Un altro sport in cui i pronostici sono i più facili rispetto a tutti gli altri è quello dei Tuffi, con la Cina che tenta ancora di nuovo l’impresa, l’en-plein, che le è sfuggita più volte per un soffio. Da quando hanno cominciato a dominare, nel 1992, i cinesi hanno mancato di poco questo traguardo in ben cinque edizioni dei giochi: 3 ori su 4 nel 1992 e 1996 (quando c’erano solo gare individuali), 7 su 8 nel 2008, 2016 e 2020 dopo che erano stati inseriti i sincronizzati nel programma. La supremazia della Cina non è in discussione, ma la sfida col resto del mondo si annuncia comunque entusiasmante, soprattutto nelle gare maschili della piattaforma, individuale e sincro, le due gare in cui l’Australia nel 2008 e la Gran Bretagna nel 2020 riuscirono a strappare l’oro, e del trampolino sincro in cui ancora la Gran Bretagna nel 2016 vinse l’oro, impedendo così il “cappotto”. Lo spettacolo e le emozioni sono sempre assicurati nei tuffi.
LA STORIA
Eppure, nel medagliere totale dei Giochi, a guidare sono gli Stati Uniti che, sin dall’inserimento dei tuffi nel programma olimpico (Saint Louis 1904 gli uomini,, Stoccolma 1912 le donne), hanno monopolizzato i podi fino a metà anni Sessanta quando cominciarono a farsi avanti altre nazioni come Unione sovietica, Germania Est, Messico, ma soprattutto l’Italia, capostipite della nuova onda che ha reso i tuffi davvero universali, con i successivi arrivi di Canada e Gran Bretagna, e infine della superpotenza Cina. Gli Usa hanno 49 ori nel medagliere totale, la Cina, che ha cominciato a partecipare alle Olimpiadi nel 1984 (con una fugace apparizione nel 1952), quindi con ritardo di ben 18 edizioni maschili e 16 femminili rispetto agli Usa, è a quota 47, due sole vittorie in meno. In appena 10 Olimpiadi la Cina ha quasi pareggiato il rendimento di chi ne ha 28 come partecipazioni, tanto per capire cosa sia avvenuto dagli anni Ottanta in poi. Da considerare, inoltre, l’avvento dell’Unione sovietica-Russia con altri grandi campioni, l’avanzare di Canada, Messico e Gran Bretagna, ma la pietra miliare rimane la metà degli anni Sessanta, con l’Italia di Klaus Dibiasi.
LA SVOLTA
Nel 1964, a Tokyo, c’è lo squillo di tromba che annuncia il grande cambiamento. Certo, qualche successo a rompere l’egemonia statunitense si era verificato, come quello del messicano Capilla nella piattaforma nel 1956, o della tedesca dell’Est Kramer da 3 e 10 metri nel 1960, ma il significato tecnico restava immutato. Finché non compare un ragazzo italiano, Klaus Dibiasi, 17 anni, di Bolzano, che stupisce il mondo dei tuffi e sta per vincere l’oro nella piattaforma davanti allo statunitense Robert Webster, oro già a Roma, considerato imbattibile. Nelle qualifiche, Dibiasi è primo, davanti al sovietico Palagin, solo sesto Webster. In finale, poi, il gran pasticcio della giuria. Dibiasi continua a fare bene, Webster sbaglia clamorosamente un tuffo, con l’entrata in acqua quasi “squadrata”, che avrebbe meritato al massimo un “5”, ma i giudici gli assegnano voti sopra la sufficienza e danneggiano platealmente Dibiasi, che si deve accontentare dell’argento. L’oro rubato, però, non può impedire che la storia dei tuffi cambi definitivamente. Dibiasi, dopo l’argento nel 1964, vince tre ori consecutivi dalla piattaforma nel 1968, 1972 e 1976, oltre all’argento nel trampolino nel 1968. E accanto a lui, a ribadire che non è un caso isolato, ma il segno di una scuola italiana che anticipa il futuro, c’è Giorgio Cagnotto, bronzo nella piattaforma nel 1972, argento nel trampolino nel 1972 e 1976, bronzo nel trampolino nel 1980.
Il paradosso è che un campione come Dibiasi viene fuori da una città, Bolzano, in cui non ci sono strutture adeguate per i tuffi. Resta impressa nella mente una scena incredibile in una Domenica sportiva di fine anni Sessanta, sulla Rai, condotta da Enzo Tortora, con Dibiasi ospite e con un tappeto elastico in studio. Dibiasi fa un’esibizione saltando sul tappeto elastico e ripetendo i tuffi che fa in gara in piscina, con salti e avvitamenti che, in quelle condizioni, appaiono impossibili. Per poi spiegare che in inverno quello è il solo modo in cui può allenarsi!
