dal nostro inviato a Roma
Correva l’anno 1996 quando Pete Sampras perse l’unica sua semifinale al Roland Garros, sovrastato dalla solidità di Yevgeny Kafelnikov, in tre set e con tanto di 6-0 nel secondo parziale. Non poteva andare oltre Pete, con quel tormentato rapporto con la terra rossa, superficie che l’ex n.1 del mondo amava quanto Marcelo Rios amava l’erba (“Quella va bene per le mucche!”, diceva il cileno quando si avvicinava Wimbledon). Un’incompatibilità tecnica che gli ha precluso la possibilità di rincorrere il Grande Slam nei suoi anni migliori e di chiudere il Career Grand Slam (come invece ha fatto Andre Agassi, campione al Roland Garros nel 1999), ma non abbastanza da farne una malattia. Anzi, quasi una liberazione lasciarla, perché in America nessuno ha mai veramente amato la terra battuta.
Al punto che fino a oggi nessun americano aveva raggiunto i quarti di finale nei tre 1000 che precedono il Roland Garros. Un muro abbattuto oggi da Taylor Fritz, con la rocambolesca vittoria su Grigor Dimitrov in tre set per 6-2 6-7(11) 6-1. Classe 1997, americano come il chewing gum, irriducibile goloso del cibo spazzatura – cui riesce ancora a dedicare un po’ di spazio – ricco, predestinato e ora protagonista di una stagione iniziata male ma diventata oggi molto più che positiva sul rosso, dopo la semifinale di Madrid e l’ottimo torneo qui a Roma, oltre a quarti 2022 e semifinali 2023 raggiunti a Monte Carlo.
Uno di quei tipi predestinati, dalla famiglia ricchissima e per giunta figlio d’arte: mamma ex n.10 al mondo, due volte ai quarti di finale al Roland Garros (la mela non casca mai lontano dall’albero…) e una agli US Open, papà Henry ex n.301 e poi allenatore. Uno di quei personaggi che vedi scheggiare per le strade della California e per le spiagge della natìa San Diego, capello lungo e sorriso piacione, ma abbastanza ligio alla disciplina da raggiungere il n.5 del mondo (nel febbraio 2023) e il titolo nel 1000 di casa, a Indian Wells due anni fa. Per poi centrare i quarti a Wimbledon nello stesso anno e farsi lì divorare dalla tensione contro un Rafa Nadal menomato nel fisico e dominante nella testa (tanto per cambiare).
Una sorta di Ken di Barbie ma con la testa sulle spalle, troppo bello e talentuoso per convincere i seguaci della disciplina alla Jannik Sinner (che continua a ossessionarci, inutile nasconderlo), troppo inquadrato e preciso per farsi innamorare dai fratelli di Nick Kyrgios.
Una contraddizione della quale sembrava vittima ma che sta passo dopo passo sgretolando sempre di più, a cominciare dal grande recupero dopo l’infortunio al ginocchio che lo costrinse a uscire in sedia a rotelle al Roland Garros del 2021, e con questa continuità sulla terra rossa che lo rende di fatto competitivo e molto difficile da affrontare su ogni superficie. “Molti miei connazionali non amano la terra e spesso saltano Montecarlo, ma per me è diverso. La stagione sulla terra è una parte importante dell’anno. Come potrei essere fra i migliori se non facessi questi risultati sul rosso?”
Taylor ha già vissuto molto di più di quanto dice la sua carta d’identità. È già convolato a nozze quando aveva solo 18 anni, con una collega della racchetta, l’americana Raquel Pedraza, ha già avuto un figlio -Jordan – e si è già separato. Ora è accompagnato dall’influencer Morgan Riddle, che poco tempo fa è stata al centro di una polemica sui social, rea di vantarsi della vita piena di divertimenti che il tennis può dare. Taylor l’ha difesa a spada tratta: “Le persone conoscono pochi tornei, sanno cosa sono gli Slam. Si parla di pochi eletti e o di determinate circostanze, ma non è così popolare. È bello vedere il tennis ricevere più attenzione. Sì, ho pensato che quello che ha fatto Morgan è stato fantastico, e tutti nella nostra comunità possono concordare che fa bene vendere il tennis in un modo diverso“.
Ora parte il suo secondo tempo, nella vita come nel tennis. Con quel talento e quella disciplina che potrebbero dare all’ormai ex fidanzato d’America le chiavi per vincere, magari sulla terra battuta, come Agassi e più di Sampras.