Il Colosseo sullo sfondo, i tifosi che acclamano a bordo strada, la ragazza ad attenderti alla conclusione del tuo primo Giro d’Italia. Cosa si può volere di più dalla vita ? Nient’altro per Martin Marcellusi che lo scorso maggio ha tagliato il traguardo di Roma davanti al pubblico che lo ha visto crescere e diventare un professionista.
Vincitore nel 2022 del Trofeo Piva e capace di conquistare il secondo posto nel Gran Premio Liberazione, il portacolori del VF Group-Bardiani CSF-Faizané ha completato una stagione più che positiva coronata da un Giro di Lombardia vissuto da protagonista. Il 23enne capitolino è già pronto ad affrontare una nuova stagione con lo sguardo rivolto alle classiche e sperare di diventar un giorno come il collega Tadej Pogacar.
Martin, com’è stato affrontare il suo primo Giro d’Italia da neoprofessionista? Quali difficoltà ha incontrato?
Nel 2022 ero già professionista, ma facevo ancora parte del progetto giovanile della Bardiani e mi sono cimentato poco nelle gare con i grandi. Per quanto riguarda il Giro è stata un’esperienza veramente traumatica perché, fra pioggia e freddo è stata dura. Mentre ci sei dentro, vorresti uscirne subito. Poi una volta arrivato, sei orgoglioso dell’impresa che hai compiuto.
Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato?
Non ero abituato a fare uno sforzo continuo di ventuno giorni e solo due di riposo che non servono a quasi a nulla se non a livello psicologico. La difficoltà più grande è rimasta la discesa dal Passo del Sempione. Scendevamo a oltre cento chilometri orari, tanto che mi sono abbastanza spaventato, però non potevi lasciare andar via il gruppo quindi era necessario spingere. Il tutto con un freddo intenso che mi faceva tremare e impediva alla bici di andare dritta.
Com’è nata l’idea di fare la proposta di matrimonio alla sua ragazza al Giro d’Italia?
E’ un’idea che partiva da lontano. Quando ho saputo che avrei preso il via e che il Giro finiva a Roma, ho parlato con mia mamma e le ho confessato che sarebbe stato il momento perfetto per questa situazione. Fortunatamente sapevo che lei avrebbe apprezzato e per questo mi sono buttato.
Com’è stato concludere la Corsa Rosa nella sua città davanti al Colosseo?
Ho ancora la pelle d’oca ora. E’ stata una cosa indescrivibile perché di manifestazioni nel Lazio ce ne sono pochissime. Dopo che negli ultimi cinque anni avevo corso a Roma soltanto per il Gran Premio Liberazione, arrivare con il Giro e poter partecipare ha rappresentato una soddisfazione immensa. Alla partenza dell’ultima tappa c’erano i miei amici, i direttori sportivi delle squadre per cui ho corso pronti a fare il tifo per me. E’ stato veramente incredibile.
Nel 2022 ha sfiorato il successo proprio al GP Liberazione cogliendo il secondo posto. Quanto ha fatto male non riuscire ad imporsi sulle strade di casa?
Il Liberazione l’ho potuto correre soltanto per un anno. All’arrivo mi sono steso in un campo e non volevo parlare con nessuno perché ero distrutto emotivamente. Ho fatto poi un recap della gara e mi sono reso conto che avevo corso al meglio, non potevo recriminarmi nulla. E’ andato tutto bene, ma Henri Uhlig è stato più forte in volata. Un secondo posto nella gara di casa non è comunque da buttare.
A Roma un tempo c’era anche l’arrivo del Giro del Lazio. Ormai la corsa non si affronta più da qualche anno. Essendo cresciuto ciclisticamente nella Capitale, quanto le manca questa gara?
Il Giro del Lazio l’ho conosciuto quando ero un po’ più grande, quindi non c’è tutto questo affetto. Io mi alleno con molti cicloamatori e un ex professionista che lo ha affrontato più volte. Oltre a sostenere che si trattava di una gara di una bellezza estrema, questa corsa serve per portare una cultura ciclistica. Non avendo gare, se non di secondo piano, è sempre più difficile che nasca qualche talento.
A tal proposito, come si è appassionato di ciclismo?
E’ uno sport che, se non hai qualcuno vicino che lo pratichi, è difficile che ti appassioni. Io ho iniziato grazie a mio padre che era un cicloamatore e mi ha messo in bici per farmi affrontare una disciplina. Ho iniziato a sette anni, ma mai i miei genitori si sarebbero aspettati che sarei arrivato fin qui.
Si è avvicinato al mondo del professionismo attraverso il progetto della VF Group-Bardiani CSF-Faizané che propone una squadra sia per prof che per Under 23. Ci racconta come funziona questo progetto e quanto ti ha aiutato?
La differenza fra gli Under 23 e il gruppo prof si sente poco, perché siamo tutti molto giovani. C’è molta allegria, anche fra i veterani come Alessandro Tonelli, Filippo Fiorelli o Davide Gabburo con cui mi trovo benissimo. Penso che anche gli Under si sentano molto partecipi a quanto accada in gruppo.
Guardando il palmares da dilettante, ha all’attivo un successo nel Trofeo Piva, una delle competizioni più importanti del panorama internazionale. Si sente un uomo da classiche e in futuro quale ti piacerebbe vincere?
Le mie caratteristiche si adattano maggiormente alle gare da un giorno, dove devi dare il 110 % e in quei casi riesco a tirar fuori quel 10 % in più che serve per ottenere un risultato. Se sono un uomo da classiche è difficile dirlo perché il livello è talmente alto che diventa difficile emergere. Nelle corse a tappe è necessario andar forte in salita dove mi difendo, ma non posso tenere il passo dei primi.
A proposito di classiche, al Giro di Lombardia si è messo in mostra attaccando da lontano e salendo sul podio di Bergamo per ritirare il premio dedicato al Gran Premio della Montagna. Com’è stato solcare un podio così prestigioso?
Ho fatto una gara oltre le mie aspettative. Venivo da un settimo posto al Gran Piemonte e questo mi ha spinto sicuramente a fare bene anche in quella classica. Quando sono arrivato all’arrivo, il massaggiatore mi ha detto di andar alla premiazione e sinceramente non mi aspettavo di ritrovarmi nello stand con il vincitore. Lì ho incontrato Tadej Pogacar che mi ha stretto la mano ed è stato molto emozionante visto che in una classica monumento di quel genere non è scontato correre e salire sul podio.
Guardando al futuro ha rinnovato per le prossime tre stagioni con la VF Group-Bardiani CSF-Faizané. Cosa si aspetta da questa avventura?
Ho scelto di firmare per tre anni perché mi trovo molto bene con la squadra. Loro hanno una grande considerazione in me. Vorrei ripagare i loro sforzi perché, quando ero Under, sono stati gli unici a credere in me. So peraltro che lì potrò correre da capitano e quindi magari riuscirò a fare anche il salto di qualità che mi accompagnerebbe a grandi risultati.
In conclusione, in passato è stato in Nazionale. Le piacerebbe tornarci?
La maglia azzurra è la più grande ambizione che uno sportivo possa avere. E’ dura perché, al contrario di quanto si dice, ha tanti corridori di alto livello. Bisogna che rubi il posto a qualcuno e non è facile. In Nazionale ci sono stato da junior e da Under, ho dato sempre del mio meglio e spero di tornarci presto.