La ginnastica artistica è un’altra delle colonne portanti delle Olimpiadi sin dalla prima edizione del 1896 ad Atene. Anzi, fino agli anni Quaranta era considerata più importante del nuoto e alla pari con l’atletica. Era una preferenza dettata anche da un modo di pensare dell’epoca, da una convinzione culturale che poneva la ginnastica alla base dell’attività fisica. Poco alla volta, atletica e nuoto diventarono gli sport olimpici più popolari, ma la ginnastica non perse seguito e popolarità, anzi, evolvendosi sempre più dal punto di vista tecnico e da quello spettacolare, è diventata ancor più amata dal pubblico.
E la passione è stata rinfocolata da campioni e campionesse leggendari, che si sono distinti non solo per le imprese sportive, ma anche per la personalità, per il segno che hanno lasciato nello sport olimpico e nella storia in generale. Il nome più significativo in tal senso è quello di Vera Claslavska, eroina di Messico 1968, il simbolo di una nazione invasa dall’Unione sovietica in quell’anno, schierata a fianco del Movimento democratico del suo Paese contro l’Urss, impedita dai sovietici ad allenarsi con la squadra e perciò ridotta a prepararsi all’Olimpiade di Città del Messico sollevando sacchi di patate nelle foreste della Moravia, per poi vincere 4 ori e 2 argenti ai Giochi. Il valore portentoso di una simile impresa, glorificata da un mondo intero impazzito per Vera Caslavska, basta da solo a mettere la ginnastica artistica sul piedistallo degli sport più grandi, potente luce che illumina l’umanità.
LA STORIA
Si possono individuare tre grandi fasi della storia della ginnastica artistica. La prima arriva fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, con il predominio dei Paesi europei e con l’Italia grande protagonista, 4 ori nel concorso a squadre (1912, 1920, 1924 e 1932) e 4 nell’individuale con Alberto Braglia (1908 e 1912), Giorgio Zampori (1920) e Romeo Neri (1932). La seconda fase parte dal 1952, quando irrompe sulla scena l’Unione sovietica, che resterà la nazione più forte del medagliere come Russia e altre denominazioni (Squadra unificata e Roc), e va avanti con l’arrivo del Giappone nel 1964 fra gli uomini, mentre fra le donne a contrastare l’Urss ecco Cecoslovacchia prima e Romania poi. La terza fase comincia negli anni Novanta, quando fra le grandi potenze si inseriscono Stati Uniti, in particolare fra le donne, e Cina. Poco alla volta il livello più alto viene raggiunto da molte altre nazioni come Gran Bretagna, Germania, Brasile, Olanda, Grecia, Bulgaria, Ucraina. E continua la presenza dell’Italia sul podio in varie fasi, con gli ori di Franco Menichelli, Jury Chechi, Igor Cassina.
LE STELLE PIU’ LUMINOSE
L’elenco di chi ha vinto, entusiasmato e fatto amare la ginnastica è lunghissimo, bisogna necessariamente menzionare solo alcuni dei tanti protagonisti di imprese bellissime, ma volendo restringere il campo ai campioni rimasti nella memoria popolare, anche di chi non segue abitualmente la ginnastica, i nomi sono due, entrambi di donne: la già citata Vera Caslavska e la romena Nadia Comaneci, che stupì tutti a Montreal 1976 ottenendo il primo “10” della storia olimpica nella ginnastica, con l’esercizio alle parallele asimmetriche. Ed è opportuno specificare che fu il primo nelle Olimpiadi, perché prima di quello ce n’erano stati altri due, che quasi nessuno ricorda, ma non ai Giochi, bensì agli Europei 1967, ed entrambi alla stessa atleta, Caslavska. I record e le immagini di queste due campionesse si incrociano e danno un’idea di quanto la ginnastica possa essere bella ed emozionante.
