La nuova stagione del pattinaggio artistico su ghiaccio è cominciata con una serie notevole di sorprese, novità e risultati choc. Qualcosa si poteva prevedere, alla luce degli annunciati cambi di regolamento, molto altro è giunto inaspettato, soprattutto nella gara del singolo femminile, ma in generale sembra di essere davanti a un periodo di assestamento che prelude ad altri grandi cambiamenti. Questo momento, principalmente, può essere caratterizzato da ciò che si potrebbe definire come “La caduta delle dee”.
ATTACCO ALLE SENIOR
Nelle iscrizioni nell’individuale femminile ai Campionati Europei (Minsk, 23-27 gennaio) c’è un’assenza inimmaginabile fino a pochi mesi fa, quella della russa Eugenia Medvedeva, dominatrice fino alla scorsa stagione, quando è stata detronizzata dall’altra russa Alina Zagitova. E anche quest’ultima non è che se la passi proprio bene, pur risultando iscritta alla gara continentale, dopo essere arrivata quinta ai recenti Campionati Nazionali Russi, che valevano come qualificazione agli Europei e che si sono rivelati una specie di “mattatoio” sportivo, con le junior in grado di fare prodigi e le senior (16 anni Zagitova, 19 Medvedeva !!!) messe da parte come “vecchiette” superate. E’ evidente che non siamo di fronte a una semplice crisi, passeggera o no, delle due pattinatrici grandi protagoniste all’Olimpiade di Pyeongchang, ma a un momento di possibile svolta epocale nel pattinaggio artistico, dovuta in parte ai nuovi regolamenti, in parte a una evoluzione che, se non gestita bene, presenta molti rischi. Il riferimento inevitabile è ai salti sempre più difficili, i tripli Axel, portati a termine anche dalle senior, e i quadrupli, realizzati finora solo dalle junior. La situazione è complessa, perciò credo sia meglio limitarsi, in questo primo articolo sulla nuova stagione che porta ai Mondiali di Saitama (Giappone), alla gara più colpita da questa evoluzione, l’individuale femminile. In seguito, l’obbiettivo sarà puntato sulle altre gare, che presentano pure spunti molto interessanti, a cominciare dall’individuale maschile.
LA REGINA INVECCHIATA
Naturalmente, la sorpresa-choc è quella di Eugenia Medvedeva. Fino a febbraio di un anno fa era stata l’indiscussa regina del pattinaggio artistico e sembrava che le fosse spianata la strada di un dominio che sarebbe potuto durare per chissà quanti anni ancora. Giusto per avere un’idea: nella stagione 2014-15 vince l’oro ai Mondiali junior e nella finale del Grand Prix junior; nel 2015-16 passa senior e vince l’oro nella finale del Grand Prix, ai Campionati Nazionali Russi, agli Europei e ai Mondiali; nel 2016-17 rivince questi quattro titoli; nel 2015-16 stabilisce un record mondiale di punteggio, nel 2016-17 addirittura otto record mondiali di punteggio. Nel 2017-18, però, un infortunio al piede destro (frattura al metatarso) le impedisce di restare agli stessi livelli, inoltre spunta Alina Zagitova, appena 15enne, che vince le sue due gare e la Finale del Grand Prix e poi l’oro agli Europei e all’Olimpiade. Per Medvedeva è un duro colpo che va oltre la mancata vittoria, perché si sente messa in secondo piano anche da Eteri Tutberidze, allenatrice sua e della Zagitova. Che sia vero o no, l’impressione dall’esterno è che in effetti la preferenza vada alla Zagitova. E che sia questo il motivo o no, fatto sta che Medvedeva decide di lasciare Tutberidze, con cui è stata per dieci anni, e di affidarsi a Brian Orser, allenatore di Hazuru Hanyu e già di Kim Yuna. E’ un cambiamento importante, ma in questa prima fase pare non dia i risultati sperati. Medvedeva appare meno sicura sui salti, che eseguiva con efficacia impressionante, mantiene punteggi alti sui components perché l’alta qualità del pattinaggio non la perde, ma in generale la sensazione è di una atleta meno brillante, meno originale, quasi “normale”. Cosa le sta succedendo?
