Ascolta la puntata del podcast “Distinti Saluti”: https://open.spotify.com/episode/1V23UHgyNN1m7DLByVb1MD?si=GPwbhFv-SryX0DOb5Z9Pqg
La maglia della Nazionale va onorata, sempre. Anche quando il colore non è il tradizionale azzurro e per questo motivo rischia di scoppiare un caso diplomatico. A quel punto tanto vale trovare una soluzione in fretta e furia come accaduto il 16 novembre 1994 allo Stadio “Marco Tomaselli” di Caltanissetta in occasione del match fra l’Italia Under 21 e la Croazia.
Questa storia si svolge in uno delle strutture più innovative della penisola, inaugurata nel 1992 e dotata di tutti i confort possibili, comprese una pista d’atletica, un Centro Federale di scherma e uno di pesistica olimpica. Lì gioca il Nissa, squadra locale che in quegli anni milita in Eccellenza, e che quel pomeriggio autunnale ha l’onore di ospitare i giovani azzurri guidati da Cesare Maldini e pronti ad affrontare il match di qualificazione agli Europei di categoria.
Fra coloro che scendono in campo quel giorno ci sono nomi altisonanti come quelli di Alessandro Del Piero e Fabio Cannavaro, futuri campioni del mondo, ma sino a quel momento soltanto giovani di buone speranze alle prese con un caso più grande del loro. Italia e Croazia si presentano al campo entrambe con una maglia bianca, convinti che gli avversari abbiano raggiunto la struttura con la casacca di un altro colore. Peccato che il pensiero sia comune e ciò costringe l’arbitro spagnolo Juan Ansuátegui Roca a rinviare il fischio d’inizio.
Chi rimane più stupito di questa situazione “kafkiana” è lo stesso direttore di gara, convinto che gli azzurri abbiano a propria disposizione un indumento azzurro, peccato che i ragazzi di Cesare Maldini abbiano con sé al massimo una tuta d’allenamento celeste, priva dei numeri distinti necessari per giocare. A quel punto non resta altro che farsi venire in mente un’idea per evitare una figuraccia di proporzioni internazionali ed ecco che scatta il colpo di genio: chiedere al Nissa un favore e farsi prestare la divisa d’ordinanza. Peccato che sia bianca pure quella e l’unica maglia utile sia la seconda, puntualmente custodita nel magazzino dello stadio Palmintelli che si trova dall’altra parte della città.
Si muovono tutti pur di trovare il bandolo della matassa e vengono addirittura chiamati i vigili urbani che, con una corsa a perdifiato fra le vie del centro, riescono a recuperare il materiale e a riportarlo in tempo, prima che l’arbitro decreti la sconfitta a tavolino per i padroni di casa. Penserete “Tutto finito ?”. Nemmeno per scherzo.
Per prima cosa va nascosto il logo del Nissa. Per quello ci pensa lo staff azzurro che si munisce di pennarelli e, come diligenti scolaretti, completano velocemente l’opera mentre la banda in campo allieta il pubblico con “La società dei Magnaccioni”. Sulle note del brano di Lando Fiorini la Rai apre il collegamento con un Carlo Nesti basito per quanto stia accadendo, ma il bello deve ancora arrivare.
A un certo punto il corpo musicale dei Carabinieri e quello dell’Esercito iniziano a litigare per chi debba suonare l’Inno di Mameli dando vita a un caos che fa dimenticare anche l’ordine delle bandiere da issare sui pennoni con la Croazia che si ritrova senza il suo simbolo scatenando la protesta di alcuni dirigenti sulle tribune. Il caso diplomatico è ormai a un passo dall’esplodere tanto che il premier Silvio Berlusconi è pronto a intervenire per far rientrare una situazione complicata in piena guerra nei Balcani.
A riappacificare gli animi ci pensa però Ansuátegui che, con ben mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia, mette d’accordo tutti e l’inizio del gioco. Passano nemmeno dieci minuti ed ecco Giulio Falcone che avanza indisturbato verso l’area di rigore avversaria. Il difensore del Torino viene atterrato all’esterno dell’area, ma il direttore di gara si indirizza verso il dischetto: è rigore. Del Piero si avvicina e segna con precisione.
Dopo solo sei minuti però i croati rimettono in equilibrio il risultato grazie a una punizione procurata da Ivica Mornar al limite dell’area e trasformata puntualmente Davor Vugrinec che, ben prima di approdare nel Bel Paese con le maglie di Lecce, Atalanta e Catania, supera con il destro la barriera azzurra e realizza dopo aver preso il palo interno.
Il match è particolarmente vivace grazie anche ai ragazzi di Cesare Maldini che non lasciano spazio agli avversari e al 28’ ritrovano il vantaggio con Davide Dionigi che ruba palla sulla trequarti al libero Marijo Osibov e si invola verso la porta difesa da Tomislav Butina.
A quel punto la Croazia continua nel suo fraseggio spaventando la formazione tricolore, ma sciogliendosi in pochi minuti nel secondo tempo a causa di un fallo proibito di Tomislav Rukavina su Alessio Tacchinardi venendo espulso direttamente. Poco dopo il giocatore della Juventus atterra Dario Simic, ma il futuro difensore di Inter e Milan non la prende bene reagendo in maniera scomposta e lasciando gli ospiti in nove.
L’Italia non sfrutta e, nonostante riesca più volte ad avvicinarsi al terzo gol, chiude il match sul 2-1 dimostrando di esser più forte della Nazionale maggiore di Arrigo Sacchi, battuta con lo stesso risultato a Palermo, ma a parti invertite. Da quella squadra emergeranno alcuni simboli del futuro, ma loro rimarranno nella storia per la maglia rossa e lo stadio “Marco Tomaselli” di Caltanissetta.