Top 20 non è mai stata così vicina.
Come è iniziata la vostra collaborazione?
“Dopo il torneo di Madrid il suo manager mi informò della rottura con l’allenatore di allora e mi chiese se potevamo ospitarla a Roma per farla scambiare con dei ragazzi dell’accademia. Da quel momento iniziai a supportarla in punta di piedi ma durante la settimana degli Internazionali andò malissimo: perse in maniera clamorosa da Petra Martic (6-1; 6-2, ndr). All’uscita dal campo scoppiò in lacrime e mi chiese se potevo accompagnarla anche a Parigi. Prendere un impegno del genere non è facile, specialmente quando si ha famiglia, ma sono stato fortemente supportato. Al Roland Garros un clima sereno e la tanta professionalità messa in campo ci hanno portato al quarto turno: non le era mai successo di arrivare alla seconda settimana di uno Slam. Da lì si è innescata una serie di risultati molto positivi”.
In Italia avete preparato anche questa off-season, su cosa avete lavorato?
“In Italia si è trovata benissimo, le è piaciuto molto allenarsi qui. In inverno ho ideato un protocollo d’allenamento fatto su misura per lei insieme al resto dello staff tecnico tutto ucraino, nello specifico: fisioterapista e fitness coach, i quali conoscono il suo corpo nel miglior modo possibile. Inoltre, ho coinvolto nel nostro team anche i due ricercatori e nutrizionisti italiani Fabio Buzzanca e Claudio Pecorella. La Rome Tennis Academy al momento è il nostro punto di riferimento, sono stato per 10 anni insieme a Vincenzo Santopadre al Parioli quindi per me è come essere a casa. Speriamo di riuscire a trovare un paio di settimane per preparare lì anche la parte di stagione su terra rossa”.
La scorsa settimana, durante la finale del torneo di Brisbane, è stata a due punti dal titolo. Qual è il rammarico più grande? C’è qualcosa che avrebbe dovuto o voluto fare diversamente?
“Semplicemente doveva cercare di rimanere dentro la sua bolla. Purtroppo è uscita fuori ed ha ricominciato a giocare soltanto a metà del terzo set…”.
Crede che in quel momento, dopo aver subito il break del 5-5 nel secondo set, una richiesta di coaching avrebbe potuto cambiare la situazione?
“Non ho la bacchetta magica e non potremo mai sapere se le cose sarebbero andate diversamente ma il coaching ti dà comunque una chance in più per cambiare le cose. In quel momento sinceramente me l’aspettavo, ero partito, ero mezzo alzato ma non mi ha chiamato. Desideravo che chiedesse il mio intervento ma per 20 minuti è completamente sparita. Non era lucida, neanche per chiamare me. Avrei voluto dirle che in quel momento doveva giocare un punto alla volta, andare con calma e continuare a rimanere aggressiva. Purtroppo non è andata così ma nel giro di 48 ore è stato smaltito tutto”.
Qual è la sua opinione riguardo il coaching in campo e la differenza che c’è tra il modo in cui viene impiegato nel circuito maschile e femminile?
“Noi coach delle donne giochiamo spesso su campi in cui c’è la diretta tv. Hai un microfono a pochi centimetri di distanza, parli in un’altra lingua e ti ascolta tutto il mondo quindi occorre saper gestire bene la situazione. Bisogna essere veramente bravi e all’altezza. Però, perché un coach maschile deve starsene con le braccia incrociate sugli spalti? Per me la regola dovrebbe essere: o per tutti o per nessuno. Dovrebbe essere uguale in entrambi i circuiti e a mio avviso è una cosa bella. Ci sono tanti sport in cui si è a contatto con l’allenatore, perché non farlo anche nel tennis?”.
