Stavolta parlo di me. Per la precisione di un podcast che è fruibile da oggi, prodotto da Piano P, nel quale ho voluto raccontare la storia della Nba al contrario, non per quello che è accaduto negli Stati Uniti ma per ciò che è successo in Italia guardano da migliaia di chilometri di distanza il campionato di basket più bello del mondo.
Per farlo, prima, ho dovuto scoprire o riscoprire molte cose. Ad esempio, tutti ma proprio tutti, comprese le persone più preparate sul basket americano e popolari per questo, ritengono che la prima partita tra una squadra italiana e una dei professioni Usa si sia giocata nel 1984 e, anche qui, quelli che se la ricordano (ma devono avere almeno 40 anni, forse un qualcosina di più) pensano si sia disputata a Milano. Fu a Treviso, ma non è questo il problema: in realtà bisogna tornare al 1956 quando il Borletti affrontò al Palaghiaccio di Milano i campioni Nba della stagione precedente, i Syracuse Nationals, che oggi sono i Philadelphia 76ers. Una sfida epocale completamente dimenticata anche dai libri. Così come è stata quasi cancellata la prima e unica sfida, fino all’Olimpade di Sydney del Duemila, della Nazionale italiana contro una selezione ufficiale della Nba, con tanto di commissioner al seguito, avvenuta ben 35 anni prima, nel 1965. Ma oltre a queste bandierine, che da appassionato mi piace puntare sulla mappa della storia della pallacanestro perché non si continui a dimenticare una grande epopea del nostro sport, scrivendo questo podcast mi sono reso conto di due, tre cose forse banali ma significative.
La prima è che l’unico motivo per essere contenti di diventare vecchi è che hai vissuto tanto, hai incontrato molte persone interessanti, sei stato testimone di centinaia di cose mitiche o semplicemente curiose che, alla fine, sembri l’unico in grado di ricordare. Così, come braccio destro di Aldo Giordani, lo storico telecronista della Rai dalla prima partita trasmessa nel 1954 alla fine degli Anni Ottanta, non solo anch’io ho potuto partecipare alla storia italiana della Nba ma ho visto nascere professionalmente personaggi oggi molto conosciuti come Federico Buffa, che mi consegnò brevi manu il primo articolo che avesse mai scritto, Guido Bagatta, che ha raccolto folle e milioni di lire a vent’anni con la sua tournée in cui portò per la prima volta nei cinema di tutta Italia i filmati di basket Nba, Flavio Tranquillo, oggi il numero uno indiscusso nel suo campo, ai tempi istruttore e interprete nei mitici Nba Camp di Salsomaggiore. I loro racconti non potevano mancare.
Un’altra è che oggi che, seduti comodamente in poltrona o addirittura con uno smartphone, è possibile guardare tutte le partite Nba in diretta, mentre in tempo reale su Internet sappiamo praticamente tutto dei pro americani, si è perso un contatto diretto leggendario e meraviglioso coi giocatori Nba. Paradossalmente, i padri sono stati più fortunati dei figli che, magari, sanno vita, morte e miracoli di tutti i giocatori dei Sacramento Kings. In Italia, negli anni, sono venuti a esibirsi in partite vere (non a partecipare a eventi pubblicitari rispondendo svogliatamente a qualche domanda) giocatori mitici. Non solo Michael Jordan, due volte, e Julius Erving ma, negli anni Sessanta, Nate Thurmond, il primo ad aver realizzato una “quadrupla doppia”, dieci anni dopo Elvin Hayes e poi Moses Malone e un giovane e ancora sconosciuto Larry Bird, capace di fare polpette della nazionale italiana e jugoslava. Sono decine i grandi giocatori che hanno calcato i nostri parquet, sono mille le storie da raccontare a partire da quella di Kareem Abdul Jabbar che, ancora Lew Alcindor, passò un mese d’estate a Milano, giocando ma andando anche in vacanza in montagna con gli amici della seconda squadra milanese di allora, la All’Onestà.
Ultimo, riguardando i nomi di coloro che ho intervistato per raccontare questa storia, oltre a tanti amici, ho costruito una vera Hall of Fame di personaggi straordinari: Sandro Gamba, Valerio Bianchini, Dino Meneghin, Toto Bulgheroni, Dan Peterson, l’uomo che fatto letteralmente esplodere la passione per la Nba in Italia anche se, ai suoi tempi, le partite ci mettevano anche tre settimane dalla disputa alla trasmissione nel nostro Paese. Non credo che sia un caso che il meglio che la nostra pallacanestro ha offerto negli ultimi 50 anni abbia svolto un ruolo fondamentale nella conoscenza e l’affermazione del basket Nba. Ma pochi ormai lo ricordano o, troppo giovani, lo sanno. Ecco perché è nata l’idea del mio podcast, per ringraziare chi ci ha regalato il mondo di oggi: si chiama Basket Classico, lo puoi trovare su Apple Podcast, sulla piattaforma Spreaker, sulle principali app (Pocket Casts, Radio Public, Overcast) o semplicemente sulla pagina Facebook e Twitter di Piano P. Andateci e se vi piace, fatemelo sapere. Ci sono mille altre storie meravigliose di basket che aspettano solo di essere ricordate e raccontate.