Sulla Caslavska, a quello già detto prima, va aggiunto che è stata la prima in assoluto a prendere il 10 che era il punteggio massimo nel vecchio sistema. Fu agli Europei 1967 ad Amsterdam: nell’esercizio al corpo libero della finale Allround e in quello della finale alla Trave. Tra l’altro, in quella edizione degli Europei, Caslavska vince tutti e 5 gli ori delle prove individuali. Altri numeri fanno capire la grandezza di Caslavska: 7 ori e 4 argenti alle Olimpiadi; 4 ori, 5 argenti e un bronzo ai Mondiali; 11 ori, un argento e un bronzo agli Europei; ginnasta più premiata in una singola Olimpiade, 4 ori e 2 argenti nel ’68; unica ginnasta, fra uomini e donne, ad aver vinto tutti i titoli olimpici individuali (Allround, Trave, Volteggio, Corpo libero, Parallele asimmetriche); tra il 1964 e il 1968 imbattuta nel concorso individuale in ogni gara internazionale. E tutto questo con giurie pronte a inginocchiarsi davanti all’Urss, tanto che, a Messico ’68, arrivano addirittura a cambiare, in finale, il punteggio “dei preliminari” della sovietica Petrik per assegnare un doppio oro nel corpo libero insieme a Caslavska, cui viene rubato l’oro alla trave con uno scandaloso verdetto a favore dell’altra sovietica Kuchinskaya. Sul podio, Caslavska gira la testa per non guardare la bandiera dell’Urss sul pennone.
Nadia Comaneci si guadagna un posto nell’Olimpo quando è ancora ragazzina. Ha solo 14 anni a Montreal, nei Giochi del 1976, e vince 3 ori (Concorso individuale, Parallele asimmetriche e Trave) e un argento (squadre), più giovane di sempre a conquistare un titolo olimpico, ma l’emozione più grande, il ricordo incancellabile, è il “10” che prende alle Parallele. E’ il primo alle Olimpiadi, non il primo nella storia, dopo i due di Caslavska, ma non è nemmeno il primo della stessa Comaneci che ne aveva preso già uno a marzo del 1976, a New York, nella prima edizione dell’American Cup, al corpo libero del concorso generale. Poi, il 18 luglio arriva quello conosciuto da tutto il mondo, alle parallele asimmetriche, seguito da altri sei 10 nella stessa Olimpiade. Alla fine della carriera, la Comaneci si ritroverà con 5 ori, 3 argenti e un bronzo olimpici, 2 ori e 2 argenti ai Mondiali, 9 ori, 2 argenti e un bronzo agli Europei. Si scoprirà poi dei problemi da lei avuti con la dittatura del presidente Ceasescu in Romania, costretta ad avere una relazione con uno dei figli del dittatore e subendo anche il divieto di uscire dalla Romania finché nel 1989, a carriera già finita, riuscì a fuggire e ad andare negli Stati Uniti, dove poi sposò un ginnasta, Bart Conner. L’immagine che però rimane negli occhi del mondo è sempre quella della ragazzina di 14 anni che mostra meraviglie sulla pedana olimpica.
I CAMPIONI
Naturalmente, oltre a Caslavska e Comaneci, i campioni da celebrare sono tantissimi, autori di esercizi strepitosi, innovatori, rischiosi, con una accoppiata tecnica-bellezza che ha pochi riscontri in altri sport. A guidare questo lungo elenco sono i russi-sovietici, tant’è che nella classifica generale delle medaglie olimpiche è nettamente in testa l’Unione sovietica con 72 ori, 57 argenti e 43 bronzi, per un totale di 182 podi. Gli Stati Uniti, al secondo posto, sono nettamente dietro con 38 ori, 44 argenti e 39 bronzi, totale 121. Ma il divario si allarga ancor più se si considerano le medaglie della Russia, della Squadra unificata e di quella denominata Roc (Comitato olimpico russo), si arriva a 93 ori russi, 89 argenti e 70 bronzi, 257 medaglie in totale.