CAMBIAMENTI NEGATIVI
Le analisi, i commenti degli esperti, le ipotesi, è tutto un festival di tentativi di spiegazione, alcuni dei quali si soffermano sulla diversità del programma di salti. Andando a esaminare le scelte di Orser e della Medvedeva quello che salta all’occhio è il cambiamento nel corto: il Lutz al posto del Rittberger (Loop), con gli altri due salti che restano uguali, il doppio Axel e la combinazione triplo Flip-triplo Toeloop. Nel libero il corpo del programma, 5 elementi di salto su 7, è rimasto uguale: doppio Axel, tripli Lutz e Rittberger, combinazioni triplo Flip e triplo Toeloop, triplo Salchow e triplo Toeloop. Sono cambiati: invece del doppio Axel seguito da due doppi Toeloop c’è il triplo Lutz seguito da due doppi Toeloop, invece di un triplo Flip c’è un secondo doppio Axel. Basta questo, l’insistere nel Lutz nel corto e come primo salto di combinazione nel libero per dire che il programma è stato stravolto e che comunque sia questa la causa dei risultati fin qui deludenti? Credo proprio che non si possa sostenerlo. A parte il fatto che Medvedeva ha commesso errori anche su salti riconosciuti come suoi punti di forza, come il Rittberger, non sono certo i 3-4 punti in meno nel corto per aver scelto il Lutz al posto del Rittberger a spiegare il calo di rendimento, visto che stiamo parlando di un’atleta abituata a prestazioni da record. E’ chiaro che assistiamo a una fase in cui Medvedeva sta cercando qualcosa di nuovo e che sta sperimentando, come dimostrato fra l’altro da un ulteriore cambiamento nel suo programma in occasione dei Campionati Nazionali Russi: tre soli elementi di salto uguali ai due precedenti programmi appena esaminati, il doppio Axel e i tripli Lutz e Rittberger; poi, il ritorno al triplo Flip da solo (come nella scorsa stagione) e tutte e tre nuove le combinazioni: triplo Salchow più triplo Rittberger, doppio Axel più triplo Toeloop, triplo Flip più due doppi Toeloop. Nessuna di queste combinazioni c’era sia in questa stagione, sia in quella precedente, a rimarcare ancora di più la fase di studio, di “scoperta” di una Medvedeva nuova. Tant’è che proprio ai Nazionali, dopo un pessimo corto, Medvedeva ha ottenuto 70,15 negli elementi tecnici e 74,51 nei components. Siamo lontani dagli 80 punti nel tecnico che erano considerati la regola ormai per lei, ma sicuramente molto meglio rispetto ai 57,46 e 68,80 del Grand Prix in Francia e ai 66,52 e 70,56 in Canada. C’è da considerare anche la scelta delle musiche, non felice in questa stagione a mio parere, che contribuisce a spegnere un po’ l’interpretazione della Medvedeva, ma, a pelle, si sente che manca qualcos’altro.
E qui entriamo in un mondo particolare, in cui non ci sono dimostrazioni matematiche, riferimenti precisi e sicurezze totali, ma solo sensazioni, impressioni personali. La Medvedeva di questa stagione, a mio parere, è un po’ più “pesante” rispetto a quella ammirata negli ultimi anni. E quel “pesante” lo riferisco sia ai chili, sia alla reattività muscolare. L’impressione avuta alla prima apparizione nel Grand Prix è stata quella di una ragazza, sia pure di pochissimo, leggermente più “tonda” nel viso, segno di una forma fisica meno “asciutta”, non quella che segue un periodo in cui si è stati fermi, ma quella che arriva dopo allenamenti meno impegnativi dal punto di vista atletico. Si può obbiettare che ciò sia da considerare naturale, vista la sua giovane età, ma io non lo credo. Medvedeva ha compiuto 19 anni a novembre, non si può parlare di una ragazza in fase di sviluppo, a 19 anni la fase di crescita è finita, come lo era a 18. Viene da pensare agli allenamenti durissimi che per dieci anni Medvedeva ha dovuto sopportare sotto il regime della Tutberidze, famosa per i suoi sistemi “militari”, con diete da fame. Cosa può succedere una volta che si lascia quella “caserma” e si passa a sistemi comunque duri, perché stiamo parlando di seri professionisti, ma più “liberali”, con maggior senso di responsabilità concesso agli atleti? Si respira finalmente. La mia ipotesi è che Medvedeva si sia lasciata andare, non tanto, giusto un po’, quel che basta però per non essere più vicina alla perfezione come lo era stata nei tre anni precedenti. Sta a lei dimostrare il contrario. Resta il fatto che, secondo me, pur con tutti questi dubbi sulla nuova Medvedeva, la Russia commette un errore a non portarla agli Europei, anche se formalmente non poteva inserirla a causa dei risultati dei Nazionali, che valevano come qualificazione. E farebbe un altro errore a non portarla ai Mondiali, considerato che le russe senior selezionate oltre alla Zagitova, vale a dire Konstantinova e Samodurova (classificate quarta e sesta, con Zagitova quinta, ma le prime tre, essendo junior, non possono gareggiare agli Europei), non mi convincono, possono pure azzeccare una gara o due, ma le vedo con personalità scarsissima e rendimento troppo altalenante per dare garanzie, magari in Europa possono anche salvarsi, ma ai Mondiali davvero no.
