Cento Giri d’Italia. Torna il grande ciclismo. L’acme si avrà al Giro d’Italia, in programma dal 5 al 28 maggio. È un’edizione speciale: la centesima. Quintana, El Condor, sfida i nostri assi, Nibali e Aru. Intorno a loro un ventaglio di guerrieri temibili: gli olandesi Kruijswijk, Dumoulin e Moellema, il francese Pinot, lo scalatore basco Landa, il gallese biolimpionico Geraint Thomas, lo statunitense Van Garderen,…Il percorso è bellissimo.
Si annuncia una battaglia appassionante. Si parte dalla Sardegna. Si scala l’Etna. Si sfiorano i trulli di Alberobello. Si circumpedala il Gargano. Si va su, in un viaggio nella bellezza, fino allo Stelvio, alle Dolomiti, al Grappa. L’arrivo è davanti al Duomo di Milano.
Il primo Giro partì proprio da Milano alle 2.53 di notte del 13 maggio 1909: aveva solo 8 tappe e 2445 chilometri. Ora i chilometri sono 3572 e le tappe sono 21, hanno una lunghezza media di 170,1 km contro 305,6 della prima edizione.
Il Giro fin dall’inizio ebbe una dimensione epica. Dopo 1500 metri uno dei favoriti, Gerbi, Il Diavolo Rosso, cadde per colpa di un bimbo e perse tre ore per riparare la bici. L’asso Petit-Breton, vincitore di due Tour, si ruppe un braccio prima di Peschiera e continuò per 200 chilometri fino a Bologna. I bari prendevano il treno. Avvelenamenti, seminagioni di chiodi, sabotaggi trasformarono la corsa in thrilling. E Giove Pluvio imperversava. Nel Giro del 1914 solo 37 degli 81 partiti arrivarono al traguardo della prima tappa, Milano-Cuneo, 420 km col Sestriere con la neve e solo 8 superstiti arrivarono a Milano.
Così il Giro divenne una chanson de geste, i cui eroi – Ganna, Girardengo, Binda, Bartali, Coppi, Gaul, Merckx – sfidano l’immortalità. Ma non è solo questo. Il Giro è per tutti – non solo per i bimbi, che lo aspettano allineati lungo la strada come le rondini sul filo – una lezione di geografia. Quest’anno scopriremo Tortolì e Pedara e Alberobello e Montenero di Bisaccia e la terra del Sagrantino e Castellania e Valdengo.
<Scoprirò l’Italia, ragazzi, seguendo i Gino, i Fausto, i Vito! Scoprirò la nostra patria distesa nel suo bel corpo di prati e d’aria, mari, monti, terra e cielo…>, scrisse Vasco Pratolini inviato al Giro del 1947. Oggi la tv consente di farlo in poltrona.
Pratolini appartiene alla corsa, ma anche alla letteratura. Il Giro, infatti, è un’antologia. Con Pratolini lo hanno seguito Achille Campanile e Alfonso Gatto, Orio Vergani e Dino Buzzati, Mosca e Anna Maria Ortese, Roghi e Emanuelli, Montanelli e Brera. Ma si sono interessati agli eroi del Giro anche Chiara e Pasolini, Testori e Marcello Venturi, Soldati e Meneghello, Malaparte e … Il Giro ha dato dignità letteraria allo sport.
L’incontro tra letterati e ciclisti ha regalato episodi stupendi. Come questo. Il poeta Alfonso Gatto, nel suo pezzo d’esordio, confessò ai lettori dell’Unità di non saper andare in bici. Coppi lo venne a sapere e, quando lo incontrò, gli disse: <Non ti preoccupare, ti insegno io>. Il mattino del giorno di riposo a Pescara – era il 5 giugno 1947 – mise in sella Gatto, ma non ci fu nulla da fare. Il giorno dopo i compagni dell’Unità lessero il resoconto di questo tentativo vano. Ma anche una perla, un’ultima riga meravigliosa: <Cadrò, cadrò sempre, fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare>.
Il Giro è anche storia. Nella prima edizione dopo la Grande Guerra, nel 1919, le prime due tappe arrivarono a Trento e Trieste, appena redente: vinse Girardengo, campione d’Italia, che fece garrire la sua maglia come una bandiera in un tripudio di popolo. Nel primo Giro dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1946, il Giro andò a Trieste, che Molotov voleva annettere alla Jugoslavia di Tito con l’Istria e la Dalmazia: la corsa fu fermata a Pieris da una barricata e da un lancio di sassi, ma 17 girini arrivarono a Trieste trasformando la gara in una straordinaria manifestazione di italianità.
Questa corsa è un manifesto itinerante. Ha unito l’Italia, superando divisioni secolari. Ha lavorato per l’Europa unita più e meglio della diplomazia. Col suo sciame colorato di giovani ha visitato Francia e Svizzera, Austria e Slovenia, Croazia e Grecia, Belgio e Olanda, Lussemburgo e Germania, perfino Irlanda e Danimarca.
Ospita atleti di tutti i continenti. Frequenta, è vero, i santuari – il 14 maggio sarà ad Oropa – e per 5 volte è andato dal Papa, ma in gruppo ci sono tutte le confessioni religiose, anche i musulmani. È una società polimorfa, libera, aperta, intelligente. Giovane e moderna, non dimentica le radici. Nel centenario dei Giochi Olimpici Moderni, nel 1996, è partito da Atene, culla della civiltà, rilanciando, dopo 28 secoli, quel grande messaggio di pace.
Più che una corsa, il Giro è l’Italia. È un sensore che la percorre. È un drone che la filma. È un messaggero della civiltà della salute. Ne difende la natura e la bellezza. Come l’Italia non ha padroni. È di tutti.
Claudio Gregori