Donna, medico, manager, Alessandra Marzari racconta una storia unica nello sport al tempo del corona virus di casa nostra. Il 28 marzo la numero 1 del Consorzio Vero Volley Monza di A1, Serena Ortolani, star di 4 scudetti e 3 Champions League e moglie del ct della nazionale, Davide Mazzanti, dopo essersi rifiutata di continuare gli allenamenti, ha rescisso clamorosamente il contratto. Puntando i riflettori dell’indignazione web sulla energica presidentessa. Che poi si è adeguata al decreto ministeriale, sospendendo qualsiasi attività della squadra.
Signora Marzari, come vive un medico il Covid 19?
“Io avuto la fortuna di lavorare in un ospedale dalla straordinaria gestione manageriale come il Niguarda di Milano che si è mosso per tempo, verificando subito i problemi di Lodi, ed approntando tutte le misure per far fronte all’emergenza che poi c’è stata anche da noi. Senza però metterci in ginocchio come altri ospedali come Bergamo e Brescia. Sono convinta che se la situazione fosse stata affrontata drasticamente, da subito, impedendo ai cinesi di sbarcare in Europa il contagio sarebbe stato enormemente circoscritto. E vedremmo un soluzione che invece è ancora lontana”.
Come fa un medico a decidere di non sospendere gli allenamenti?
“Proprio perché sono un medico, ho saputo da subito che cosa si poteva fare e non fare, se qualcuno pensava che potessi aumentare il rischio del contagio è davvero fuoristrada. Siamo molto attenti alla sicurezza dei nostri atleti, che da tempo vivono isolati e percorrono solo i 400 metri fra casa e Candy Arena. Sanifichiamo il palazzetto almeno due volte al giorno, che è pulito ed a norma in tutto e per tutto. Ho quindi fornito alla squadra maschile e alla femminile un prontuario con le regole da seguire nella vita di tutti i giorni, a cominciare dal supermercato, per finire agli allenamenti. Il rischio non c’era, e per tre settimane si sono allenati solo i giocatori di Monza. Ho seguito passo passo tutte le procedure, abbiamo pulito più e più volte i palloni, agli allenamenti era sempre presente il medico della società, tutti sapevano che dovevano segnalare immediatamente qualsiasi alterazione, qualsiasi problema, e comunque veniva controllata continuamente la temperatura sia agli atleti che allo staff che agli addetti alle pulizie, e abbiamo monitoriato continuamente la situazione. Le disposizioni erano precise e, al momento, non hanno mostrato falle: non abbiamo avuto alcun malato”.
Però la Ortolani è scappata e non le ha fatto una bella pubblicità.
“Scappare a casa è stata una sua scelta, legittima, ma decisa sul momento, che a me è parsa irrazionale. Le ho offerto qualche giorno libero per stare in famiglia, in Emilia, e riflettere ma lei mi ha assicurato che non era un problema di tempo. Era spaventata, non se la sentiva più. Quindi, mi sono tutelata e, così come per l’americana Plummer, abbiamo rescisso il contratto. Del resto il decreto ministeriale del 9 marzo e la successiva ordinanza 514 della Regione Lombardia permettevano agli atleti di interesse nazionale di allenarsi , quindi non eravamo fuorilegge. E io in particolare, proprio perché medico, mai avrei messo a rischio la salute dei miei ragazzi. Se uno di loro fosse stato mio figlio l’avrei fatto allenare ugualmente, proprio perché ero sicura delle condizioni di assoluta sicurezza”.
Che succede adesso della pallavolo italiana? I campionati si sono conclusi d’ufficio, gli scudetti non sono assegnati.
“Sembrava ci fosse un piccolo spiraglio per giocare a maggio. La cosa curiosa è che, nella femminile, proprio le tre città più colpite dal virus, Milano, Bergamo e Brescia, sarebbero state fra quelle disponibili a disputare i playoff. La Lega era già divisa fra troppi interessi di parte, c’era stata persino una società che, per stabilire quali squadre dovessero partecipare alle coppe del prossim’anno se non avessimo più giocato partite, aveva proposto, dopo le 19 partite giocate quest’anno, di tener valida la classifica dell’anno scorso… Poi c’è stata questa decisione della FIPAV di chiudere i campionati, senza assegnare gli scudetti, le promozione e le retrocessioni, senza consultare la Lega, senza ascoltare in nessuna maniera le società che sono la base e l’essenza stessa delle squadre, delle partite, del gioco. Questo ha causato le dimissioni dei due presidenti, e forse ci ha ricompattati. Vedremo”.
La presidentessa di Monza darà battaglia.
“Il forzato stop già ci suggeriva che questo fosse un momento fondamentale per discutere approfonditamente su tante problematiche, a cominciare dallo status degli atleti che dovrebbero essere equiparati a veri e propri lavoratori, come in realtà sono. Già prima ero convinta che da questa drammatica situazione avremmo potuto rilanciarci in positivo, proprio come sport, come movimento, davanti ai cambiamenti cui andremo necessariamente incontro alla ripresa: ci saranno meno squadre, ci saranno decurtazioni agli stipendi degli atleti – stiamo trattando le riduzioni del 20% direi io, altre società propongono il 40% che a me sembra troppo -, ci saranno meno o anche zero incassi dalla biglietteria, ci saranno i presidenti che dovranno mettere più soldi di tasca propria, ci sarà un diverso rapporto con la tv, magari migliore, magari meno sbilanciato rispetto al calcio. Perciò, ancor più adesso, alla luce della decisione unilaterale della FIPAV, sentiamo fortissimo il bisogno di dirigenti che abbiano una visione, e coraggio e quindi di due leghe che camminino nella stessa direzione, senza giochi dietro le quinte, con un forte senso di aggregazione. Fra noi società cresce sempre più forte e si propaga sempre più il desiderio e la necessità di un campionato non federale. Gestito direttamente dalle leghe. Vedremo”.
Donna, medico, manager: Alessandra Marzari è una e trina.
“Una cosa mi ha veramente colpita: questo proclama di assegnare lo scudetto ai medici. Da medico mi sento di dire: “Basta retorica, doniamo delle mascherine, delle tute, del tempo, qualcosa di vero, invece di queste vuote parole”.
Tratto da primaonline.it