Aleix Espargaró, classe 1989, catalano, ha vissuto più della metà della vita nel paddock del Motomondiale. “Sono arrivato qui a 15 anni con una wild card per Valencia e il tempo è volato. Anche perché è servito a realizzare il sogno di quando ero piccolo: correre nella MotoGP. Non solo, dal 2015 sono pilota di un team ufficiale (biennio in Suzuki e poi in Aprilia, almeno fino all’anno prossimo, ndr)” racconta nell’hospitality della casa costruttrice di Noale.
A 30 anni, il bilancio della tua carriera è positivo o negativo?
“Se valuto nel complesso, sono soddisfatto; se guardo i risultati recenti, meno. Però, conto sulla prossima stagione per togliermi le soddisfazioni che mi mancano. La Rs-GP 2020 avrà un motore nuovo, l’elettronica sarà differente di gara in gara e anche l’elettronica cambierà. Oggi il massimo a cui possiamo puntare è entrare nella top ten: l’anno prossimo spero di lottare sempre per il podio”.
Enzo Ferrari sosteneva che un pilota perde un secondo a ogni figlio che nasce. Sei diventato papà di due gemelli nel 2018: che ne pensi?
“Non sono d’accordo. Da quando sono nati Max e Mia, guido meglio. Perché guido bene quando sono felice e tranquillo e niente mi dà più gioia e pace dei miei bambini. Pensa che sono andato particolarmente forte proprio nei circuiti in cui mi hanno raggiunto. Peccato siano venuti solo a qualche tappa, organizzarsi con due piccoli è un’impresa, ma ho già sostituito il vecchio motorhome con uno nuovo apposta per loro: adesso hanno una stanza indipendente”.
Ti assomiglia più Mia o Max, di carattere?
“Entrambi sono un mix di me e mia moglie Laura. Mia, però, ha qualcosa in più di me: è più nervosa e si muove un sacco. Max, invece, è bello calmo”.
Mia ha subìto un intervento al cuore appena nata e un altro a inizio 2019: come sta?
“Bene. Dopo dieci giorni di terapia intensiva, aveva una vitalità incredibile: ci ha dato una grande lezione di coraggio e forza. La preoccupazione resta, perché sarà sottoposta a continui controlli fino a che non sarà trascorso un anno, ma le parole del medico sono confortanti. ‘Se mangia, dorme, ride, gioca e ha un bel colorito, significa che tutto procede nel migliore dei modi’, ci ha detto. Così è: Mia è vivace e allegra, ha un’energia impressionante”.
Ti aspettavi che fosse così essere padre?
“Mi ero fatto un’idea. Be’, è tutta un’altra cosa. Bellissima e, insieme, tostissima: i bambini dipendono completamente da te e richiedono il tuo aiuto giorno e notte. Tranne quando dormono: per fortuna i miei si addormentano alle 20 e si svegliano alle 8. Ho un’ammirazione esagerata per Laura: io tutte le mattina esco di casa prima delle 9 per allenarmi e sto fuori almeno 5 ore, tra bici e palestra. Senza dimenticare che mi assento spesso per Gran Premi e test. Lei è impegnata senza sosta con pappe e pannolini: è un carico di lavoro enorme che, moltiplicato per due, diventa eccezionale. Dubito che riuscirei a sostituirla”.
Una cosa in particolare che ti piace fare con i bambini?
“Dare il buongiorno: quando li vedo la mattina, provo un’emozione che non ha paragoni. È non potresti comprare nemmeno per tutto l’oro del mondo”.
È più difficile fare il best lap o il bagnetto ai tuoi figli?
“Il best lap, senza dubbio. Con Mia e Max me la cavo bene, mi viene naturale. Immagino perché adoro i bambini in generale e mi piace da matti prendermene cura: preparo i pasti, li cambio, li cullo per ore”.
Il primo insegnamento che darai loro quale sarà?
“Rispettare gli altri e condividere. Compro sempre due giochi diversi, così imparano a scambiarseli: niente è di proprietà di uno, tutto è in comune”.
Che voto dai a zio Pol (suo fratello e avversario nel team REd Bull KTM Factory Racing, ndr)?
“Dieci. All’inizio aveva paura che cadessero e non li prendeva in braccio. Ora non si stacca più dai nipotini: abita a 100 mt da casa nostra, ad Andorra, e passa tutti i giorni o quasi tutti per spupazzarseli un po’”.
A proposito di Pol: ti piacerebbe correre nella stessa scuderia?
“No. Abbiamo un rapporto straordinario: siamo migliori amici, non solo fratelli. Non vorrei che la competitività, già altissima, ci rovinasse l’esistenza”.
Compi gli anni il 30 luglio, lo stesso giorno di Nicky Hayden, scomparso nel 2017 a casua di un incidente in bicicletta poco lontano dal circuito di Misano Adriatco. Conservi qualche ricordo di lui?
“Tanti, ma quello che tengo nel cuore risale alla stagione del mio debutto nel Motomondiale. Intendo nel 2005, quando parecipavo all’intero campionato 125, nel team Seedorf RC3. Lui era un pilota ufficiale della scuderia Repsol Honda e al Sachesenring, alcuni giornalisti spagnoli mi portarono a conoscerlo davanti a suo box proprio la sera del nostro compleanno. La foto meravigliosa di quell’incontro indimenticabile l’ho a casa e la guardo spesso”.
*Credito Foto: Dario Aio