Caro, vecchio, folle, Ilie Nastase. Appena una settimana dopo che gli è stata ritirata l’auto perché guidava senza patente e si è rifiutato di sottoporsi al test etilico, il primo numero 1 della classifica mondiale dei tennisti stilata dal computer, datata 1973, ha annunciato la candidatura al Parlamento Europeo in rappresentanza del partito di centrodestra della sua Romania, UNPR, che, nelle proiezioni, non vincerà alcun seggio in Parlamento.
Questa notizia fotografa perfettamente i controsensi di uno dei più indimenticabili campioni della racchetta. Sicuramente il più controverso. Un genio e insieme un guitto, un fenomeno atletico e di tecnica naturale e insieme un provocatore. “Zingaro”, “Nasty” come lo hanno chiamato sui campi di tutto il mondo negli anni ’70-’80, quando ha vinto 58 titoli di singolare (con 2 Slam e 4 Masters) e 45 di doppio (4 Slam).
Fuori dal tennis, è stato General Maggiore dell’esercito romeno. Ma tutti gli altri tentativi di guadagnarsi i galloni sono naufragati miseramente. Anche se ha cercato più volte la via della politica, dov’è entrato nel 1990, ottenendo una bocciatura alla corsa a sindaco di Bucarest nel 1996. Colpa dei rivali che tirarono fuori i suoi poveri attestati scolastici, una collaborazione con la Securitate, la terribile polizia segreta di Ceausescu e la sua bella vita quando il popolo soffriva la fame. Nel 2012 è stato eletto in Senato, nel Partito conservatore, poi defunto, passando nel 2015 a quello dell’Unione nazionale per il progresso della Romania.
Ma nel tennis, è stato un dio. È stato anche il primo a firmare un contratto con una grande ditta di abbigliamento sportivo e uno dei primi ad avere un manager vero, anche se era la spalla di doppio Ion Tiriac. Ma certo soffre tuttora per non aver coronato alcuna delle tre magiche finali di coppa Davis con la sua piccola Romania e di aver mancato Wimbledon, in due drammatiche finali, e una terza volta, nel 1973, quando era favorito, ma forse non volle vincere: costretto a partecipare al torneo del boicottaggio pro-Pilic dal governo Ceausescu, che gli aveva concesso una irreale libertà di viaggiare per quell’epoca, perse stranamente negli ottavi con Sandy Mayer.
Nel tennis, era un angelo della racchetta: pennellava, giocava di fioretto, inventava colpi, superava l’avversario con lob beffardi, si buttava a rete in controtempo, sorprendeva sempre. Ma era anche un diavolo: non ha vinto quanto avrebbe potuto perché forse perdeva di vista l’obiettivo, si distraeva, diventava schiavo del personaggio e pagava il suo grande amore per la vita. Cioè, delle donne, spesso bellissime, quattro le ha sposate, secondo il biografo ne ha avute 2500, cifra che lui taglia a 8-900.
E così le sue intemperanze, le sue sceneggiate, le sue squalifiche, sono diventate il caposaldo del codice di condotta Atp. Provocava gli avversari, spesso statunitensi, come Stan Smith, che si vendicò battendo in cinque set sotto il traguardo dei Championships del ’72, come Cliff Richey cui faceva il verso del gorilla dandogli dell’animale, come Clarke Graebner che saltò il net e lo prese per il collo, come il mitico Arthur Ashe, che chiamava “Negroni” anche se poi difendeva fuori dal campo e nelle battaglie sociali. Anche se forse il peggio lo offrì contro il tedesco Hans Pohmann che inseguì negli spogliatoi dandogli del nazista, accusandolo di aver finto di avere i crampi.
Contestava gli arbitri, li irrideva li costringeva a chiamarlo “Signor Nastase “, tirando sempre il pubblico dalla sua parte. Un po’ scherzava un po’ no. Di certo, è entrato nella storia anche per aver costretto il giudice arbitro a destituire il giudice di sedia che l’aveva espulso e a far riprendere con un altro giudice, contro John McEnroe, agli Us Open 1979. Esagerava in campo, ha continuato ad esagerare fuori.
Da capitano di Fed Cup è stato espulso due volte dal confronto, sempre contro la Gran Bretagna, nel 1994, e nel 2017, quando chiese più volte il numero di camera alla collega Anne Koethavong e ingiuriò Jo Konta, spingendola alle lacrime. Perciò è stato squalificato fino al 2021. E, pur da autorevole membro della “Hall of fame” gli è stato anche negato per un anno l’accesso al Roland Garros e a Wimbledon per aver scherzato: “Vedremo che colore avrà il figlio di Serena. Cioccolato e latte?». Fu accusato di razzismo, in realtà, poco prima, aveva insinuato una qualche frequentazione doping della minore delle sorellone Williams.
“Odi et amo”. Ricorderemo per sempre il ragazzaccio Nastase per i baci che dispensava dopo qualche corsa in campo alle donne di tutte le età, sempre carine, che sedevano nella prima fila del Foro Italico nei suoi anni belli. E per quell’“Ambulance, Ambulance” che gridò all’amico Bjorn Borg quando l’Orso si ripresentò nel 1992 a Montecarlo, armato della vecchia racchetta battipanni di legno, con le dita incerottate, la famosa passata e il guru. E poi il sorriso, quel sorriso da conquistatore impenitente. Come si diceva allora.