I Mondiali di nuoto a Budapest non si sono disputati solamente in vasca. Ci sono altri tipi di gare che si svolgono fuori, in molti casi in maniera virtuale, con sfide immaginate e paragoni che sfidano il tempo. Dalla gara dei 200 metri donne è venuto lo spunto per una ipotetica nuova medaglia di Federica Pellegrini. E grazie a una coincidenza fra la gara degli 800 e un compleanno particolare è spuntata dal passato un’altra campionessa che non può essere dimenticata, Alessia Filippi. Vediamo cosa è successo.
IL FANTASMA DELLA DIVINA
Il ritiro, dopo l’Olimpiade di Tokyo, non ha messo in disparte Federica Pellegrini, che continua ad avere spazio nelle cronache. Che una campionessa come lei sia ricordata e ancora considerata nei commenti è un fatto normale, visto che tanti anni di gare e record non si annullano in pochi mesi e nemmeno in anni. Quello che non è normale, però, è il voler attribuirle ancora qualche possibilità di medaglie se avesse continuato a gareggiare. Ed è più grave che sia lei stessa a prospettare questa idea, sia pure solo come ipotesi lontana. Tutto nasce dal risultato della sua gara, i 200 metri. Col tempo ottenuto l’anno scorso in finale a Tokyo, 1’55”91, Pellegrini sarebbe stata terza ai Mondiali di Budapest. E così si sono sprecati i rimpianti. Ma un minimo di realismo è necessario in queste situazioni, altrimenti si rischia di trasformare alcuni atleti in supereroi dei fumetti, staccandosi completamente dalla realtà. E allora, per ricondurre tutto in termini concreti, bisogna dire due cose fondamentali. La prima: come si può ipotizzare che la Pellegrini sarebbe stata in grado almeno di ripetere l’1’55”91 del 2021, con un anno in più nel fisico, considerata soprattutto la fatica con la quale arrivò in finale (15ma nelle batterie, rischiando l’eliminazione immediata; 7ma in semifinale)? Ma anche ammettendo che ne sarebbe stata capace, il fatto più importante è che a Budapest mancavano le più forti, a cominciare dall’australiana Titmus, oro a Tokyo su 200 e 400 e già due volte vicinissima a battere il mondiale della Pellegrini sui 200, per passare alla Haughey, di Hong Kong, argento a Tokyo, alla canadese Oleksiak, bronzo a Tokyo, presente a Budapest ma squalificata in semifinale, e alla stessa Ledecky, non iscritta sui 200 a Budapest, sicuramente in fase calante su questa distanza ma ancora in grado di tempi sull’1’55” basso, come dimostrato nella staffetta 4×200 con 1’53”67 lanciato in finale, il miglior tempo fra tutte le finaliste. Insomma, un minimo di serietà quando si va ad analizzare la situazione, perché se vogliamo portare all’estremo il paradosso potremmo dire che la Pellegrini, se nessuna si fosse iscritta ai 200, avrebbe vinto l’oro!
L’IMPRESA IMMAGINARIA
Purtroppo, quando si parla della Pellegrini si perde qualsiasi misura e si esaltano risultati che non hanno un riscontro assoluto. L’esempio più clamoroso è quello degli Europei 2014 a Berlino, nella staffetta 4×200 vinta dall’Italia sulla Svezia, con grande rimonta di Federica nell’ultima frazione sulla svedese Gardell, partita con un vantaggio di 4”51. Pellegrini fa un tempo migliore di 5”01 rispetto alla svedese e porta alla vittoria l’Italia. Sicuramente la rimonta è spettacolare ed entusiasmante, viene celebrata con toni da leggenda, ma il significato tecnico è profondamente diverso. Quella della Pellegrini non è un’impresa, è semplicemente una buona prova, non certo eccezionale, si tratta solo del crollo della svedese, nemmeno sorprendente vista la sua scarsa qualità. E infatti, proviamo a vedere cosa succede davvero. La Gardell fa un tempo di 2’01”51, il peggiore fra tutte le finaliste a eccezione delle quattro svizzere, di caratura decisamente inferiore. Per il resto, la svedese fa un tempo più alto di circa un secondo e mezzo rispetto alla peggiore delle altre finaliste. Il discorso sulla Gardell, comunque, sarebbe ininfluente se il tempo della Pellegrini fosse di livello superiore. Ma non è così. Federica corre la sua frazione in 1’56”50, un tempo lanciato che non ha alcunché di speciale, anzi, è di medio-basso livello: a Kazan 2015, nella finale della staffetta, fa 1’54”73 in ultima frazione, argento per l’Italia, giusto per avere il riferimento reale. Ma il punto essenziale è ancora un altro. Quello della Pellegrini è stato il miglior tempo fra le finaliste? E anche qui il riscontro è impietoso. Intanto, non è nemmeno il secondo miglior tempo, ma addirittura il terzo, alle spalle della francese Balmy che in terza frazione fa 1’56”28, quindi 22 centesimi meglio di Federica. Ma quando si va a vedere qual è il miglior tempo si capisce di quanto sia inappropriata la celebrazione della cosiddetta “impresa”: lo fa la svedese Sjostrom, in terza frazione, 1’53”64! Quindi, cerchiamo di capirci bene, la Sjostrom è più veloce della Pellegrini di ben 2”86, quasi tre secondi in 200 metri, un abisso. E il bello è che qualcuno arriva a scrivere che la Sjostrom ha deciso di gareggiare in terza frazione, anziché in ultima, perché “ha paura del confronto con la Pellegrini”. Ma di cosa stiamo parlando? Ma davvero il desiderio di osannare qualcuno, che pure ha i suoi indiscutibili meriti, porta a staccarsi completamente dalla realtà e a inventarsi un mondo inesistente? Purtroppo, visto l’andazzo, la sensazione è che a ogni gara si continuerà a ipotizzare cosa avrebbe fatto la Pellegrini, anche quando avrà 40 anni. Non è una cosa seria.