Logico che anche il numero di atleti russi da ricordare sia il più elevato, ma tanti altri dal resto del mondo si pongono alla stessa altezza. Tralasciando per il momento gli italiani, che vedremo subito dopo, i nomi leggendari, tutti vincitori della medaglia d’oro più importante, nel concorso individuale, sono quelli dei russi-sovietici Viktor Cukarin (7 ori, 3 argenti e un bronzo olimpici, 3 ori e un bronzo mondiali), Boris Sachlin (7-4-2 in tre edizioni dei Giochi, 6 ori, 6-0-2 in quattro edizioni dei Mondiali), Nikolaj Andrianov (7-5-3 in tre edizioni dei Giochi, 4-8-0 ai Mondiali), Aleksandr Ditjatin (3-6-1 olimpici, 7-2-1 mondiali), Vladimir Artemov (4-1-0 olimpici, 6-5-2 mondiali), Aleksej Nemov (4-2-6 olimpici, 4-3-2 mondiali), dei giapponesi Yukio Endo (5-2-0 olimpici, 3-5-2 mondiali), Sawao Kato (8-3-1 alle Olimpiadi), Kohei Uchimura che molti considerano il più forte ginnasta di tutti i tempi (3 ori e 4 argenti alle Olimpiadi, 10 ori, di cui sei consecutivi nel concorso individuale dal 2009 al 2015, 6 argenti e 4 bronzi ai Mondiali), i cinesi Li Xiaoshuang (2-3-1 olimpici, 3-3-0 mondiali) e Yang Wei (3-2-0 olimpici, 7-1-2 mondiali).
Al di là delle medaglie, restano impresse anche edizioni particolari dei Giochi, come quella di Monaco 1972, quando il Giappone, che vinse 5 ori consecutivi nella gara a squadra dal 1960 al 1976, si conquistò l’ammirazione del mondo con esercizi difficilissimi e spettacolari, contribuendo in maniera decisiva a far risultare la ginnastica come lo sport più seguito alla pari con atletica e nuoto. Fu quello il vero boom della ginnastica in televisione, con gli spettatori affascinati dalla squadra maschile giapponese che trionfa con 5 ori: concorso a squadre e individuale, sbarra, anelli e parallele, con podio tutto con la bandiera del Sol Levante per Allround, sbarra e parallele. Gli eroi hanno nomi entrati nella storia, qualcuno grazie anche a movimenti sanciti ufficialmente con i loro nomi: Sawao Kato, Mitsuo Tsukahara (5-1-3 olimpici), Shigeru Kasamatsu (1-1-2 olimpici, 6-2-0 mondiali), Eizo Kenmotsu (3-3-3 olimpici, 7-5-3 mondiali), Akinori Nakayama (6-2-2 olimpici, 7-2-3 mondiali), Teruichi Okamura (oro a squadre 1972).
LE CAMPIONESSE
E proprio l’Olimpiade 1972 porta all’altra lista di ori leggendari, quelli delle donne, cominciando da una fuoriclasse assoluta, anche lei bambina prodigio come la Comaneci, ma quattro anni prima di lei, la sovietica Olga Korbut, che realizza due prove incredibili, alla trave e alle parallele asimmetriche. Alla fine dell’esercizio alla trave, si ferma, rimane in piedi per qualche secondo più del previsto e gli spettatori restano in silenzio, affascinati da quell’immobilità. Poi, all’improvviso, da ferma, Korbut fa un salto mortale all’indietro e ricade in piedi sulla trave. E’ la prima atleta nella storia a farlo. Il pubblico esplode, un boato anche se l’esercizio non è ancora finito, il voto è di 9.90. Alle parallele poi, un altro prodigio: un salto mortale all’indietro partendo in piedi dallo staggio superiore per poi riafferrarlo con le mani al termine del salto. L’esercizio prosegue con altri movimento di alta tecnica e spettacolarità, meriterebbe il 10, quattro anni prima della Comaneci a Montreal 1976, ma le giudici si fermano a considerare la pericolosità di quel salto mortale e la penalizzano con un 9.80. Dopodiché quel salto verrà vietato dalla Federazione internazionale, ma rimane come esempio delle capacità di una fuoriclasse come la Korbut che vince 3 ori e un argento, diventa una delle immagini più popolari di quei Giochi, vincerà un altro oro e un altro argento a Montreal e poi rivelerà al mondo delle violenze subite dal suo allenatore, finendo per andarsene negli Usa.
