E’ il momento di Shelby Rogers: negli ultimi tre tornei la 28enne statunitense, 44 della classifica, ha eliminato la numero 1 del mondo, Barty, l’ex Andreescu, regina degli US Open 2019, e Fernandez, fresca finalista degli US Open ad appena 19 anni, ed ha raggiunto i quarti Indian Wells in coppia con Jessica Pegula, una circostanza che mancava agli USA nel deserto della California addirittura dal tris Chanda Rubin-Lindsay Davenport-Jennifer Capriati del 2003.
E’ il momento di volare sulle nuvole di una forma talmente scintillante da far saltellare giuliva per il campo come un grillo la ragazza che si diverte a collezionare scalpi importanti, da Simona Halep agli Australian Open 2017 a Serena Williams a Lexington 2020.
Allegra sì, ma anche molto profonda nei suoi ragionamenti: “La fiducia è una cosa divertente, che va e viene, per quanto mi riguarda è anche questione di come la guardi, in qualche modo puoi sempre vederla sempre lì, devi solo tirarla fuori in certi momenti. Perciò mi sembra una cosa complicata e anche sopravvalutata. Bisogna vivere la situazione e non preoccuparsi se hai fiducia o no di tirare un colpo oppure no. Piuttosto devi dirti: ‘Ho bisogno di tirarlo, è quello giusto?’, e metterlo giù”.
Shelby non è una qualsiasi, ha studiato, ad agosto ha ottenuto un “bachelor” di scienze della psicologia alla Indiana University East, pensa, analizza, confronta, elabora: “Guarda come sono continui i top player, settimana dopo settimana, sanno sempre quello che devono fare nella preparazione e quello che gli occorre nel loro gioco”.
“Penso che in fondo la fiducia sia soprattutto una questione di esperienza, mentre tanti mettono tanta enfasi in questa parola – dice -. In realtà puoi vincere tante partite senza averla, se sai bluffare bene, se hai un bel body language, se fai le cose giuste e vinci punti gisti al momento giusto. Penso anche che se la parola fiducia ti entra troppo nella testa e non penso che debba avere questo potere di influenzarti in un modo o nell’altro. Almeno questo è quello che mi ripeto dentro di me”.
Shelby si è fermata mesi a riflettere prima di ripartire dopo l’operazione al ginocchio del 2018. Poi ha deciso che non poteva fermarsi: “Essere una tennista professionista era il mio sogno da ragazza e voglio solo che gli altri sappiano che è un sogno che vale la pena avere. Voglio che tu pratichi questo sport, ti innamori del tennis e non ti preoccupare che sia tossico o miserabile. Sono così grato per quello che il tennis mi ha dato…”.
E’ una persona positiva che si regala perle di ottimismo anche sui social: “Dai a ogni giorno la possibilità di essere il miglior giorno della tua vita”. Applaude i trionfi dei colleghi disabili e il docufilm Netflix di Mardy Fish.
Lotta col sorriso sulle labbra: “Non scambierei gli alti e i bassi per niente. Posso accettare i miei giorni brutti, imparare da loro e spingermi a essere migliore perché so che il mio valore come persona non cambia con vittorie e sconfitte”.
Shelby lotta da tempo contro gli sgambetti on line: “Cerco sempre di rispondere sinceramente alla stampa. La quantità di supporto positivo che ottengo oscura enormemente l’abuso online, ma è importante essere consapevoli che esiste in modo che possiamo prepararci e affrontarlo. Non scapperò mai dalla negatività: è la realtà dei social media/gioco d’azzardo/sport, ma forse possiamo smascherarla e insegnarci a vicenda come batterla”.
E questo dopo il colpaccio su Barty agli Us Open, dopo aver denunciato ai media di tuto il mondo: “Adesso mi attendo 9 milioni di minacce di morte. Probabilmente se andate in questo momento sul mio profilo sono un ‘grasso maiale’ e parole che non posso ripetere. E’ quello che è. Cerchi di non prenderlo a cuore, è il lato sfortunato di qualsiasi sport. I social media non possono controllare quello che sto facendo e il modo in cui andrà avanti il mio allenamento, ma vorrei che non esistessero. È davvero dura conviverci”.
A Indian Wells la solare ragazza della Sud Carolina sta vincendo nettamente la sua doppia battaglia. Schiacciando col potente servizio tanti problemi: in 44 partite ha messo giù 145 ace, col 62.7% di prime in campo, 65.5% di punti con la prima, 50.5% con la seconda, 59.9% di punti complessivi, 55.4% di salvataggi sulle palle break e il 70.5% di game di servizio vinti. Anche se questi numeri da “top ten” sono un po’ guastati dai 111 doppi falli.
Vincenzo Martucci (Testoe foto tratto da supertennis.tv)