Finalmente non usciamo da un Mondiale chiedendoci cosa siamo e quanto valiamo. Certo, i campionati sono una serie di gare secche in cui conta anche la fortuna, ma non è stata la suonata delle ultime due edizioni a Beaver Creek e St. Moritz, dove siamo arrivati petto in fuori in base ai risultati stagionali e siamo tornati sconfitti e depressi. Le nostre punte non hanno deluso e tutta la squadra si è mossa bene, almeno nelle specialità veloci.
Dominik Paris sta vivendo la più bella stagione della sua carriera. Ormai ha esperienza, ma finalmente ha trovato la continuità e quel salto di qualità tecnico che gli rende possibile salire sul podio su ogni pista ed in ogni condizioni di neve. Are, tecnicamente, non era certo fra le sue preferite. Non c’è la velocità che Domme ama, né quelle pendenze e difficoltà tecniche che esaltano le sue qualità. Ma a differenza del passato non è partito per la Svezia con il cuore pesante. La sua straordinaria potenza gli ha permesso di conquistare un oro nel superG importantissimo, davanti ai migliori. Pareva avere ancora più possibilità in discesa, ma le terribili condizioni atmosferiche che lo hanno accolto in pista gli hanno impedito un bis che non avrebbe fatto gridare alla sorpresa. In questo momento è senza dubbio il velocista più forte del lotto e solo lo svizzero Feuz e l’austriaco Kriechmayr sembrano potercompetere con l’azzurro.
Sofia Goggia invece non finisce di stupirci. E’ arrivata ad Are con non più del settanta per cento della condizione dopo l’infortunio che l’ha costretta ad esordire nella stagione solo a fine gennaio. Ma quella davanti a noi è una Goggia nuova, ancora più forte di quella che ha conquistato l’oro olimpico dodici mesi fa. Quell’oro non l’ha suonata come di norma succede con un successo di questo livello, l’infortunio l’ha fatta crescere di testa, gestisce meglio le sue qualità e non ha minimamente scalfito quella fame agonistica, quella voglia di attaccare che l’hanno portata al vertice. A volte la sua sciata non è bella da vedere ma è sempre efficace e spettacolare, mostra ad ogni metro la cattiveria e la voglia di cercare il limite che la contraddistinguono.
Sofia ha avuto il grande merito con la sua medaglia d’argento in superG di aver rotto già nella prima giornata di gare la maledizione mondiale degli azzurri, rendendo tutto più facile ai compagni. Ha perso l’oro per due soli centesimi di secondo, nulla, dalla statunitense Schiffrin e pure lei avrebbe potuto salire sul podio anche in discesa se non avesse trovato condizioni climatiche impossibili. Pure in gigante è andata oltre le aspettative: si è sdraiata sulla neve nella seconda manche, ma nella prima e nel tratto percorso della seconda ha mostrato di aver ritrovato il meglio di se stessa anche in questa specialità. La Goggia potrà levarsi ancora qualche soddisfazione nell’ultima parte della stagione di Coppa. Ma è tutto il circo rosa a guardare la nostra atleta con speranza. La speranza che nella prossima stagione possa competere per la Coppa del Mondo con il robot Schiffrin per ridare interesse ad un circuito che anche quest’anno la statunitense ha ucciso in due mesi.
Bene tutta la squadra azzurra con buoni piazzamenti anche per Marsaglia, Bassino e Fanchini. L’unica mezza delusione è arrivata da Federica Brignone che è arrivata ad Are con gli stessi problemi tecnici emersi nelle ultime gare di Coppa del Mondo. Il suo talento è immutato, ma deve forse rivedere qualcosa nel suo programma di lavoro. La sorpresa più bella è arrivata dal Team Event, quel bronzo inatteso che ha finalmente portato alla ribalta dei giovani. Abbiamo sempre puntato in questa prova che somiglia tanto a “Giochi senza Frontiere” ad atleti esperti che hanno gareggiato con qualche remora pensando alla gara individuale. Vinatzer, Maurberger e la Della Mea invece hanno giocato a divertirsi, a sfidare i grandi e li hanno pure battuti. Puntare su di loro è stata una bella intuizione che merita un seguito, soprattutto considerando la desolazione delle nostre squadre delle specialità tecniche maschili.
Molti fra i protagonisti hanno perso, ma la grande battuta di questa edizione dei Mondiali e la località ospitante, Are che non si è mostrata all’altezza di un evento di questo livello. Nei piani della candidatura olimpica 2026 di Stoccolma Are dovrebbe essere la sede di tutte le gare di sci alpino contro Milano – Cortina. Chi conosce Are, sede ogni stagione della Coppa del Mondo, sa che quelle vissute dalla rassegna iridata non sono affatto condizioni eccezionali. La località fra Ostersund e Trondheim è sempre sottoposta ai venti artici e nord atlantici. Venti che quando decidono di soffiare davvero sono micidiali. In pochi giorni si è vista un’escursione termica di 40 gradi. Nebbia, neve, pioggia. Le gare veloci sono state barzellette, tutte attorno al minuto. D’altra parte a livello maschile non si riesce a partire dal via naturale della discesa dal 2006… Ma pure il gigante femminile è stato accorciato, cosa che non capita mai per le specialità tecniche. Solo un’altra edizione dei Mondiali è stata peggiore di questa, Morioka, in Giappone, nel 1993, che viveva una media di 5 bufere al giorno che si chiuse senza assegnare le medaglie del superG maschile.
Ma l’aspetto peggiore è stata la cattiva preparazione delle piste. Non è stato preparato per tempo il fondo, quelle decine di centimetri di neve compattata con acqua che garantiscono un degrado lento dando più possibilità a chi non parte con i primi numeri. Il risultato è stato nei primi giorni una neve secca comefarina prima dell’impasto e poi, quando è arrivato il caldo, scivolosa come una saponetta. Una brutta neve che teneva solo per pochissimi passaggi. Atleti che hanno atteso per due anni questo appuntamento meritavano più rispetto. Se si pensa poi che hanno voluto le gare tecniche in notturna e che la pista presentava un cono d’ombra di più di 100 metri è detto tutto. E per ultima cosa il pubblico, numericamente decente solo nei fine settimana, ma con un’atmosfera nel parterre ancora più gelida dei venti artici.
Cosa sarebbe un’Olimpiade con la principale disciplina, lo sci alpino, ridotta ad una farsa da condizioni impossibili e garette da sci club? Se la decisione fosse solo tecnica Stoccolma avrebbe già perso il confronto con le località italiane, ma tante volte domina la politica…