Ma almeno come numero di successi olimpici e anche mondiali, oltre che per il suo altissimo valore tecnico, un posto d’onore nell’elenco delle più grandi di sempre va alla sovietica, nata a Kherson in Ucraina, Larisa Latynina, che ha detenuto il record di medaglie olimpiche fino all’avvento di Michael Phelps nel nuoto: 9 ori, 5 argenti e 4 bronzi in tre edizioni delle Olimpiadi (1956, 1960 e 1964), 9 ori, 4 argenti e un bronzo ai Mondiali. E poi, le altre sovietiche Ljudmila Turisceva (4 ori, 3 argenti e 2 bronzi olimpici, 7 ori 2 argenti e 2 bronzi mondiali), Nelli Kim (5-1-0 olimpici, 5-4-2 mondiali, seconda ginnasta a prendere 10 alle Olimpiadi, pochi minuti dopo quello di Comaneci alle parallele, prima a ottenerlo al corpo libero e al volteggio), Polina Astachova (anche lei ucraina, 5-2-3 olimpici, 2-1-1 mondiali), le russe Svetlana Chorkina (2-4-1 olimpici, 9-8-3 mondiali) Alija Mustafina (2-2-3 olimpici, 3-4-5 mondiali), le romene Ecaterina Szabo (4-1-0 olimpici, 2-6-2 mondiali), Simona Amanar (3-1-3 olimpici, 6-4-0 mondiali), Daniela Silivas (3-2-1 olimpici, 7-2-1 mondiali), infine la statunitense Simone Biles, 37 medaglie fra Olimpiadi e Mondiali (4-1-2 olimpici, 23-4-3 mondiali), giudicata da molti la più forte ginnasta di tutti i tempi, ma figura molto controversa per via dell’utilizzo di medicinali dopanti (il Focalin, indicato per la sindrome di deficit da attenzione), sin dall’età di 15 anni, da junior, con dosi aumentate nel tempo, ma autorizzati per prescrizione medica, utilizzo venuto fuori grazie ad hacker russi che l’avevano scoperto nei Giochi di Rio 2016. Il problema di fondo è che questo farmaco non è autorizzato in tutto il mondo ed è diffuso soprattutto negli Stati Uniti, e porta vantaggi incredibili proprio nella ginnastica, per via delle caratteristiche di questo sport. Le polemiche hanno provocato prima uno stop di un anno della Biles dopo Rio 2016, poi c’è stato il clamoroso ritiro della Biles durante i Giochi di Tokyo nel 2021, dopo una prova sbagliata al volteggio. La coincidenza inquietante è che il farmaco che lei prende sin dall’età di 15 anni è vietato in Giappone ed è considerato reato che porta all’arresto. Quindi, nel momento in cui non può prendere il Focalin, che avesse o meno l’intenzione di prenderlo durante i Giochi di Tokyo, la Biles mostra un crollo fisico e mentale clamoroso. Altro lungo stop dopo Tokyo e poi il ritorno, di nuovo con vittorie e alti punteggi, gareggiando in nazioni in cui il Focalin si può usare, anche se non è più possibile sapere se la Biles continua a prenderlo o no.
La complessa situazione può essere compresa meglio leggendo gli articoli, apparsi su questo stesso sito, ai seguenti link:
https://www.sportsenators.it/0
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L’ITALIA
La presenza degli azzurri sui podi olimpici è costante e, anche se il numero totale di medaglie la pone solo all’ottavo posto della classifica generale (14 ori, 8 argenti e 10 bronzi ai Giochi), il valore degli atleti premiati e quello che hanno rappresentato anche come evoluzione tecnica rendono l’Italia una delle nazioni più importanti nella storia di questo sport.
E’ proprio l’Italia a segnare la prima fase olimpica della ginnastica, grazie soprattutto ad Alberto Braglia, oro individuale nel concorso generale nel 1908 a Londra e nel 1912 a Stoccolma, dominatore di questo sport in quegli anni, più quello a squadre nel 1912. Ecco tutti i protagonisti della squadra del 1912: Pietro Bianchi, Guido Boni, Alberto Braglia, Giuseppe Domenichelli, Carlo Fregosi, Alfredo Gollini, Francesco Loi, Luigi Maiocco, Giovanni Mangiante, Renzo Mangiante, Serafino Mazzarocchi, Guido Romano, Paolo Salvi, Luciano Savorini, Adolfo Tunesi (anche bronzo nel concorso individuale), Giorgio Zampori, Umberto Zanolini, Angelo Zorzi.
