Risalire la china quando si è toccato il fondo è un po’ meno difficile. Ma quando è successo nell’ultima gara dei Campionati Mondiali Juniores che si sono conclusi a Tampere (Fin) è stato davvero stupefacente. Certo, ci ha aiutato un cambio sbagliato dei quattro statunitensi, ma questo fatto nulla leva all’impresa dei giovani italiani. Saremmo comunque stati sul podio e pure un argento avrebbe rappresentato un grandissimo risultato per un’atletica come quella italiana che da troppi anni è assente dalla pista. Sì, marcia, maratona, qualche salto, ma sull’anello gommoso da troppo tempo eravamo solo spettatori.
Il fatto curioso è che la specialità in cui siamo tornati a primeggiare da sempre in questa disciplina rappresenta la sintesi della potenza di un movimento. Per quanto ci riguarda non è vero. Questa è una medaglia d’oro è solo la sintesi del grande lavoro che viene svolto ancora in piccole isole sul territorio, in società dove il denaro è sempre scarso o nullo ma dove governa la passione. Passione di allenatori che continuano a studiare e a confrontarsi per crescere la loro cultura e assistere al meglio i loro allievi; passione di dirigenti che pur fra mille difficoltà sanno tirare avanti e infondere nel gruppo la giusta mentalità. Passione di ragazzi che controcorrente sanno amare la fatica e lavorare inseguendo il sogno di entrare in quell’Olimpo che per ora possono solo ammirare alla televisione (quando l’atletica si vede…). E merito anche di quello Stefano Baldini, già oro olimpico della maratona ad Atene 2004, che nel ruolo di responsabile delle squadre azzurre sino ai 24 anni, oltre alla passione è riuscito a trasmettere tutto il rigore e la serietà con cui ha vissuto da atleta.
Non per niente gli inglesi avevano battezzato i 400 metri, il giro di pista, “the killer event”, la gara che uccide. Perché dopo i primi 200 metri l’acido lattico ti sale agli occhi, quando entri sul rettilineo finale il traguardo sembra allontanarsi invece di venirti incontro. Alla fine tante volte ti assale un terribile cerchio alla testa figlio della fatica. Insomma, una gara durissima.
Ai Mondiali Juniores è il quinto oro per il nostro Paese in 17 edizioni. In precedenza se l’erano messo al collo Ashraf Saber nei 400 hs nel 1992, Andrew Howe in 200 e lungo nel 1994 e Alessia Trost nell’alto nel 2012. I campioni di oggi sono Klaudio Gjetja, ragazzo di origini albanesi che ha corso la prima frazione, Andrea Romani, Alessandro Sibilio ed Edoardo Scotti. Hanno dominato la finale in 3’04”05, naturalmente record italiano di categoria. Ma a loro va aggiunto Lorenzo Benati, romano di origini emiliane ancora allievo, protagonista nella batteria che ci ha qualificati in modo sontuoso per la finale. E proprio l’esclusione di quest’ultimo dalla gara decisiva pareva un azzardo dopo la semifinale. Ma tutti e quattro i ragazzi schierati hanno risposto al meglio dando il massimo e forse qualcosa di più. Una grande prestazione non solo muscolare, ma soprattutto caratteriale, quel non aver paura di alcuno che da troppo tempo non si leggeva più negli occhi di chi veste la maglia azzurra. Ed è incredibile pensare che in un atletica povera come quella italiana in una specialità tanto complessa come la staffetta del miglio ci siano in questo momento problemi di abbondanza e di scelta.
E questo risultato d’oro è pure di buon auspicio verso i Campionati Europei assoluti di agosto a Berlino, dove in questa specialità presenteremo per la prima volta un quartetto composto da atleti capaci tutti di correre il giro di pista sotto i 46 secondi.
Adesso il compito di allenatori e dirigenti è proteggere e plasmare questi nuovi ragazzi d’oro. Il salto nella categoria assoluta è vicino e durissimo, troppi ne abbiamo persi per strada. Dei loro predecessori su questo grandino del podio solo Andrew Howe ha vinto qualcosa di importante (oro europeo e argento mondiale del lungo) prima di perdersi in un gorgo di infortuni forse evitabili. Saber e la Trost invece sono rimasti agli allori giovanili. Adesso non accontentiamoci e non lasciamo che si accontentino.
Pierangelo Molinaro