Con l’avvicinarsi dell’Olimpiade di Parigi 2024 si ripropone il problema della partecipazione degli atleti russi e bielorussi alle gare che servono da qualificazione per i Giochi. E la situazione diventa sempre più paradossale, fra timidi passi avanti del Comitato Olimpico Internazionale e resistenze di Federazioni e Governi. Ultimo caso, fra i tanti, i Mondiali di scherma che si giocheranno in Italia. La Federazione internazionale scherma ha autorizzato la partecipazione di Russia e Bielorussia, ma gli atleti di queste due nazioni potrebbero essere bloccati dal rifiuto del Governo italiano a concedere loro il visto di ingresso.
LE FALSE ESCLUSIONI
Ma proviamo a vedere meglio cosa succede nel quadro totale. Quindi, russi e bielorussi, sia pure con le eccezioni di Federazioni come Tennis, Boxe e Scherma, fuori dallo sport internazionale. Ma siamo davvero sicuri che sia così? O anche questa rappresentazione è un’altra presa in giro? Sul fatto che gli atleti di queste due nazioni siano esclusi dalle gare non c’è dubbio, questo è chiaro, ma i dubbi, fortissimi, vengono fuori quando si va a esaminare meglio la situazione.
Un esempio clamoroso è arrivato recentemente dal Pattinaggio artistico su ghiaccio, in particolar modo in occasione dei Mondiali 2023 che si sono tenuti in Giappone, a Saitama, periferia di Tokyo. Già avevo fatto notare che erano presenti ben 24 atleti russi in rappresentanza di altre nazioni, ma può essere considerato normale, visto che questi pattinatori hanno preso una diversa cittadinanza, anche se rimane l’ipocrisia di fondo. Il fatto clamoroso è un altro. Ai Mondiali di Saitama, ben inquadrati dalla Tv, accanto ai pattinatori di altre nazioni nel momento dell’annuncio dei punteggi delle giurie, seduti nel “kiss and cry”, c’erano russi “ufficiali”: gli allenatori!
I RUSSI AUTORIZZATI
A fare da “madrina” era l’allenatrice più famosa e più discussa, Eteri Tutberidze, inquadrata in primo piano accanto a due atleti della Georgia (quello “vero” Egadze e quello russo naturalizzato georgiano Kvitelashvili) e, udite udite, l’italiano Daniel Grassl, che già era stato incredibilmente criticato per aver scelto di farsi allenare da lei. La Tutberidze era ed è al centro delle polemiche per i suoi durissimi metodi, in particolare con le ragazze che dominano la scena mondiale, e soprattutto per la vicenda di Kamila Valieva, sua atleta, accusata di doping durante l’Olimpiade invernale di Pechino 2022 e attualmente in attesa di una decisione del Tas (il Tribunale di arbitrato dello sport, in Svizzera) contro la squalifica richiesta da Cio e Federazione ghiaccio.
Per capire meglio il quadro globale, ecco l’elenco degli allenatori russi presenti ai Mondiali 2023 di Saitama. Sono 12, qui suddivisi in ognuna delle quattro specialità del pattinaggio artistico su ghiaccio e con i nomi degli atleti da loro seguiti.
UOMINI
Eteri Tutberidze: Daniel Grassl (Italia); Morisi Kvitelashvili (Georgia); Nika Egadze (Georgia).
Viktoria Butsaeva Volchkova: Vladimir Likintsev (Azerbaijan).
Aleksei Urmanov: Mikhail Shaidirov (Kazakistan).
Vladimir Dvojnikov: Adam Hagara (Slovacchia).
DONNE
Evgeni Rukavitsin: Anastasia Gubanova (Georgia).
COPPIE
Dmitri Savin: Pavlova/Sviatchenko (Ungheria); McIntosh/Mimor (Canada);
Danilova/Tsiba (Olanda).
Evgeni Rukavitsin con Marina Zueva: Gomez/Korovin (Filippine).
DANZA
Marina Zueva e Ilia Tkachenko: Muramoto/Takahashi (Giappone);
Carhart/Kolososkyi (Azerbaijan).
Rostilav Sinicyn e Natalia Karamyseva (sposati): Van Rensburg/Steffan (Germania).
Irina Zhuk e Alexander Svinin (sposati): Ignateva (Russia)/Szemko (Ucraina)
(Ungheria).
Ora, oltre a far notare il fatto significativo di una atleta russa, Mariia Ignateva, e un ucraino, Danijil Szemko, in coppia nella Danza con la bandiera dell’Ungheria, si pone la domanda fondamentale: gli atleti russi non possono partecipare alle gare, ma gli allenatori russi sì? In quale perverso gioco di ipocrisia mondiale è finito lo sport? I dirigenti del Cio e delle Federazioni mondiali sono in grado di spiegare con un minimo di decenza questa assurdità?
