Ogni atto è un’opera d’arte a se stante, una storia nuova, una gemma da consegnare ai posteri e da inserire nel diadema della rivalità più bella dello sport in assoluto. Anche questa puntata della saga “Fedal”, la numero 38 della storia infinita fra Roger Federer e Rafa Nadal, che decide la finale del Masters 1000 di Shanghai, sarà perciò unica, e pregna di significati. I numeri sono per lo spagnolo che s’è imposto 23 volte contro 14, a riprova di una indiscutibile superiorità sul piano tattico e mentale, anche se pure i tifosi del mancino di Maiorca riconoscono che, sul piano della purezza dello stile e l’inventiva, la bilancia pende dalla parte del Fenomeno. Il quale, nell’incredibile testa a testa, ancora guida la classifica degli Slam di tutti i tempi con 19 titoli contro 16 e mai come quest’anno ha sconfitto il campione di Spagna tante volte e in tornei così importante, superandolo agli Australian Open, Indian Wells e Miami, potendo vantare addirittura gli ultimi quattro successi di fila contro il rivale, partendo da quello di Basilea 2015, ed un’imbattibilità che dura addirittura da quasi quattro anni (semifinali Australian Open 2014). Non è poco per King Roger che, nel tempo, ha anche perso contro il Maciste di Maiorca ancor prima di scendere in campo, incapace di contrastare, di testa, i problemi che gli vengono immancabilmente proposti di fisico, tecnica e resistenza dal portentoso avversario.
Arrivando a fine stagione, dopo il riposino post-Us Open e sul cemento asiatico non è tanto sorprendente se questo Masters 1000 è uno dei pochissimi grandi tornei a mancare nella collezione di Nadal, che ha timbrato tutte le edizioni dell’appuntamento, meno quella del 2012, ma era arrivato in finale solo nel 2009, superato da Davydenko. Stavolta, Rafa, sull’onda del successo di Pechino, imbattuto da 16 partite, 65 quest’anno – record -, ci arriva meglio che mai arriva, da favorito contro Federer. Per lui è la finale Atp numero 111 in carriera (75 trionfi), addirittura la numero 10 stagionale, dopo le affermazioni di Monte-Carlo, Barcellona, Madrid, Roland Garros, Us Open e Pechino, e le sconfitte sotto il traguardo di Australian Open, Indian Wells ed Acapulco (con Querrey). Statistiche schiaccianti per chi ha riconquistato a sorpresa il numero 1 del mondo ed è favorito a rimanere sul trono fino al termine del 2017, firmando un ulteriore, incredibile, risultato, un anno dopo l’ennesimo infortunio, e stop.
A Shanghai, Federer vanta un curriculum molto migliore, col titolo nel 2014 (finale contro Simon) e la finale 2010 (ko contro Murray). Per lui sarà la finale numero 143 (93 successi, l’ultimo a Wimbledon), la numero 7 di una stagione, comunque memorabile anche per lo svizzero delle meraviglie, dopo essersi diviso gli Slam con Rafa (Roland Garros e Us Open allo spagnolo, Australian Open e Wimbledon allo svizzero), ed aver rilanciato una rivalità al vertice che sembrava chiusa, a 36 anni.
D’accordo, questi sono i numeri, impressionanti e perciò inevitabili. Ma ci sono poi i dettagli che sono pure importantissimi e che faranno la differenza nella finale in Cina, come sempre fra due campioni così vicini da diventare persino amici. Come comincerà la partita Roger? Funzionerà il suo servizio? Riuscirà a tirare il rovescio senza farsi inchiodare sulla diagonale da incubo dettata dal poderoso top di dritto di Rafa? E riuscirà da parte sua lo spagnolo ad imporre il proprio ritmo, togliendo l’iniziativa allo svizzero, costringendolo in difesa, obbligandolo a giocare sempre una palla di più, e quindi stancandolo e avvilendolo?
La superficie favorisce Federer, Nadal sta attraversando un periodo di forma davvero eccezionale. La sensazione, visti gli ultimi match e le difficoltà di Rafa nel superare Dimitrov, “baby Federer”, è che Roger ce la farà ancora. Ma i pronostici non li sbaglia solo chi non li fa. E poi c’è quella foto dei due rivali storici che si abbracciano da alleati alla Laver Cup che rimette in discussione ancora una volta tutto: chi dei due riuscirà a mettere da parte anche le esibizioni programmate insieme, le confessioni dell’anno scorso all’apertura della Accademia di Maiorca, i complimenti reciproci, la stima, anche l’affetto dimostrata quando tutti e due hanno sofferto lunghe assenze per infortuni?
Vincenzo Martucci