Le piace la soluzione applicata alle Next Gen con le cuffie? Molti giocatori sono contrari al coaching perché non “segreto”…
“Quella soluzione potrebbe adattarsi bene ma a dire la verità quando sei in campo l’avversario seduto sulla panchina opposta non può sentire nulla. C’è troppo caos da parte del pubblico e per questa ragione è impossibile capire cosa si stiano dicendo coach e giocatore”.
In generale è stata una settimana estremamente positiva quella di Brisbane, secondo lei cosa ha funzionato particolarmente bene?
“Il servizio. Fa molto male con quello. Inoltre, quando ha la chance di entrare col diritto, anche quello comincia a pesare tantissimo sulle avversarie. In generale la chiave sono stati primi colpi dopo il servizio; se prende lo scambio in mano sa come essere aggressiva. È quello che le ho chiesto sin dall’inizio ma è un processo che richiede tempo. Tante cose che un giocatore vive in campo sono legate anche al modo in cui si comporta fuori da quest’ultimo, e noi stiamo lavorando su ogni singolo aspetto”.
In quale match l’ha sorpresa maggiormente nell’arco della settimana?
“Secondo me c’è stato un match che l’ha sbloccata. Partire bene con la Buzarnescu è stato importante perché lo scorso anno ci ha perso due volte nel giro di tre settimane. Iniziare l’anno contro una giocatrice con cui hai perso in diverse occasioni non è facile, ma il match con la Kontaveit è stato quello che l’ha realmente sbloccata. Lì ha iniziato ad essere solida, a giocare bene e a contrastare quando le altre spingevano”.
Adesso vi trovate in Australia per il primo Slam della stagione, come si prepara un Major?
“Quando abbiamo iniziato a collaborare mi sono reso conto che arrivava agli Slam con un carico eccessivo di tornei e partite sulle spalle. Chi ha 10 anni in meno può farlo ma quando arrivi ad una certa età, sapersi gestire è importante. Fisicamente rispetto all’anno scorso sta alla grande ma non ha più 20 anni. La preparazione ad uno Slam dipende dal volume di partite che hai sulle spalle. Siccome a Brisbane è arrivata in fondo, la settimana che anticipa gli Australian Open abbiamo deciso di dedicarla al recupero della forma. Se a Brisbane invece avesse fatto 1R o 2R, dato che ci troviamo a inizio anno, avrebbe dovuto giocare anche Sydney per accumulare match.”.
Lesia è una che guarda i tabelloni? Fate previsioni?
“In generale non usiamo guardare i draw, appena ho letto il nome della prima avversaria ho chiuso tutto. Bisogna ragionare una partita per volta. A volte è successo che non sapevamo neanche contro chi giocava. Cerchiamo di non pensarci fino all’ultimo momento. Personalmente tendo a preparare i match la sera prima guardando le avversarie e cerco di buttare giù una tattica che possa ostacolarne il gioco. L’85% – 90% delle volte è in linea con quello che ha già pensato lei. Adesso sappiamo chi affronterà e andremo a studiarla con un po’ di anticipo”.
Primo turno contro Ekaterina Alexandrova, come affronterete questo match?
“So già come si esprime, conosco il suo tennis. L’ho vista giocare in Canada. Abbiamo preparato il tutto con molta calma anche perché durante la finale di Brisbane le si è girata la caviglia. In questi giorni quindi ci siamo concentrati in primis sul recupero della forma fisica a livello ottimale per poi alzare il livello in vista della prima partita.”
Dove può arrivare in Australia?
“La nostra filosofia è quella di vivere giorno per giorno, il che non si traduce in una mancanza di obiettivi, anzi. Quando prepariamo una partita solitamente abbiamo un colloquio 15 minuti prima di scendere in campo, proprio per non pensarci troppo a lungo. In generale è difficile prevedere quello che accadrà, spero riesca ad arrivare il più avanti possibile”.
Quali obiettivi vi siete prefissati in stagione?
“In questo momento ha già raggiunto il best ranking di n.24 ma l’obiettivo è quello di entrare in pianta stabile fra le Top 20”.
Di Arianna Nardi