LE PUNIZIONI “FACILI”
Se il senso (ammesso e non concesso che ci possa essere un senso) del blocco a russi e bielorussi è quello di condanna della guerra lanciata dalla Russia contro l’Ucraina, beh, dovrebbe essere rivolto a tutti i russi e bielorussi, perché avviene solo in pochi e specifici ambiti: sport, spettacolo, cultura? E già qui viene fuori la contraddizione più grande: si agisce nei campi “più facili”, perché non si può impedire l’attività di russi che lavorano in altri Paesi: medici, ingegneri, professori, dirigenti di azienda e via così, perché a queste persone, in caso di licenziamento o qualsiasi altro impedimento alla loro attività, basterebbe rivolgersi a un tribunale per vedere riaffermati i loro diritti. Così, si colpisce chi è più debole: gli sportivi ai quali è impedito di gareggiare, i musicisti che non vengono più invitati ai concerti, gli
scrittori che non possono più partecipare ad alcun evento. Non è un atto di
cosiddetta giustizia, ma soltanto una vendetta vigliacca contro chi non si può
difendere. Ma il tutto diventa ancora più assurdo come nel caso del pattinaggio artistico su ghiaccio, quando, all’interno dell’ambito sportivo, si arriva alla distinzione più stupida e priva di senso: gli atleti no, gli allenatori sì. Ma forse un senso c’è: l’importante è far vedere al mondo intero che si punisce una nazione colpendo i suoi rappresentanti “più visibili” e non preoccupandosi degli altri. Nel caso specifico del pattinaggio su ghiaccio, questa arroganza diventa stupidità assoluta perché il mondo
intero si accorge che non ci sono gli atleti russi, ma che nello stesso momento ci sono gli allenatori russi.
TENNIS E PENSIERO UNICO
Il pensiero unico si estende a tutti gli sport e a tantissimi atleti che dichiarano giusto il blocco di russi e bielorussi. Dal tennis, che come Federazione ha fatto la scelta di non penalizzare chi è innocente delle colpe di Putin, arrivano esempi poco nobili. L’ucraina Svitolina ha chiesto che gli atleti russi, se vogliono partecipare ai tornei, devono prima dichiararsi contro l’invasione russa e prendere le distanze da Putin. Ma qui si passa a un altro livello: sapendo che Putin è un dittatore, che è accusato di aver fatto uccidere giornalisti come Anna Politkovskaja e Pavel Klebnikov, oppositori come Alexander Litvinenko, Sergei Yushenkov, Boris Nemcov e tanti altri, si chiede a chi ha famigliari che vivono in Russia di opporsi pubblicamente a chi può farli uccidere in qualsiasi momento! Ma davvero si può imputare la colpa di non esporsi quando si è sotto ricatto?
Infine, si arriva anche ad analisi storiche senza aver studiato la storia pur di invocare il boicottaggio di qualunque russo e bielorusso, come ha fatto la polacca Iga Swiatek, attuale numero 1 della classifica mondiale, in una intervista alla Gazzetta dello Sport, pubblicata in un magazine speciale dedicato agli Open di Roma. Swiatek è critica contro le associazioni dei giocatori di tennis (Wta per le donne, Atp per gli uomini) che difendono il diritto di russi e bielorussi di partecipare ai tornei e dice: “Nel Dopoguerra ai giocatori tedeschi non era permesso giocare, così come a quelli italiani e giapponesi: penso che una cosa del genere avrebbe fatto capire al governo
russo che forse non ne valeva la pena”.
Prima di passare alla falsità storica, vale la pena considerare come la Swiatek sia convinta che non permettere agli atleti di partecipare alle gare perché la loro nazione ha scatenato una guerra possa convincere il capo di quella nazione a cambiare idea perché fare una guerra “non ne vale la pena”. Ma davvero qualcuno pensa che un dittatore rinunci a una guerra perché poi gli atleti della sua nazione non potranno partecipare alle gare? Siamo decisamente oltre le favole che si raccontano ai bambini.
LA STORIA FALSIFICATA
Ma, al di là delle convinzioni personali, il vero punto debole delle parole della
Swiatek è il riferimento storico. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’unica manifestazione in cui c’è stato un divieto di partecipazione è stata l’Olimpiade di Londra 1948, divieto per Germania e Giappone. Non per l’Italia. L’Italia non ha subito alcun divieto, non solo alle Olimpiadi, ma nemmeno nelle altre più importanti gare dell’epoca, che erano i Campionati europei di atletica e nuoto, visto che i Mondiali di questi sport non esistevano ancora (nel 1983 i primi dell’atletica, nel 1973 i primi del nuoto). L’Italia ha partecipato agli Europei di atletica del 1946 e a quelli di nuoto del 1947, quindi immediatamente dopo la fine della guerra e prima dell’Olimpiade del 1948. Germania e Giappone sono stati esclusi solo dai Giochi del 1948, col Cio che per giustificare la decisione disse che, oltre a non avere un Governo, non avevano un Comitato olimpico nazionale al quale consegnare l’invito a partecipare (stessa motivazione per l’esclusione dell’appena nato Stato di Israele, che in effetti non aveva ancora formato il suo primo Comitato olimpico). Tedeschi e giapponesi sono poi tornati nel 1952 a Helsinki. Sempre per i Giochi del 1948, oltre all’Italia, ebbero il diritto di partecipare anche altri Paesi sconfitti nella guerra: Austria, Bulgaria, Romania e Ungheria (Bulgaria e Romania, per propria decisione, non parteciparono).
E la Germania, come l’Austria, non ha partecipato agli Europei di atletica e nuoto del primo Dopoguerra soprattutto perché erano due nazioni spaccate in più parti sotto il controllo di chi aveva vinto la guerra (Usa, Urss, Francia, Gran Bretagna), per tornarci nell’edizione successiva l’Austria, nella seconda successiva la Germania ma solo come Ovest.
Sarà possibile, un giorno, parlare con cognizione di causa senza reinventare la storia, sarà possibile togliere lo sport da un contesto in cui viene usato come sfogo vendicativo o come esempio dimostrativo “a gratis”? Purtroppo, è difficile pensarlo in un mondo in cui i veri affari si fanno in guerra e lo sport serve solo a lavarsi la coscienza.
(foto tratta da eurosport.it)