Proprio da lì, anche se nessuno può ancora saperlo, nasce il dominio della Cina. Gli stessi tecnici cinesi dell’epoca ricordano che, quando dovettero prepararsi ad affrontare le gare dei tuffi, in vista delle loro prime Olimpiadi, non avendo grande esperienza in questo sport, cominciarono a girare il mondo per imparare dalle nazioni più evolute. E spiegano che la prima nazione a essere portata come esempio, e quindi a essere studiata, fu l’Italia. I cinesi, naturalmente, esplorarono anche le altre scuole, ma la base di partenza fu quella italiana, perché giudicarono le imprese di quei due italiani, senza una tradizione alle spalle, senza il sostegno di strutture adeguate, la vera rivoluzione del mondo dei tuffi. La Cina che domina questo sport nasce da lì.
I GRANDI CAMPIONI
L’elenco dei campioni, al contrario di quanto si potrebbe immaginare pensando alle innumerevoli medaglie cinesi, è molto variegato e annovera personaggi di rilievo, con una grande diversità di stili e di personalità. Molti di loro possono essere visti come “il più grande”, e non solo per i tanti successi, ma anche per il modo in cui hanno saputo trionfare, per cui sarebbe inutile stilare classifiche. L’importante è ricordare quelli che hanno rappresentato più di altri le varie epoche dei tuffi.
Fra gli uomini, a essere considerati pietre miliari, oltre a Klaus Dibiasi (3 ori e 2 argenti olimpici, 2 ori e 2 argenti mondiali), ci sono lo statunitense Greg Louganis (4 ori e un argento alle Olimpiadi, 5 ori ai Mondiali), il russo Dmitrij Sautin (2 ori, 2 argenti e 4 bronzi in cinque edizioni delle Olimpiadi, 5 ori, un argento e 3 bronzi ai Mondiali), il cinese Xiong Ni (3 ori un argento e un bronzo in quattro edizioni dei Giochi olimpici), con citazioni altrettanto doverose per il canadese Alexandre Despatie, il britannico Tom Daley, i cinesi Tian Liang, Qiu Bo, He Chong, Qin Kai, ma l’elenco sarebbe lunghissimo.
Fra le donne, c’è altrettanto imbarazzo delle scelte e delle citazioni, oltre che delle personalità di rilievo. Ma davanti a tutte c’è la figura della cinese Fu Mingxia, la più grande tuffatrice di tutti i tempi: oro a 12 anni ai Mondiali 1991, oro a 13 anni all’Olimpiade 1992. Dopo quei successi, la Federazione internazionale alzò l’età per partecipare, a 14 anni. Fu Mingxia ha vinto 4 ori e un argento alle Olimpiadi, 2 ori ai Mondiali, ma, soprattutto, lo ha fatto in fasi diverse della vita e della sua crescita fisica, cosa che nessun’altra è mai riuscita a realizzare. C’è chi vince da bambina ma non riesce a confermarsi quando cresce, come statura e muscolatura, c’è chi vince dopo aver già avuto uno sviluppo fisico. Fu Mingxia comincia da bambina, minuscola, cresce e continua a vincere e lo fa sia dal trampolino che dalla piattaforma. Si ritira, ormai donna, prende peso. Poi decide di riprendere per gioco, vince le Universiadi e i tecnici cinesi la portano ai Giochi del 2000. E lì, con un fisico completamente diverso da quello con cui aveva stupito il mondo a 12 anni, dopo una sosta di due anni, vince l’oro nel trampolino individuale e l’argento nel sincro. Un fenomeno.
E si resta in Cina per le altre più grandi campionesse, come Guo Jingjing (4 ori e 2 argenti olimpici, 10 ori e un argento mondiali) nel trampolino individuale e sincro, Wu Minxia (5 ori, un argento e un bronzo alle Olimpiadi, 8 ori, 5 argenti e un bronzo ai Mondiali) nel trampolino, unica a vincere l’oro in quattro edizioni dei Giochi, Shi Tingmao (4 ori olimpici, 8 ori e un argento mondiali nel trampolino). Per le altre menzioni d’onore bisogna andare in Russia con Julija Pachalina (un oro, 3 argenti e un bronzo alle Olimpiadi, 3 ori, 3 argenti, 3 bronzi ai Mondiali, nel trampolino).
Infine, per tornare all’Italia, anche se non ha un medagliere altrettanto ricco, merita di essere citata Tania Cagnotto per la qualità della sua tecnica e dei suoi podi, per essere stata un’alternativa allo strapotere cinese fino al punto da vincere un oro, nel trampolino da un metro ai Mondiali 2015 a Kazan, battendo una fuoriclasse come Shi Tingmao, diventando così la prima atleta in assoluto a superare una cinese campionessa mondiale uscente. Tania, doppiamente beffata da scandalose giurie all’Olimpiade 2012 di Londra, quarta nel trampolino individuale e quarta nel sincro con Francesca Dallapé per pochi centesimi, ha saputo prendersi le rivincite a Rio 2016, insieme alla stessa Dallapé, chiudendo la carriera con un argento e un bronzo alle Olimpiadi, un pro 3 argenti e 6 bronzi ai Mondiali.