I DUBBI DI ZAGITOVA
Se Atene piange, Sparta non ride. La rivale di Medvedeva, quella che ha provocato il suo addio alla scuola di Mosca per trasferirsi in Canada, a Toronto, comincia ad avere problemi inaspettati. Alina Zagitova è seconda nella finale del Grand Prix, dietro la giapponese Kihira, e addirittura quinta ai Nazionali di Russia. Le prestazioni della scorsa stagione sono lontane, la “macchina da guerra” che si era vista fino all’Olimpiade di Pyeongchang è quasi scomparsa. Le cadute nel libero ai Mondiali di Milano erano apparse solo come un brutto episodio, ora sembra che siano state un segnale ben preciso. Certo, Zagitova non sta attraversando la crisi della Medvedeva, ma le prove negative sono più di una e il libero disastroso ai Nazionali è stata una mazzata al suo orgoglio quasi come quello dei Mondiali 2018: due cadute, una combinazione non riuscita, gradi di esecuzione bassi, dodicesimo punteggio, la miseria di 61,18 punti nel tecnico, bilanciata da un fin troppo generoso 72,23 nei components. Non è un rendimento da campionessa olimpica. Zagitova sembra aver perduto le proprie certezze, come se le tante cadute nel libero a Milano 2018 abbiano instillato nella sua mente tanti dubbi. Qualche punto, poi, lo ha perduto e non potrà più recuperarlo anche a causa del nuovo regolamento, che assegna il 10% in più nei voti solo per gli ultimi tre salti eseguiti nella seconda parte del programma e non più per tutti e sette, caratteristica che distingueva Zagitova, unica atleta a eseguire tutti gli elementi di salto dopo la metà del programma, aspetto che risultò decisivo all’Olimpiade, decisa in suo favore per 1,31 punti appenai, con Medvedeva che eseguì solo 5 salti nella seconda metà del programma. Per rendersene conto basta applicare il 10% in più ai due salti che Medvedeva eseguì nella prima metà del libero (triplo Lutz, base value 6,00, e combinazione triplo Flip-triplo Toeloop, base value 9,60), e rendersi conto che avrebbe avuto 1,56 punti in più, assicurandosi la vittoria. Certo, bisognerebbe poi appurare se Medvedeva, eseguendo quei due elementi di salto nella seconda metà con la stanchezza che si accumula, li avrebbe portati a termine bene come quando li ha effettuati a inizio programma, ma qui mi preme solo rendere l’idea di quale fosse l’incidenza di quel tipo di regolamento sul risultato finale e di come non possa esserlo più adesso. Comunque, nemmeno questi punti in meno possono risultare decisivi in gare nelle quali si fanno avanti le russe junior a suon di quadrupli e la giapponese Kihira con due tripli Axel, di cui uno addirittura in combinazione col Toeloop. Per Zagitova, sin dall’anno prossimo, i problemi aumenteranno ancor di più, con il passaggio delle junior russe, che si sono classificate ai primi tre posti ai Nazionali Russi, nella categoria senior: Anna Shcherbakova e Alexandra Trusova compiranno 15 anni prima del 1° luglio 2019, quindi potranno gareggiare da senior nella prossima stagione, entrambe artefici di salti quadrupli. La terza, Alena Kostornaia, che ha già compiuto 15 anni ad agosto 2018, quindi ancora junior in questa stagione, gareggerà pure lei fra le senior e, anche se non ha quadrupli in repertorio, è la più dotata artisticamente oltre a effettuare comunque salti in maniera spettacolare. Insomma, Zagitova, proprio quando pensava di poter dominare, si ritrova a dover inseguire, cosa che potrebbe provocarle ulteriori problemi, visto che ha mostrato qualche debolezza mentale non tanto quando si trova sotto pressione (all’Olimpiade è stata un rullo), ma quando commette un errore e comincia ad aver paura. Infine, errori a parte, in questo inizio di stagione è apparsa meno brillante a prescindere. Uno dei problemi, secondo me, potrebbe essere anche per lei (ma con
minore impatto rispetto a Medvedeva) di ordine fisico, sia pure al contrario: secondo me è un po’ più alta rispetto all’anno scorso (cosa normale visto che ha 16 anni ed è nel pieno dello sviluppo) e più magra. Forse, c’è qualche automatismo che si è inceppato, a questi livelli basta una piccola trasformazione fisica per produrre tali effetti, e Zagitova deve riuscire a riarmonizzare i movimenti. Se è davvero così (questa è una osservazione “televisiva” a distanza, la realtà possono conoscerla lei e la sua allenatrice), è un problema in più che Zagitova deve risolvere, ma la cui soluzione dipende solo da lei, quello dei quadrupli delle nuove avversarie non può certo risolverlo e non credo abbia la forza e l’abilità per cominciare a farli anche lei.
