Vent’anni fa, Andreas Seppi da Bolzano, ‘figlio’ prediletto di mastro Massimo Sartori, che oggi si ritira dal tennis a 38 anni dopo essere arrivato al numero 18 del mondo, con l’attivo 3 titoli ATP di singolare su tre superfici diverse, erba, terra e cemento (primo italiano a riuscirci), e quasi 12 milioni di dollari di soli premi, era un lungagnone di 1.91, magro, poco articolato, armato soprattutto di determinazione, impegno e rovescio. Fra Caldaro e Montecarlo, anche con Riccardo Piatti e il super-preparatore atletico Dalibor Sirola, s’è affinato come atleta e come tennista, s’è proprio trasformato, a cominciare da servizio e diritto, per continuare con gli spostamenti e la duttilità su tutte le superfici. In proporzione al potenziale è stato il più grande risultato del tennis italiano.
ECCE HOMO
Andreas è stato un riferimento sicuro, un grandissimo lavoratore, un personaggio serio, serissimo, fedele ai suoi principi, affidabile, un uomo vero che è rimasto sempre ancorato ai suoi valori, a cominciare dai sacrifici di mamma, Maria Luise, sarta, che lo ha sostenuto nei primi passi da tennista. Lavorando tanto su stesso, dagli 11 anni quando si è affidato a Sartori, si è realizzato attraverso la racchetta, rimanendo 800 settimane fra i top 100 e prendendosi tante altre soddisfazioni nel segno della continuità e del professionismo ideale, come dicono i 66 tornei dello Slam consecutivi che ha disputato e le 21 vittorie al quinto set contro 15 sconfitte. “Andy” non ha mai deragliato dal personaggio e dalla strada tecnica, insieme al maestro Sartori, deciso, lineare, un giorno ha scelto accanto a sé Michela e con lei si è trasferito a Boulder, in Colorado, in un ranch di quelli da film.
LA SVOLTA DI ROMA
In un Paese che ama così tanto il bello, ancor più nello sport, Andreas che per anni ha parlato con la bocca serrata, giusto le parole necessarie, senza esprimere grandi emozioni ma lasciando parlare i fatti, non ha avuto gli estimatori di cui avrebbe avuto diritto. Da ideale formichina che si contrappone alle tante, troppe, cicale che hanno caratterizzato il tennis italiano prima del Rinascimento degli ultimi 4 anni. Sembrava freddo come i suoi monti, ma non lo era. Infatti, nel gran caos dell’ambiente italico di quegli anni, implose in coppa Davis nel 2009 a Cagliari, ma poi regalò all’Italia il primo titolo ATP in 5 anni, il titolo azzurro sull’erba, a Eastbourne, rompendo il, ghiaccio sul circuito e, nel 2012, mostrò a Roma di che di pasta fosse e soprattutto quanto fosse sensibile in realtà all’incitamento del pubblico annullando 6 match point a Stan Wawrinka.
SODDISFAZIONI
Da lì non è più fermato, s’era preso lo sfizio di diventare il primo italiano a battere Rafa Nadal, a Rotterdam 2008 e poi ha superato anche Roger Federer agli Australian Open 2015. Soprattutto, ha sempre dimostrato rispetto per tutti, a cominciare tennis, tanto che ha insistito a giocare, a dispetto di problemi cronici all’anca, disputando una marea di tornei Challenger e vincendone 9. C’è solo da augurarsi che resti nel tennis col suo immenso bagaglio di valori e di esperienza.