Un gran gol, come quelli che segnava in acrobazia con la Samp e la Juve, quello di Gianluca Vialli nella partita più importante della sua vita. Quella contro il cancro al pancreas, di cui aveva dichiarato di essere affetto nell’autunno 2018. Forse più di un gol, perché nell’intervista a Maurizio Crosetti su “Repubblica” di ieri, l’ex allenatore-giocatore del Chelsea spiega che “gli ultimi esami non hanno evidenziato segni della malattia”. Ma la partita è ancora lunga, visto il nemico che sta combattendo: “Sono felice, ma lo dico sottovoce”. L’ultimo confortante esame arriva alla fine del secondo ciclo di chemioterapia, durato 9 mesi. Il primo ne aveva richiesti 8. Quasi un anno e mezzo di cure sfibranti per il corpo e la mente (“Normalità significa vedersi di nuovo bene allo specchio e osservare i peli che ricrescono. Non devo più disegnarmi le sopracciglia a matita. Può sembrare strano, ma in questo momento mi sento più fortunato rispetto a tanti altri”). Un’esperienza che lo ha portato, a maggior ragione in questo periodo in cui il mondo lotta col coronavirus, a mettere al primo posto la salute e la sicurezza, scagliandosi contro tagli alla sanità e inquinamento: “Vorrei che la famosa frase ‘Quello che conta è la salute’ diventasse davvero centrale. Vorrei che non accettassimo più nessun taglio alla sanità pubblica, che non crollassero più i ponti e che la sicurezza delle persone diventasse prioritaria. Vorrei che ci ribellassimo a queste città piene di smog che uccide“.
Vialli, oggi capo delegazione della nazionale italiana, guidata in panchina da Roberto Mancini, il suo “gemello” nella grande Sampdoria, può contare anche sull’esempio di sportivi celebri che hanno vinto la battaglia contro un cancro. Tra questi Martina Navratilova, vincitrice di 18 prove del Grande Slam (9 Wimbledon, 4 US Open, 3 Australian Open e 2 Roland Garros) e Lance Armstrong, sette volte campione del Tour de France tra il ’99 e il 2005, poi trovato positivo al doping e quindi clamorosamente privato dei suoi successi nell’albo d’oro della più importante corsa a tappe. Alla Navratilova fu diagnosticato un cancro maligno al seno sinistro nel Febbraio 2010, quando aveva 53 anni. Lo definì “il mio 11 Settembre”. Dopo sei mesi di radioterapia vinse la sua battaglia e si impegnò socialmente nella campagna d’incentivazione alla mammografia al seno.
Armstrong fu invece colpito in modo molto più pesante ed invasivo da cancro ai testicoli nell’ottobre ’96, nel pieno della carriera sportiva. A prescindere dall’utilizzo di sostanze dopanti, il decorso della malattia e le conseguenti chemioterapie ne stravolsero la struttura fisica, prima più possente e tipica da ciclista da corse in linea (vinse i Mondiali di Oslo nel ’93 e la Freccia Vallone del ’96), poi più leggera e da corse a tappe. Se in termini sportivi il doping ha cancellato gran parte dei suoi successi e l’intera reputazione, in termini sociali rimangono l’esempio e l’impegno attivo nella lotta al cancro, attraverso la sua fondazione “Lance Armstrong Foundation” (il cui simbolo fu il noto braccialetto di gomma “Livestrong”). Anche se molti dubbi restano sullo schermo all’antidoping che sarebbe stato garantito proprio dai farmaci che assumeva contro la sua terribile malattia.