Non lasciamoci accecare dal salto nel medagliere dell’ultima giornata degli Europei di Berlino grazie all’oro e all’argento conquistati nella prova a squadre della maratona. Sono medaglie di poco valore, ottenute con squadre estemporanee in una specialità come la distanza più lunga dove ormai l’Europa, a parte pochissime eccezioni,rispetto al mondo si muove a livello poco più che amatoriale. La realtà è ancora dura e la realtà ha fatto perdere credibilità a mesi di annunci trionfalistici della comunicazione federale. E’ vero, abbiamo giovani di valore come hanno evidenziato le rassegne di categoria, ma siamo ancora lontani dal vertice continentale. Per troppe giornate nello stadio di Berlino siamo stati solo timidi comprimari nel più facile campionato a livello assoluto che possiamo affrontare. Solo pochi nostri rappresentanti hanno saputo distinguersi.
I PROMOSSI Complimenti a Yeman Crippa, bronzo nei 10.000 e quarto nei 5000, e a Yohannes Chiapparelli, bronzo nei 3000 siepi. Ambedue hanno mostrato coraggio e personalità in prove che vanno interpretate. E ambedue hanno davanti ampi margini di miglioramento. Se vestono la maglia azzurra lo dobbiamo alla generosità di due famiglie che hanno regalato loro un futuro che in Etiopia era negato e all’Italia due ragazzi su cui puntare. E bravo anche YassineRachik, terzo nella maratona maschile, ragazzo arrivato con i genitori dal Marocco. Antonella Palmisano la conoscevamo ed il suo bronzo nella 20 km di marcia era l’unica concreta speranza con cui siamo partiti per la capitale tedesca.
LE ATTESE Speranze erano invece state caricate alla vigilia sulle spalle di Filippo Tortu ed Elena Vallortigara. Il primo nella gara individuale con il quinto posto ha fatto in pieno il suo dovere, l’altista invece è rimasta schiacciata sotto tutta questa improvvisa responsabilità e non è neppure riuscita a qualificarsi per la finale. Altri ragazzi meritano un applauso per il coraggio, come la siepista Isabel Mattuzzi, l’ostacolista Luminosa Bogliolo, il decathleta Simone Cairoli, gli staffettisti Edoardo Scotti e Raphaela Lukudo, la discobola Osakue e Fausto Desalu nei 200. Ma la realtà ha detto che quasi la metà di uno squadrone di 91 elementi non ha superato il primo turno.
COSA NON VA La federazione ha detto che per molti questa trasferta sarebbe stata un’utile esperienza. Ma che valore ha un’eliminazione che dimostra che non sei ancora a questo livello? Dove sta la verità, non sappiamo in quale condizione di forma portiamo gli atleti ad un appuntamento come questo? Se si leva la Osakue, nei lanci non esistiamo, così come nei salti in orizzontale e nell’asta. Nell’alto sono stati soprattutto l’orgoglio e le qualità agonistiche a permettere a Tamberi e alla Trost di uscire dalla mediocrità. Nulla pure la velocità femminile dove sarebbe da capire in quali reali condizioni fosse LibaniaGrenot che ha buttato in un tombino la medaglia della 4×400 femminile.
IL NUOTO Per chi ama l’atletica è stato frustrante vedere per un’intera settimana la propria disciplina dopo il nuoto. Italiani protagonisti ogni giorno in vasca in tutti e quattro gli stili, nelle acque libere, nei tuffi e nel sincronizzato. Quella federazione ha operato un ricambio generazionale eccellente che ci hanno quasi fatto dimenticare l’assenza di Gabriele Detti, il mezzo servizio di Federica Pellegrini ed i problemi fisici di Gregorio Paltrinieri. Ha scoperto una Quadarella a livello mondiale ed un missile come Miressi, giovani d’oro come la Panziera, riscoperto veterani come Scozzoli. Nell’atletica non c’era il problema del ricambio visto che alle spalle c’era il nulla.
I MOTIVI Perché queste differenze? Partono da lontano, dal territorio, dalle società. Chiunque per andare in piscina paga e questo denaro permette ai club di remunerare i tecnici. In atletica solo sodalizi di un certo livello possono permettersi di dare ai loro allenatori almeno un rimborso spese. E poi il saccheggio degli sport di squadra. Chi ha mai visto un tecnico del nuoto diventare preparatore atletico di una squadra di calcio? Sul territorio invece una società di atletica impiega anni a formare un allenatore e poi se lo vede sottrarre dal volley, il basket ed il calcio, sport che, anche a livelli infimi, si possono permettere di dare qualche soldino a chi lavora.
IL FUTURO Il futuro dunque per l’atletica azzurra non è affatto facile, c’è un’intera organizzazione da ristrutturare. La speranza è in alcuni giovani hanno dimostrato qualità, qualità che ora vanno protette, seguite e plasmate. Non sono molti, ma di talento. A dimensionare ulteriormente le nostre prestazioni a Berlino è stato il livello generale degli Europei, non altissimo in molte prove. Pure nel Vecchio Continente è in atto un cambio generazionale. A guidarlo è l’incredibile diciottenne svedese Duplatis, 6.05 nell’asta nella gara di maggior livello tecnico di tutti gli Europei. Con lui il 17enne norvegese Jacob Ingebrigtsen, oro su 1500 e 5000. Di livello mondiale pure l’altro norvegese KarstenWalholm che con il suo 47”65 nei 400 hs spaventa gli americani. Nella velocità sono emersi il britannico Zhanel Hughes re dei 100 con 9”95 ed il mercenario turco Guliyev, 19”76 sulla doppia distanza. Ma la vera regina è stata la britannica Dina Asher Smith: 10”85 e 21”89 sui 200, una staffetta 4×100 vinta da sola; americane e caraibiche sono avvisate. Tutta gente da cui, talento a parte, dobbiamo solo imparare.
Pierangelo Molinaro