Sinner ancora da record. All’ATP ‘500’ di Rotterdam, dopo il ritiro di Milos Raonic sul 7-6 1-1 per Jannik, questi ha centrato di nuovo la semifinale ed è diventato il primo tennista nato negli anni 2000 a raggiungere le 200 vittorie nel circuito ATP. Imbattuto finora nel 2024, Jannik si è aggiudicato la decima vittoria di fila dall’inizio dell’anno, la tredicesima, considerando la Davis in novembre. Nel penultimo round del torneo troverà il beniamino di casa Tallon Griekspoor, n.29 del mondo, nel remake della semifinale dell’anno scorso, in cui vinse in due set dopo un match lottatissimo di quasi due ore. Qualora superasse l’olandese, Sinner diventerebbe il primo italiano dell’era Open ad occupare la terza posizione della classifica mondiale.
Un Milos Raonic come sempre potente al servizio e propositivo nel primo set poiché chiudeva in fretta lo scambio rischiando molto ha messo in seria difficoltà l’azzurro e, sul 5-4, si è procurato ben due volte la palla del set. Ma il “cinismo” di Jannik non ha fallito. Ancora una volta, la freddezza e il saper ribaltare la situazione fanno di Sinner un avversario sempre più insidioso e glaciale. Jan non solo ha salvato i due setpoint ma, nonostante qualche sbavatura, soprattutto di dritto, è riuscito a manovrare il gioco a proprio vantaggio, facendo muovere il gigante canadese e a trascinarlo al tie-break. Quasi sempre in controllo nei punti decisivi, il n. 4 del mondo ha preso il largo sul 5-2 per poi chiudere il primo parziale per 7 punti a 4. Poi per Milos il crollo, tradito dall’ennesimo infortunio, questa volta all’anca destra.
“Anche nei due turni precedenti facevo un po’ fatica a trovare la giusta posizione in campo” ha ammesso Jannik dopo l’incontro, “nel primo set lui stava giocando meglio di me, ma ho provato a rimanere solido mentalmente. Non vorrei mai che i match finissero così, lui ha già avuto tanti infortuni e spero possa recuperare rapidamente“, ha commentato l’azzurro, dimostrando profondo rispetto dell’avversario e lucidità mentale, due dei tanti assi nella manica di Jannik Sinner. Due qualità che lo hanno aiutato a diventare sempre più abile ad aspettare il momento giusto, ad aggiustare il tiro, a cadere in piedi nonostante un inizio traballante. L’Australia docet.
Il miracolo compiuto a Melbourne ha rivelato soprattutto questo, l’aver imparato, giorno dopo giorno, a sapersi ricostruire e a reinventarsi. Grandi maestri della resilienza e dell’usura dell’avversario alla distanza sono Nadal, Djokovic e, certamente lo era Federer (anche se lo svizzero in questo era un po’ meno “cattivo” ed efficace rispetto agli altri due mostri sacri). Sinner sta imparando molto in fretta e sembra seguire le orme di Rafa e Nole nell’acquisire un’incrollabile fiducia nei propri mezzi e nel saper aspettare il momento buono per cogliere l’attimo della svolta. Con Medvedev, nella finale dell’Australian Open, sembrava finita; ma poi, punto dopo punto, Jannik è stato tenace nell’andare a scovare dentro di sé le energie e la convinzione per rimanere in campo soprattutto con la testa, logorando un Medvedev sempre più appannato dopo il solido vantaggio nei primi due set.
Lo ha saputo fare anche contro Monfils nei quarti di finale a Rotterdam. Un primo set senza problemi per Jannik; nel secondo il guizzo d’orgoglio del veterano francese ma è un fuoco di paglia; nel terzo, non c’è storia: ordinato, sicuro e imperturbabile, Jannik non perdona. Alla fine, si è preso la partita, un po’ per alcuni regali fatali da parte di Gaël ma, soprattutto, per la prontezza mentale di Sinner nel saper cogliere e sfruttare immediatamente le insicurezze e le distrazioni dell’avversario e indirizzare così a proprio vantaggio l’andatura del match. Sembra semplice a dirsi ma è una delle più grandi difficoltà del tennis e pochi campioni hanno davvero la stoffa di andare a prendersi la vittoria anche nelle situazioni più disperate. Jannik è uno di questi.