LE GRANDI SFIDE
A Parigi, quindi, ci sarà un altro attacco del resto del mondo per vincere almeno un oro e negare alla Cina un “Grande slam” che invece è riuscito ai Mondiali, dove è ancora più difficile realizzarlo, visto che le gare sono arrivate a 13, con il trampolino da 1 metro (uomini e donne) e le competizioni “miste” (sincro da 3 e 10 metri, squadre). Infatti, i cinesi hanno vinto tutte e 13 le medaglie d’oro a Fukuoka 2023 e Budapest 2022, e tutti gli ori quando le gare erano 10, a Shanghai 2011. Alle Olimpiadi, invece, ancora no. Ecco l’elenco dei tentativi falliti:
1992: 3 ori su 4
1996: 3 su 4
2000: 5 su 8
2004: 6 su 8
2008: 7 su 8
2012: 6 su 8
2016: 7 su 8
2020: 7 su 8
Da dove arriveranno gli attacchi più pericolosi? In generale, l’elenco delle nazioni che lotteranno per il podio in tutte le gare (c’è sempre almeno un bronzo a disposizione dei non cinesi) non cambia: Gran Bretagna, Messico, Canada, Usa, Malesia, Germania, Francia, Ucraina. In particolare, le gare con possibilità di sorprese sono soltanto quelle maschili.
Nel trampolino, il cinese Wang Zongyuan, oro nelle ultime tre edizioni dei Mondiali, è il grande favorito, con l’altro cinese Xie Siyi alle sue spalle, ma se dovessero commettere il minimo errore c’è il messicano Osmar Olvera, argento ai Mondiali 2023 e bronzo a quelli 2024, pronto ad approfittarne.
Più delicata la situazione nella piattaforma 10 metri, gara che ha fatto piangere più volte i cinesi alle Olimpiadi e ai Mondiali. Restando ai Giochi, bruciano gli ori dell’australiano Matthew Mitcham a Pechino 2008 e dello statunitense David Boudia a Londra 2012, e ai Mondiali quelli del britannico Tom Daley a Roma 2009 e Budapest 2017 e dell’australiano Cassiel Rousseau a Fukuoka 2023. Proprio quest’ultimo sarà l’avversario più pericoloso per i cinesi Yang Hao e Cao Yuan, che hanno mostrato più di una volta limiti di carattere nei momenti in cui aumenta la pressione.
Nel sincro, a contrastare la coppia Wang Zongyuan/Long Daoyi, oro negli ultimi due Mondiali, ci sono i britannici Anthony Harding/Jack Laugher e i francesi Jules Bouyer/Alexis Jandard, in questo caso servirebbe un autoaffondamento della coppia cinese per sperare nell’oro. Più delicata la situazione nei 10 metri, proprio per i limiti caratteriali di Yang Hao/Lian Junjie. A Tokyo 2020 questo fu un gran rimpianto per i cinesi Cao Yuan/Chen Aisen, beffati dai britannici Tom Daley/Matthew Lee. A Parigi, Tom Daley si presenta con un nuovo compagno, Noah Williams, con cui è stato argento ai Mondiali 2024 a Doha, e la lotta si estenderà agli ucraini Kirill Boliukh/Mark Hrytsenko, molto pericolosi, argento ai Mondiali 2023 e bronzo a quelli 2024. Si annuncia una gara tesa e spettacolare.
Se fra gli uomini bisogna aspettare qualche errore o calo mentale dei cinesi per vedere un vincitore diverso, fra le donne l’unica possibilità di togliere l’oro alla Cina è quella di un clamoroso “suicidio sportivo”. Appaiono imbattibilo Chen Yiwen e Chang Yani nei 3 metri, e le ragazzine terribili Quan Hongchan e Chen Yuxi nei 10 metri, sia nell’individuale che nel sincro. Per le altre medaglie sono in lotta la canadese Margo Erlam e l’australiana Maddison Keeney nei 3m, la britannica di madre italiana Andrea Spendolini Sirieix (bronzo mondiale a Doha 2024), la messicana Gabriel Agundez Garcia e la canadese Caeli McKay nei 10m. Nel sincro, britanniche, australiane e statunitensi in cerca di medaglie nei 3m, ancora Spendolini in coppia con Lois Toulson (bronzo a Doha 2024) e le nordcoreane Kim Mi Rae/Jo Jin Mi (argento a Doha 2024) nei 10m.
In questo grande spettacolo, c’è spazio anche per l’Italia per tentare di fare bella figura, in particolare con Elena Bertocchi e Chiara Pellacani nei 3m, individuale e sincro. La squadra azzurra si completa con Sarah Jodoin Di Maria e Maia Biginelli nei 10m individuali; con Giovanni Tocci e Lorenzo Marsaglia nei 3m individuale e sincro, con Riccardo Giovannini e Andreas Sargent Larsen nei 10m individuali.
I tuffi, come sempre, preparano fortissime emozioni.