LA SVOLTA EPOCALE
E arriviamo alla conclusione. In questa stagione, per la prima volta nella storia, c’è stata una gara in cui due atlete hanno effettuato il triplo Axel, il Trofeo Nhk in Giappone, del circuito del Grand Prix. La giapponese Rika Kihira lo fallisce nel corto, ma ne fa due nel libero: comincia con la combinazione triplo Axel più triplo Toeloop (che già aveva completato, prima donna in assoluto, a dicembre 2017 nella Finale del Grand Prix junior) e immediatamente dopo esegue il triplo Axel, in entrambi i casi con grado di esecuzione che va dal 3 al 5. La russa Elizaveta Tuktamysheva esegue il triplo Axel sia nel corto che nel libero (meglio nel corto, con Goe fra 2 e 3). E queste performance fra le senior sono già decisive, infatti Kihira nella finale del Grand Prix, pur sbagliando la combinazione iniziale perché sbaglia il triplo Axel, che viene degradato, si riscatta immediatamente abbinando al secondo triplo Axel in programma un doppio Toeloop, certo meno carico di punti rispetto al programmato triplo Axel-triplo Toeloop iniziale seguito dal triplo Axel solitario, ma indicativo della forza mentale di Kihira che recupera la combinazione e ha il coraggio di ritentare il salto più difficile appena sbagliato. Pur con meno punti rispetto al preventivato, Kihira batte Zagitova e soprattutto fa capire alla russa che il distacco fra loro due è più netto di questo risultato.
E bisogna pensare che qui siamo ancora in un mondo “normale”. Quando si passa alle giovani russe lo scenario cambia totalmente, perché i quadrupli sconvolgono il quadro generale. Ai Nazionali Russi, la Shcherbakova esegue un quadruplo Lutz (con goe da 3 a 5) che le consegna una mostruosità di 15,94 punti, e si sta parlando di un salto singolo, non di una combinazione: tecnico totale 89,35. La Trusova, nella stessa gara, esegue anche lei il quadruplo Lutz (goe da 2 a 4) che le dà 14,79 punti, e poi sbaglia il quadruplo Toeloop, decisivo per la sua sconfitta, appena 7 centesimi dietro Shcherbakova: tecnico totale 90,22, ma potenzialmente da oltre 100! Kostornaia, senza quadrupli, arriva a soli 3,24 dal primo posto, è terza con un tecnico di 80,78, comunque da podio mondiale e olimpico, e components di 71,36, notevolissimo se si pensa che è junior, 5 e 6 punti più delle prime due (che comunque meriterebbero qualcosa in meno nei components, visti i loro programmi ancora “acerbi”). E’ evidente, a questo punto, che con il loro arrivo nella categoria senior, e con Kihira che fa due tripli Axel di cui uno in combinazione, il mondo del pattinaggio femminile viene sconvolto.
