Costantino Rocca, come ha vissuto il padre del golf italiano questo secondo posto di Francesco Molinari all’Us Pga Championship?
“Soffrendo davanti alla tv, l’adrenalina mi sta sparendo soltanto dodici ore dopo, qui in montagna, perché per me è stato estremamente avvincente ed eccitante quant’è successo in America con un golfista italiano grande protagonista. Ho vissuto con lui, in parallelo, la sua gara”.
Francesco ha eguagliato la miglior impresa di sempre di un italiano, Costantino Rocca al British Open 1995, poteva anche vincere?
“Sì, poteva, sono convinto che se avesse imbucato il putt alla 16 avrebbe messo tanta pressione agli avversari e avrebbe potuto vincere. E’ stato un vero peccato. E gliel’ho anche scritto in un messaggino che gli ho spedito sul cellulare: mi dispiace davvero tanto per lui, un ragazzo che conosco bene, che stimo da tanto, come uomo e come atleta, che mi somiglia pure, come golf, e che non ha nemmeno sbagliato davvero quel colpo. Ma è andato così, peccato ancora: un colpo di meno poteva valere il playoff, come me all’epoca, e magari lui avrebbe vinto”.
In che cosa sono davvero diversi Rocca e Molinari?
“Lui ha fatto una scelta che io non ho fatto, volevo troppo fare i punti per entrare in Ryder Cup, e non sono andata a giocare sul circuito statunitense, l’Us Pga Tour che è lontano dall’European Tour non di uno uno stadio solo ma di due. Lì, in America, ha colmato molti difetti sul gioco corto, soprattutto nell’uscita dai bunker e che nel putt, che l’ha sempre penalizzato, impedendogli di vincere prima a livello più alto. Decidere di giocare sul quel circuito è stato importantissimo, decisivo, e sono felice che il ragazzo abbia fatto quell’esperienza. Lo chiamo ragazzo, anche se so che a novembre compie 35 anni, perché ha ancora tanti anni di successi davanti, ne sono convinto”.
Che parallelo è possibile fra Rocca e Molinari?
“Io ero più istintivo, e sicuramente le emozioni vanno mostrate di più. Come faceva Tiger Woods che si incazzava sul campo e si vedeva. Mentre a me personalmente McIlroy non trasmette emozioni, anzi, quando gioca male mi fa proprio incazzare. Francesco è sicuramente più freddo di me, a questo Us Pga, mi ha ricordato il mio idolo Tom Watson: golfisticamente, mi è piaciuto tantissimo, e da questo risultato può puntare deciso a molte e più importanti vittorie. Perché anche nella scelta di giocare in America si è dimostrato un professionista vero, una persona che ha capito quali sono i veri problemi di uno sport come il golf. Come del resto suo fratello Edoardo”.
In che cosa Francesco ed Edoardo Molinari si sono dimostrati professionisti ideali?
“I campioni come Seve (Severiano Ballestero), Faldo e Tiger, sono unici, capitano per caso, ma un giocatore si fa con l’esperienza, col lavoro, con l’umiltà. Non basta certo tirare la palla in modo fantastico, altrimenti gli italiani che hanno sempre tanti ragazzi che giocano bene, dovrebbero essere in massa al vertice. Lui e il fratello meritano tutta la mia ammirazione perché si sono costruiti in questo che è un lavoro, un vero e proprio mestiere, uscendo dall’Italia dove non riusciamo a capire completamente questo concetto, e infatti i nostri giovani non riescono a tenere il ritmo di successi che hanno nelle categorie giovanili”.
Che cosa proporrebbe Costantino Rocca per superare questo passaggio dal livello amateur a quello pro?
“Io non devo presentarmi, la Fig, la Federgolf, mi conosce, io sono pronto a dare una mano per aiutare questo delicato e fondamentale passaggio. Perché, se vinciamo sempre i campionati Europei e tanti tornei Challenger e poi non facciamo grandissimi risultati nei pro è troppo evidente che il problema è lì. E non è tecnico, non è nello swing, perché, guardando io mio, ad esempio, non mi avrebbero dato cinque lire, ma sono arrivato dove sono arrivato. Bisogna capire la persona, dargli fiducia, e puntare al principio fondamentale del golf: mettere la palla in buca con meno colpi”.
Che poi è la lezione americana del golf, quella che Costantino Rocca attuava d’istinto e Francesco Molinari applica dopo esserci andato a scuola.
Vincenzo Martucci