Il risultato in discesa delle azzurre a Bad Kleinkirchheim con Goggia, Brignone e Fanchini accende il cuore in vista dei Giochi. Ma a PyeongChang non sarà facile
La discesa femminile di Bad Kleinkirchheim, in Carinzia (Aut), ci fa sognare. Non era mai successo in questa specialità, ci sono solo due precedenti fra le donne in gigante, ventun anno fa con Compagnoni, Panzanini e Kostner a Narvik, in Norvegia, e lo scorso marzo con Brignone, Bassino e Goggia nelle finali della Coppa del Mondo ad Aspen, negli Stati Uniti. In discesa era invece già riuscita ai maschietti nel 1988 a Leukerbad, in Svizzera con Mair, Piantanida e Perathoner, ma arrivò grazie ad un miracolo dei nostri skiman, che, dopo un’abbondante nevicata, seppero mettere ai piedi dei nostri atleti veri e propri missili, decisamente più veloci della concorrenza.
Il risultato invece di Bad Kleinkirchheim ha invece un altissimo significato tecnico. La pista dedicata al mitico Franz Klammer, re della discesa negli anni Settanta, è infatti difficilissima, buia, pendente, ricca di dossi. Per primeggiare è necessaria una grandissima solidità tecnica, capacità di conduzione in curva e tanto, tanto coraggio. Conta invece pochissimo la capacità di scorrimento, perché gli sci sono piatti sulla neve solo per pochi secondi in partenza, le lamine “mordono” continuamente il fondo. Il coraggio ed il talento risiedono nella capacità di modulare questa presa per frenare il meno possibile.
L’importanza del trionfo azzurro sta in diversi fattori. Certo, eravamo su quella neve ghiacciata che tanto amiamo, ma tante volte sulle piste buie abbiamo tirato i remi in barca, le nostre ragazze non erano riuscite a sciare sciolte come richiede anche un fondo sconnesso come quello austriaco, dove gli sci stavano più in aria che sulla neve. Oltre alla qualità tecnica che già si conosce, questo atteggiamento significa leggerezza mentale, fondamentale in questa disciplina e ancor più importante alla vigilia di un appuntamento come l’Olimpiade. Altre campionesse, come la Vonn, hanno pensato ai Giochi ed alle gambe e non hanno preso rischi. Ma a stupire davvero sono i distacchi. In una discesa accorciata, la Goggia con 1’04”00 ha inflitto 1”10 alla Brignone, 1”45 alla Fanchini e addirittura 1”59 alla prima delle straniere, la francese Gauthier. Su una discesa di lunghezza normale la differenza sarebbe stata oltre i 2 secondi!, Un’enormità.
Goggia e Brignone hanno sciato, come loro stile, in modo completamente differente. Sofia ha messo il cuore in ogni metro. Disordinata, a volte non bella da vedere, ma sempre capace di fare correre i suoi sci. Il suo coraggio è disumano, sembra sempre sul filo del rasoio, ma quando non commette errori grossolani è sempre davanti. Federica invece è lo stile, l’armonia. Come nel vittorioso superG del giorno prima, è stata l’unica a condurre i suoi sci dal primo all’ultimo metro, senza farli mai derapare. Non ha la capacità di far correre gli sci come la compagna, ma supplisce con la maggior sensibilità.
Di grandissima importanza è il terzo posto di Nadia Fanchini. Oberata dal peso del dramma della sorella maggiore Elena che sta lottando con un tumore, ha mostrato, dopo il quinto posto nel superG, di essere in grande crescita di condizione. Nella sua carriera è stata talmente massacrata dagli infortuni che ancora non può gareggiare in gigante perché il suo omero destro, fratturato lo scorso anno, non sopporterebbe l’impatto con i pali visto che non è ancora perfettamente saldato, ma ha due piedi d’oro, degni della Brignone e in Corea del Sud potrebbe diventare la nostra carta a sorpresa. E conforta, oltre a questa dittatura del podio, il decimo posto di Marta Bassino, in una specialità dove gioca ancora in “trasferta”.
All’Olimpiade sarà un’altra musica, le piste coreane non sono difficili come quella di Bad Kleinkirchheim, la neve non sempre è ghiacciata, ma il pieno di fiducia di questo risultato e le certezze tecniche sono il miglior carburante per intraprendere il viaggio dei sogni.
Pierangelo Molinaro