Sorpresa. Come il sole dopo la neve a Milano, in questo nostro mondo così svalutato, succede che un personaggio come Davide Oldani ti richiami al telefono per rispettare la promessa dell’intervista fissata sabato mattina. Succede che ti avvinca coi suoi sani principi, e la sua visione dello sport e della vita. Succede che ti lasci con un sorriso.
Signor Oldani, lei ha detto: “Mi piace Baggio perché al di là delle qualità come calciatore, ha saputo collegare la testa ai piedi”. Che voleva dire?
“Io sono interista, ma davanti a un personaggio così, metti tranquillamente la persona davanti al campione, alla maglia e ai colori. L’uomo ha reagito nel momento più difficile, davanti a quel grave infortunio. Cosa che io invece non ho saputo fare”.
Anche lei è stato calciatore, da ragazzo, si è rotto tibia e perone, e ha lasciato il calcio.
“Non ho avuto l’intelligenza di Baggio, e non sono stato baciato da Dio come lui. Eppoi ho la testa dura, e mi sono rimesso in gioco altrove. Ho preferito chiudere una porta ed aprirne completamente un’altra”.
Ha anche detto: “Non sono un grande chef, ma sono un grande allenatore”. Una dichiarazione insolita in questa società.
“Siamo tutti cuochi e pochi sono chef, perché arrivi ad essere capo con una grande esperienza. Ci vogliono anni, ci vuole la capacità di diventare un esempio, l’allenatore-calciatore, com’era Gianluca Vialli nel Chelsea”.
Nel giornalismo ci vuole passione e curiosità e in cucina?
“Armonia ed esattezza. Sono elementi che ho attinto dalle “Lezioni americane” di Italo Calvino, un libro che mi ha molto colpito”.
Oldani ha lasciato il pallone e ha adottato la bicicletta.
“Nella vita di evolvi, nel processo degli anni ti adegui alle necessità e alle caratteristiche dell’età. E quindi, a 52 anni, faccio un’attività molto leggera. Che però unisce al movimento la riflessione: in bici, la testa va, spazia, mentre il corpo si applica sui pedali”.
Però, su un’isola deserta ha detto che porterebbe ancora il pallone da calcio.
“Come il basket, il calcio è uno sport nato per strada, per distrarsi, una cosa da ragazzi, col maglione per terra come palo della porta. Ma su un’isola asfaltata porterei la bici”.
Fra le sue passioni c’è anche il tennis, è c’è il fenomenale spot pubblicitario insieme a Roger Federer (foto in alto tratta da www.tennisworlditalia.com
“La sensazione che mi porto dietro dall’incontro con un mito vivente come lui è il rispetto per i propri ruoli. Sono rimasto affascinato dal personaggio”.
Sul campo, lei è più Roger o più Rafa?
“Senza nemmeno arrischiare un paragone col grande rivale di Federer, sono sicuramente un tennista meno elegante e più scomposto. Alla Bjorn Borg. Un personaggio che mi ha molto colpito per la sua determinazione, per come ha deciso, già a 14 anni, di non distrarsi più ed è andato avanti così fino alla fine”.
Quanto talento ha Davide Oldani in cucina?
“In percentuale, il 5%, il resto, il 95%, è applicazione. Non sono Messi che a 2 anni palleggia con l’arancia. La professione è un’altra cosa. Nella vita normale è l’applicazione che fa la differenza”.
Il successo è una doppia soddisfazione per chi, come Oldani, si autodefinisce “un paesano”.
“Come la cucina pop, il termine con cui ho definito la mia cucina, può sembrare una parola “low cost”. Invece equivale a democratica. Non è negativo, anzi. Come paesano: non suona bene, ma fotografa la mia cultura, la crescita che ho saputo fare”.
Nella società dell’apparire, è difficile trovare qualcuno che dica di sé: “Sono amaro”.
“Non sono diplomatico, dico quello che penso, dicendomi amaro, riconosco la mia parte debole. Sono un po’ chiuso, introverso, ho difficoltà nell’approcciarmi alle persone e fidarmi: ci metto un po’, perché ho sempre un po’ di paura di essere fregato. Ho cura di me, mi difendo”.
Con sua figlia sarà meno amaro e più sportivo.
“Camilla Maria ha cinque anni, sembra che le piaccia il tennis, a me interessa soprattutto che abbia un’impostazione sportiva”.
L’applicazione può attendere.