COME NOVELLA
L’anticipo della data dei Mondiali, che in genere si svolgono a fine luglio, ha causato una particolare coincidenza: durante il loro svolgimento, il 23 giugno, Alessia Filippi ha festeggiato il 35mo compleanno. Proprio in questo giorno ci sono le batterie degli 800, gara in cui la Filippi ha vinto l’argento olimpico a Pechino 2008 e il bronzo mondiale a Roma 2009, oltre all’oro europeo a Eindhoven 2008. E, accanto a questi risultati, quelli sui 1500 aggiungono prestigio, con l’oro mondiale e annesso record europeo a Roma 2009. Non è solo il ricordo di quelle medaglie a far tornare alla mente una campionessa fra le più grandi del nuoto italiano, ma anche l’attualità delle sue prestazioni che la portarono ai massimi livelli mondiali. Con il suo record sugli 800, 8’17”21, a Budapest sarebbe seconda dietro la Ledecky; e con quello sui 1500, 15’44”93, sarebbe terza dietro la stessa Ledecky e l’altra statunitense Grimes.
Ma pensare solo ai suoi risultati sulle lunghe distanze è riduttivo rispetto alla sua bravura e alla sua versatilità che la pongono, sul piano tecnico, sullo stesso piano di un’altra grande campionessa, Novella Calligaris, e davanti alla stessa Federica Pellegrini, quest’ultima da record per medaglie e primati mondiali, ma meno completa delle altre due. Già avevo ricordato la superiorità tecnica della Calligaris che spaziava dalle brevi alle lunghe distanze nello stile libero (oro e record mondiale sugli 800 nella prima edizione dei Mondiali, argento e bronzi olimpici su 400 e 800) per emergere anche nei misti, con bronzo olimpico nei 400. Per la Filippi il discorso è simile, con l’aggiunta del dorso, specialità in cui è stata una delle più eleganti interpreti di sempre. Per avere un’idea dello stupore suscitato da questa ragazza che, a 15 anni, già sale sul podio agli Assoluti Estivi 2002, col bronzo nei 400 misti, basti ricordare il suo lancio mondiale, nel 2005, ai Giochi del Mediterraneo ad Almeria, in Spagna. Nei 400 misti stabilisce il nuovo record italiano in 4’40”61, che supera di oltre 5 secondi quello ottenuto da Federica Biscia alle Universiadi 2001 a Pechino in 4’45”85. Non è solo il progresso cronometrico a impressionare, ma il fatto che questo tempo è fra i primi sia nella graduatoria mondiale stagionale, sia in quella di sempre. In questa manifestazione Alessia Filippi vince l’oro anche nei 200 dorso e 3 bronzi nei 200 misti e in due staffette, imponendosi all’attenzione globale. Di qui un periodo magico con vittorie in serie in tutte le specialità, misti, dorso e stile libero, fra Olimpiadi, Mondiali ed Europei in vasca lunga e corta, Giochi del Mediterraneo, che culmina con le medaglie a Pechino 2008 e Roma 2009.
LA STELLA CHE BRILLA ANCORA
Non sono soltanto le medaglie, però, a stabilire la statura di campionessa di Alessia Filippi. Di pari livello, oseremmo dire olimpico e mondiale, sono la sua umanità, la personalità, la disponibilità verso le compagne di squadra e tutti gli addetti ai lavori, dai tecnici ai giornalisti, la sua semplicità e la sua voglia di scherzare, insomma, la sua gioia di vivere. Anche nei momenti più duri, lei è pronta a sorridere, a rispondere alle domande, pure quelle più difficili, a dare spunti interessanti con le sue risposte. Peccato che questa umana gentilezza non abbia avuto, nel difficile finale di carriera e subito dopo, una risposta altrettanto garbata. Purtroppo, gli ultimi tempi sono stati duri, fra infortuni e qualche incomprensione con lo staff tecnico, tanto che, dopo aver sfiorato il tempo di qualificazione a Londra 2012 sugli 800, ci va per gareggiare solo sui 200 dorso, ma ormai i problemi fisici non risolti hanno pregiudicato le sue possibilità, dopo l’estate, a 25 anni, si ritira. La sua carriera a livello mondiale è durata in pratica solo 5 anni, ma in questo tempo si sono concentrati grandi risultati, medaglie, record, magie irripetibili, un periodo, come direbbe Antonello Venditti, “troppo breve da dimenticare”. E infatti, chi ama veramente il nuoto non può dimenticarlo, non può dimenticare Alessia Filippi, una stella che non smetterà mai di brillare.