Perciò parlavo di svolta epocale, che però rischia di portare con sé dubbi e polemiche, legati soprattutto alla preponderanza dell’aspetto tecnico su quello artistico e al pericolo di una specializzazione estrema nelle ragazzine che poi non trova analogo riscontro quando diventano senior. E qui credo che si debba fare una distinzione. Sull’evoluzione dei salti, e quindi del loro valore in termini di punteggio, resto dell’idea che vada premiata la bravura: chi è in grado di eseguire salti più difficili merita che gli venga riconosciuta questa abilità, frutto di sacrifici e non solo di talento, con punteggi adeguati. Se si vuole porre un freno ai punteggi per i salti estremi bisogna pur considerare che non si può però alterare la proporzione fra i diversi gradi di difficoltà del salto stesso: se in percentuale il valore di un salto aumenta nel passaggio da semplice a doppio e a triplo, la percentuale deve restare la stessa nel passaggio al quadruplo, altrimenti si vanifica il significato del progresso tecnico. Al massimo, si può fare il ragionamento al contrario, diminuendo il valore dei salti sin da quello semplice, di base, in modo che, lasciando uguale la percentuale di aumento del punteggio, il quadruplo non abbia un valore da fantascienza. Non sarei d’accordo nemmeno su questo, ma almeno si conserverebbe la logica (e la matematica) del progresso tecnico. Più concreta, invece, considero l’ipotesi di un ritardo nel passaggio da junior a senior, attualmente fissato a 15 anni, per stabilirlo a 17 o 18 anni. In questo modo, ci si avvicinerebbe a una maggiore “stabilità” della prestazione senior, dopo che l’atleta avrà raggiunto una conformazione atletica ben definita, al termine di un normale sviluppo di crescita fisica. Così, se qualcuna è capace di fare i quadrupli anche da senior, per me è giusto che si prenda tutti i punti che merita. Altrimenti, se i quadrupli restano riservati alle “bambine”, si arriva a una autentica aberrazione tecnica e generale, che può solo far male al pattinaggio. Ma è chiaro che il discorso non è così semplice e lineare, perché bisogna considerare tanti altri aspetti. Per esempio, la differenza fra l’Axel e gli altri salti, col primo che è stato eseguito normalmente dalle senior senza che l’avessero realizzato da junior, anche se poche finora nella storia, ciò dovuto ovviamente alla necessità di una maggior potenza atletica, e con Kihira che è la prima a compiere una evoluzione “normale” da junior a senior con questo salto, e con gli altri che hanno caratteristiche opposte all’Axel e più si adattano alle possibilità atletiche e acrobatiche di ragazze minute, ma diventano più difficili una volta che il fisico si sviluppa e si appesantisce. E poi, l’impatto spettacolare, perché è facile fra gli addetti ai lavori disquisire di eleganza del pattinaggio, di doti artistiche, che hanno la loro grande e giusta importanza, ma nel pubblico resta più impressa la fase dei salti e bisogna anche in questo trovare un equilibrio fra ciò che vede un occhio “esperto” e ciò che risulta gradevole a un occhio “meno raffinato”, perché quest’ultimo appartiene in generale a chi paga il biglietto, riempie i palazzetti e garantisce il successo del pattinaggio. Naturalmente, non sto sostenendo la necessità di una visione “rozza” di questo sport, voglio solo far notare che fare gli snob e andare avanti all’insegna del pensiero “io sì che capisco quanto è bravo quell’atleta, anche se non si alza da terra per fare un salto” non aiuta. E, giusto per “fare a capirsi” come dicono a Roma, citando proprio le ultime protagoniste di queste due visioni del pattinaggio, io preferisco una atleta di pura classe come Kostornaia a una acrobata come Trusova, ma a patto che Kostornaia esegua tripli+tripli alla perfezione e non che vinca solo grazie ai components perché se si decide di aumentare il valore di questi ultimi a danno dei salti si rischia di riassegnare interamente alle giurie la possibilità di mescolare le carte secondo criteri che con lo sport hanno niente a che fare (e purtroppo in tante occasioni siamo ancora in quella situazione).
P.S. Non frequento i social, perciò ho ricevuto solo da poco una segnalazione su alcune critiche e commenti a un mio articolo sullo sviluppo del pattinaggio artistico su ghiaccio. Provvedo a chiarire un paio di cose.
Sono stato accusato di essere incompetente perché ho sbagliato a dire che la Kostornaia sarebbe passata senior già da questa stagione. Chiedo scusa per l’errore. Comunque, se questo è l’unico che mi viene segnalato, vuol dire che tutto il resto è giusto. Grazie.
Qualcuno ha sollevato dubbi sulla mia esistenza. Se davvero non esistessi (a prescindere dal mio cognome, così ambiguo nel mondo del giornalismo), ne sarebbe contento l’Inpgi, che mi paga mensilmente la pensione (e le mensilità per i giornalisti sono 14, peggio ancora per il bilancio dell’Inpgi!). Rivolgersi a questo Istituto per avere conferma che esisto.
C’è chi mi ha definito “pennivendolo”. Il che significa che qualcuno (che non è l’editore, altrimenti il termine giusto sarebbe “stipendiato”) mi paga per scrivere questi articoli. Se chi mi ha chiamato in questo modo volesse gentilmente dirmi da chi prendo soldi mi farebbe un vero piacere, così potrei andare a reclamare quel che mi spetta.
Infine, ringrazio chi, pur non essendo d’accordo con alcune mie idee, ha preso le mie difese. E questo, per chi non ha abbastanza acume per capire, è un ringraziamento vero.
Gennaro Bozza