Nel 1920, ad Anversa, Giorgio Zampori succede a Braglia nella vittoria del concorso individuale e con la squadra conferma l’oro di quattro anni prima con questi compagni: Arnaldo Andreoli, Ettore Bellotto, Pietro Bianchi, Fernando Bonatti, Luigi Cambiaso, Luigi Contessi, Carlo Costigliolo, Luigi Costigliolo, Giuseppe Domenichelli, Roberto Ferrari, Carlo Fregosi, Romualdo Ghiglione, Ambrogio Levati, Francesco Loi, Vittorio Lucchetti, Luigi Maiocco, Ferdinando Mandrini, Lorenzo Mangiante, Antonio Marovelli, Michele Mastromarino, Giuseppe Paris, Manlio Pastorini, Ezio Roselli, Paolo Salvi, Giovanni Tubino, Angelo Zorzi.
Nel 1924, a Parigi, è ancora oro a squadre: Ferdinando Mandrini, Mario Lertora, Vittorio Lucchetti, Francesco Martino, Luigi Cambiaso, Giuseppe Paris, Giorgio Zampori, Luigi Maiocco. In questa edizione anche il bronzo di Zampori nelle parallele, ma soprattutto l’avvio della grande tradizione azzurra negli anelli: Francesco Martino vince l’oro.
Nel 1928, ad Amsterdam, Romeo Neri inaugura le sue vittorie olimpiche con l’argento alla sbarra, anche in questo caso un segnale che tanti anni dopo sarà raccolto da un altro azzurro, Igor Cassina. Ma è anche il momento della prima medaglia femminile (che rimarrà unica fino al 2021), l’argento nella gara a squadre con queste protagoniste: Bianca Ambrosetti, Lavinia Gianoni, Luigina Giavotti, Virginia Giorgi, Germana Malabarba, Clara Marangoni, Luigina Perversi, Diana Pizzavini, Anna Tanzini, Carolina Tronconi, Ines Vercesi, Rita Vittadini, quasi tutte di 13-14 anni e pavesi, soprannominate “le piccole ginnaste di Pavia”. Luigina Giavotti, di appena 11 anni e 301 giorni, è la più giovane atleta donna medagliata nella storia delle Olimpiadi e anche la più giovane italiana partecipante. Un ricordo speciale per Bianca Ambrosetti, che gareggia nonostante sia malata di tubercolosi. Muore tre mesi dopo l’Olimpiade, a 14 anni.
Nel 1932, a Los Angeles, è proprio Romeo Neri a prendere l’oro nel concorso individuale, cui aggiunge quello alle parallele e infine la tripletta personale con l’oro a squadre insieme a Mario Lertora, Savino Guglielmetti, Oreste Capuzzo, Franco Tognini. La grande prova è completata dall’oro di Savino Guglielmetti al volteggio, dall’argento di Omero Bonoli al cavallo con maniglie, dai bronzi di Giovanni Lattuada agli anelli e di Mario Lertora al corpo libero. In questa edizione l’Italia è la nazione dominante con 4 ori, un argento e 2 bronzi, anche se viene sopravanzata nella classifica dagli Stati Uniti con 5 ori, ma solo perché 3 di questi arrivano in specialità fuori della ginnastica tradizionale e poi non più confermate alle Olimpiadi come la salita alla fune, le clave indiane e il tumbling.
Dopo il 1932, bisogna aspettare Roma 1960 per rivedere gli azzurri sul podio. C’è il bronzo a squadre con questi protagonisti: Franco Menichelli, Giovanni Carminucci, Angelo Vicardi, Pasquale Carminucci, Orlando Polmonari, Gianfranco Marzolla. Individualmente si distinguono i giovani Giovanni Carminucci, 21 anni, argento alle parallele, e Franco Menichelli, 19 anni, bronzo al corpo libero, con prove che fanno già capire cosa potrà realizzare quattro anni dopo a Tokyo.
