Comunque finirà, questo primo Slam senza i magnifici tre Federer, Nadal e Djokovic dopo ben sei anni sarà un successo e resterà storico. Aldilà dell’eccezionalità delle porte chiuse per Covid-19, sarà intitolato – finalmente – ai giovani, agli errori, a un tennis che sta imparando a passare il limite, a superare il net, come ha fatto fisicamente Daniil Medvedev quand’è andato nel campo dell’avversario, Dominic Thiem, per segnalare all’arbitro un improbabile segno del suo colpo.
Per poi scusarsi sarcasticamente coi giudici. Così come l’anno scorso, su quegli stessi campi, s’era caricato col tifo contro del pubblico newyorkese, e come in passato aveva esternato le fortissime emozioni che vive nel cuore. Come lui, sono gli altri protagonisti finali di questo Slam anomalo anche come data, prima e non dopo il Roland Garros. Perché in questo tennis moderno non esiste più il “politically correct”, ognuno l’interpreta come sente, come può, e non si vergogna di quello che è.
Fino al punto di rinunciare ancor prima dell’esito della finale ad un impegno qualificante come Roma, per il delicato e troppo subitaneo passaggio dal cemento alla terra rossa. Che pure è una superficie amica di tutti e due.
La potenza del servizio di Dominic Thiem
Il nuovo Muster, Thiem, il primo austriaco finalista agli Us Open, sempre più favorito verso la conquista del suo primo Slam, è transitato attraverso anni di furie violente all’interno del suo io, come ha testimoniato l’acne che gli devastava il viso: osservava con sofferenza il suo idolo Ernests Gulbis sperperare il suo talento, subiva l’autoritaria rigidezza di mastro Gunter Bresnik, sprecava il suo potenziale in improbabili e continue sbracciate come il primo Bum Bum Becker, si arrovellava sui perché e sui per come dei suoi fallimenti.
Poi ha dato un taglio netto al cordone ombelicale col coach-papà ed è passato al fratello maggiore Nicolas Massu, quello con la faccia cattiva che vinceva sporco un po’ alla Brad Gilbert, che l’ha conquistato subito abbattendogli limiti e tabù, e insieme costringendolo a pensare lui ai problemi e alle soluzioni. Non è stato un percorso facile, dopo due finali consecutive perse contro Rafa Nadal al Roland Garros e il terzo matrimonio con gli Slam fallito sotto il filo di lana degli Australian Open di gennaio contro Djokovic. Ma la crescita di Dominic è testimoniata ampiamente dal percorso a New York, senza le sue mille luci, ma comunque importantissimo snodo per la carriera di molti. Il ragazzo dal rovescio a una mano al bacio ha lasciato per strada appena un set, contro Cilic, superando di forza, soffrendo, ricorrendo ai tie-break, superando gli alti e bassi di questo tennis così violento che lo rappresenta perfettamente, Aliassime, De Minaur e Medvedev, cui ha salvato set point nel secondo come nel terzo set.
Merita i favori del pronostico per via del curriculum migliore di tutti nel tabellone orfano in partenza di Federer e Nadal, e poi dell’autodistruttivo Djokovic, e anche per quell’auto-ironia che fa sempre la differenza nella vita: “Se vinco questa finale, ho il mio primo Slam, se perdo devo lentamente Andy Murray per scoprire com’è quando stai 0-4”.Ricordando infatti i propri fallimenti e quelli iniziali dello scozzese, prima che abbattesse i suoi demoni con l’aiuto del super-coach Ivan Lendl, diventando pluricampione Majors e olimpico, numero 1 del mondo e anche baronetto.
Di fronte, in finale, l’austriaco Thiem troverà uno che gioca a tutto braccio come lui, un amico, uno che parla tedesco come lui. E sventola la bandiera che fu dell’ultimo campione di Germania, Boris Becker, anche se è figlio di russi emigrati e si innesca nella straordinaria filiera Medvedev, Rublev, Khachanov. Come lui, ancor più di lui, Sascha è un campione annunciato: per i più era il bambino d’oro, quello che già dal titolo agli Internazionali d’Italia di Roma 2017, avrebbe dovuto strappare in fretta e definitivamente lo scettro ai soliti noti e volare verso una carrellata di straordinari successi.
Invece, Zverev s’è arenato: è finito vittima di se stesso, della sua presunzione, della ribellione alle regole, della non accettazione dei propri limiti e delle qualità altrui, fino al punto di incepparsi, emblematicamente, proprio con la sua arma paralizzante, il servizio. Non è migliorato granché tecnicamente e tatticamente, non riesce (ancora?) a sfruttare le debolezze dell’avversario e spreca troppe energie per trovare la chiave e comunque imporsi di forza, come contro il solido ma prevedibile Carreno Busta, cui ha concesso i primi due set.
Alexander Zverev ha commesso ben 203 doppi falli nel 2019
Così come ne ha disseminati per strada contro Anderson, Nakashima, Mannarino e Coric, facendo percorso netto solo contro l’ancora acerbo talento Davidovich Fokina. Tutte queste fatiche extra, unite ai suoi troppo frequenti lapsus di concentrazione e di intensità, e alla tensione suppletiva che accompagnerà la sua prima finale Slam e l’amicizia che lo lega a Dominic, fanno pendere ancor di più il pronostico dalla parte di Thiem. Che, peraltro, ha una condizione fisica straordinaria, come testimoniano il video della sua preparazione atletica a Miami che impazza sul web, e quindi è prontissimo ad affrontare l’ultimo miglio della sua rincorsa alla storia.
A che punto è il lavoro di David Ferrer con Zverev? Già averlo accompagnato a questa prima finale Slam è un successo del bagno di umiltà e di concretezza cui la formichina spagnola ha costretto la cicala tedesca. Svestendola di qualsiasi orpello, con in testa l’unico obiettivo del risultato, senza dover giocare bene per forza. Anzi. Nel segno del nuovo tennis. “Adesso è tutto o niente”, come sintetizza Sascha il bello, sempre irriverente e sfrontato: “I due migliori giocatori al mondo saranno in campo per il titolo”.
Lui ce l’ha fatta soprattutto inserendo il silenziatore alla prima di servizio e mettendo in campo più seconde, cedendo così appena sette punti al servizio dal terzo set in poi: “Dovevo fare qualcosa per essere più aggressivo”. E’ il tennis che cerca soluzioni, il tennis arruffato, il tennis che non si vergogna, e che sbatte fuori anche lo spagnolo quadrato che aveva portato Djokovic a un costosissimo e irrimediabile gesto di stizza. Mai Zverev aveva recuperato da due set a zero sotto, mai aveva sfoderato un sorriso così soddisfatto di se stesso. Peccato che poi lui e Thiem avessero così poco tempo per riadattarsi alla terra rossa e alla sfida con Roma, e hanno rinunciato in tandem agli Internazionali d’Italia. Lsciandli ai “grandi vecchi” Nadal e Djokovic. Nel segno del nuovo corso: fino all’altro ieri sarebbe stato più possibile il contrario.
Dominc Thiem e Alexander Zverev contro nella seconda semifinale degli Australian Open 2020
*articolo ripreso da https://www.supertennis.tv/News/Campioni-internazionali/200912-Thiem-e-Zverev