Ascolta la nuova puntata del podcast “Distinti Saluti”: https://open.spotify.com/episode/1Y5EED6vqSVRrsxe2h46hz?si=KgA3T8d0QNO3GZWOlIpiaw
La notte del 16 gennaio 1991 il cielo di Baghdad è illuminato da strani bagliori. Non si tratta delle celebri stelle che per secoli hanno orientato carovanieri ed esploratori alla caccia della perla del deserto voluta da califfo al-Manṣūr, profeticamente chiamata la “Città della Pace”. Quelle strane strisce verdi non presagiscono nulla di buono e lo capiscono immediatamente i corrispondenti della CNN che, sentendo i boati in lontananza avvisano New York: gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, è iniziata l’Operazione Desert Storm.
E’ un punto di non ritorno per il mondo intero che, per la prima volta nella sua storia millenaria, vive con il cuore in gola la prima guerra in diretta televisiva, annunciata nella seconda serata italiana dal grido concitato di Silvia Kramar accompagnato da un disorientato Emilio Fede alla guida dell’edizione straordinaria di Studio Aperto. Quell’ “Hanno attaccato, hanno attaccato” inizia a rimbalzare nella mente di milioni di italiani che la mattina successiva si svegliano con il terrore di rivivere l’incubo vissuto cinquant’anni prima da genitori e nonni con l’unica differenza che questa volta il pericolo atomico è concreto.
Mentre il mondo cade nel panico, a Napoli tutto sembra tranquillo, forse troppo. Allo Stadio San Paolo sta per andare in scena la sfida fra la Nazionale di Lega della Serie A e i migliori talenti della First Division inglese. Il buon senso potrebbe far pensare a un rinvio, ma di fronte allo spettacolo del calcio chiunque deve inchinarsi, compreso Sadam Hussein e i suoi missili.
Da una parte Marco Van Basten, Lotthar Matthaus e Careca, dall’altra John Barnes, Ian Rush, Glenn Hysen, Steve McMahon e Anders Limpar, una nazione intera attende tentativo di riproporre un’iniziativa nata all’inizio degli Anni Sessanta con l’intento di riunire i migliori giocatori del “campionato più bello del mondo”. L’Italia è stata esclusa precocemente dai Mondiali 1958, motivo per cui è necessario tenere buoni i tifosi con un po’ di “panem et circenses” in perfetto stile romano.
Si parte nel 1960 e si va avanti per oltre un decennio, sino al 1972 quando, nell’indifferenza totale, arriva il momento di dire basta. La Nazionale di Lega della Serie A finisce negli archivi della FIGC per quasi due decenni quando nel 1988 la compagine torna a riunirsi. In panchina siede Arrigo Sacchi, in attacco sono presenti Lothar Matthaus e Diego Armando Maradona, tuttavia ciò non basta per attirare l’attenzione del grande pubblico. Le casse di San Siro piangono, soltanto 5.464 spettatori hanno risposto al richiamo del grande calcio e questo basta per far desistere gli organizzatori.
A tutti bisogna dare un’ultima possibilità così si decide di organizzare una sfida con i fuoriclasse del campionato inglese. Il rischio di un attacco nucleare è elevato, ma si decide di giocare comunque così Alberto Bigon si ritrova a disposizione per la prima e l’ultima volta fenomeni come Van Basten e Careca. Manca Diego Armando Maradona, ma il rapporto con il Napoli è giunto ormai al capolinea per cui la sua presenza nell’impianto di Fuorigrotta è da escludere.
Davanti a un San Paolo ancora una volta semi-deserto con soli quindicimila spettatori, la Lega della Serie A cancella gli storici avversari britannici vincendo per 3-0 grazie alle reti di Careca e Van Basten nel primo tempo e di un giovanissimo argentino del Pisa di nome Diego Simeone nella ripresa.
In un clima surreale, l’Italia infligge una sonora lezione ai maestri del calcio inglesi facendo però calare definitivamente il sipario su un’idea sì suggestiva, ma che non ha mai stuzzicato gli amanti del pallone, quasi a voler ricordare come l’equazione grande calcio uguale grande pubblico non sia in realtà applicabile.
Nelle ore successive si continuerà a pensare al Medio Oriente, alla sorte di Gianmarco Bellini e Maurizio Cocciolone, piloti dell’Aeronautica militare caduti prigionieri degli iracheni la notte successiva e liberati solo 47 giorni dopo subendo torture e pestaggi. I bombardamenti continueranno così come il timore di un attacco nucleare, tuttavia ciò che non si dimenticherà mai è la vittoria del calcio sugli orrori della guerra.