Grandi levate di scudi, come è giusto che sia, si sono levate per la prossima esibizione annunciata da Mike Tyson che, poco dopo il compimento dei 58 anni, il prossimo 20 luglio affronterà nell’AT&T Arena di Arlington, in Texas (casa dei Dallas Cowboys della Nfl) il più celebre pugile-youtuber del momento, Jake Paul. Sostanzialmente nulla da eccepire sulle critiche, visto che alla soglia dei 60 anni uno sportivo —soprattutto un pugile, per i rischi che incorre sul ring — dovrebbe tenersi ben lontano dagli impegni agonistici che possono mettere a rischio la sua salute fisica.
Nel caso di Tyson perfino Repubblica si scomoda a sottolineare una certa indulgenza ricevuta da un pugile condannato per stupro rispetto ad altri colleghi del mondo dello spettacolo accusati di molestie in tempi di “politically correct”. Ma questo nulla ha a che fare con il ritorno sul ring perché “the baddest man on the planet” – che in passato era stato al centro delle polemiche femministe fino al punto di essere bandito dal Regno Unito e da altri stati che applicavano con lo stesso rigore le leggi contro i reati sessuali –, dopo il ring è rimasto impegnato nello showbusiness a vari livelli, soprattutto nel mondo del cinema.
Poco più di un mese fa proprio su Sport Senators avevo raccontato la sua visita a Torino nei Tuscany Film Studios per girare alcune scene virtuali di Bunny-Man per il produttore italiano Andrea Iervolino, che ha intenzione di affidargli il ruolo da protagonista in una prossima pellicola girata da un regista premio Oscar. Insomma, dopo il clamoroso successo del cameo in Notte da Leoni, quello che fu il più giovane campione dei massimi continua ad attraversare indisturbato gli schermi e l’etere come se il suo passato giudiziario fosse morto e sepolto. I cosiddetti benpensanti se ne saranno dimenticati? Non credo, visto che il nome Tyson fuori dal ring è associato in automatico alle violenze, sessuali e non.
Al cinema sì e sul ring no? Non è questo il punto. Il punto è che la boxe, in questo momento di crisi, continua ad offrire spettacoli ben più scellerati di quello che potrà offrire la nuova esibizione di Tyson, organizzata da Netflix e Most Valuable Promotion (MVP) ovviamente per far cassetta. Cerchiamo di inquadrare velocemente la questione.
LA BOXE IN TV COSTA
Quella degli youtuber sul ring è l’ultima deriva del degrado della boxe. Sappiate che anche in Italia da qualche tempo guardare su Dazn una riunione di alto livello (organizzata principalmente negli Usa, in Arabia o a Dubai), oltre all’abbonamento alla piattaforma dedicata principalmente al calcio, costa quasi 20 euro alla volta. E’ la cosiddetta pay-per-view, che è da sempre l’unico modo possibile per fruire la boxe in tv in America, e in Italia per la boxe si sta estendendo anche ad altre piattaforme (Sky e Fit-Tv per esempio) con prezzi anche più alti. Si dice che, siccome gli utenti televisivi in Italia non giustificano gli investimenti, tanto vale spennare quelli che ci sono (e io sono fra questi).
I RING SONO POPOLATI DA YOUTUBER
L’effetto collaterale di questo sistema perverso è la comparsa sul ring di plotoni di youtuber, più o meno famosi, che hanno trovato spazio anche in Italia. Come negare un po’ di spazio a un personaggio che con la boxe non c’entra niente ma è disposto a fare a pugni sul ring pur di accrescere la sua platea social (e conseguentemente quella della boxe)? L’operazione nata in sordina ha dato risultati clamorosi in termini di audience e oggi non c’è riunione di peso che non abbia nel sottoclou almeno uno youtuber.
I FRATELLI PAUL
Logan Paul, fratello di quel Jake che sfiderà Tyson, è stato uno dei primi ad aprire questa tendenza combattendo (sempre in esibizione) contro il “re Mida” Floyd Mayweather nel 2021. Jake Paul, quello di Tyson, è in effetti il migliore della categoria e può considerarsi quasi un pugile con un record di 9 vittorie (6 per ko) e una sola sconfitta. Il 2 marzo scorso è stato protagonista di un episodio che racconta bene la situazione della boxe attuale. Paul ha infatti battuto per ko al 1° round il forte americano Ryan Bourland (17 vittorie e 2 sconfitte prima del match), nella riunione di San Juan di Portorico incentrata sul mondiale dei piuma dell’idolo locale Amanda Serrano contro la tedesca Nina Meinke. Palazzetto esaurito, tutti ad aspettare il clou (anche noi poveri telespettatori su Dazn) finchè al momento del clou proprio Jake Paul si è presentato con la “Boxing Queen” a cui era stata negata in extremis l’idoneità medica per combattere a causa dell’infiammazione della cornea causata da uno shampoo usato presumibilmente nello spogliatoio. Incidente assurdo, ma significativo che proprio Jake Paul si sia trasformato in una specie di disc-jockey del ring e abbia promesso agli spettatori il rimborso totale del biglietto.
LE ESIBIZIONI DI TYSON
Stabilito che il ring non è più una cosa seria, si può anche accettare che Tyson per una borsa di un miliardo di dollari (avete capito bene!) si esibisca contro uno youtuber in una esibizione che non va letta come un incontro di boxe. Personalmente nel 2020 mi ero anche divertito a vedere la precedente esibizione di Iron Mike contro l’ex gloria Roy Jones jr e il verdetto di parità aveva confermato che la “sfida fra leggende” era stata tutto sommato equilibrata. Certo fa sorridere che l’uomo che oggi si definisce un Goat (the Greatest of All Time) alla stregua di Muhammad Ali (che però giocava sull’assonanza con goat-capra) sia ridotto a esaltare le doti pugilistiche dello youtuber di turno (“Jake Paul è molto cresciuto come pugile nel corso degli anni”) per promuovere il suo incontro ma va riconosciuto che, per come era messo anche di testa, l’ex campione si è mantenuto estremamente lucido ed è in condizioni fisiche straordinarie (guardare per credere i suoi recenti allenamenti in palestra su YouTube) per giustificare questo ennesimo ritorno sul ring.
Basta chiarirsi che non parliamo di boxe ma di uno show come ce ne sono tanti sulle piattaforme a pagamento. E voi cosa fareste per un miliardo di dollari?