E il 1964 a Tokyo segna un’altra tappa storica per l’Italia. Nella gara a squadre c’è il quarto posto con Franco Menichelli, Luigi Cimnaghi, Giovanni Carminucci, Pasquale Carminucci, Angelo Vicardi, Bruno Franceschetti. Poi, Franco Menichelli dà il via a una Olimpiade indimenticabile: vince l’oro al corpo libero, lo meriterebbe anche agli anelli, ma i giudici favoriscono chiaramente il giapponese Takuji Hayata che precede l’azzurro di soli 0,50. Infine, il bronzo alle parallele.
Potrebbe essere l’anticipo di tanti altri successi, ma a Città del Messico, nel 1968, proprio alla fine dell’esercizio al corpo libero nella qualificazione della gara a squadre, Menichelli si fa male, rottura del tendine d’Achille, e la sua carriera finisce lì. L’Italia da quell’ultima medaglia nel 1964 dovrà aspettare 32 anni per tornare sul podio e lo farà grazie a Jury Chechi nel 1996 ad Atlanta con l’oro agli anelli. In realtà, avrebbe tentato l’impresa già nel 1992, ma un infortunio lo fermò. Torna ai Giochi nel 2004, dopo un ritiro, un altro infortunio e il ritorno, e riesce a prendere il bronzo, chiudendo la carriera con un oro e un bronzo olimpici, e con 5 ori e 2 bronzi mondiali.
Nel 2004, infine, l’ultimo oro italiano, per il momento, alla sbarra con Igor Cassina che porta nuove difficoltà in un esercizio spettacolare, con un movimento che prenderà il nome proprio da lui. Nel 2012, l’ultimo azzurro sul podio, Matteo Morandi, bronzo agli anelli.
Per concludere la storia azzurra sui podi olimpici arriva finalmente una medaglia individuale femminile, con Vanessa Ferrari che è argento al corpo libero a Tokyo nel 2021 e chiude praticamente qui la carriera che era cominciata clamorosamente nel 2006 con l’oro nel concorso individuale ai Mondiali.
LE NUOVE SFIDE
A Parigi l’aspettativa di spettacolo resta grandissima. Fra gli uomini, il Giappone resta favorito nella gara a squadre, sia pure di poco, davanti alla Cina e agli Stati Uniti, ma i cinesi tentano il colpo. Sarà una grande gara. Nell’individuale, il giapponese Daiki Hashimoto si presenta come possibile personaggio dei Giochi, forte di 2 ori e un argento a Tokyo 2020 e di 3 ori, 3 argenti e 3 bronzi ai Mondiali, nell’ultimo dei quali, nel 2023, ha vinto concorso a squadre, individuale e sbarra. Nei singoli attrezzi, sarà battaglia fra giapponesi, cinesi, statunitensi e britannici.
Fra le donne, è annunciato il duello fra Stati Uniti e Brasile in tutte le gare, da quella a squadre all’individuale e ai singoli attrezzi, con due atlete su tutte: Simone Biles (4 ori e un argento ai Mondiali 2023) per gli Usa e Rebeca Andrade (1 oro, 3 argenti e 2 bronzi ai Mondiali 2023) per il Brasile, con possibili inserimenti di cinesi, britanniche, belghe.
L’Italia si è qualificata per la gara a squadre con uomini e donne. La maschile: Yumin Abbadini, Lorenzo Minh Casali, Mario Macchiati, Carlo Macchini e Nicola Bartolini. La femminile: Alice D’Amato, Manila Esposito, Giorgia Villa, Angela Andreoli ed Elisa Iorio. In particolare, le donne possono aspirare a un buon risultato nella gara a squadre. A Tokyo furono beffate dalla Gran Bretagna proprio all’ultima rotazione, quando credevano di essere vicine alla medaglia di bronzo e finirono quarte. Ai Mondiali di Anversa 2023 sono state quinte, ma sempre a ridosso delle prime. Sono pronte a lottare ancora.
In ogni caso, si annuncia un’Olimpiade emozionante in tutte le gare.