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Chi ha vissuto da bambino le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 non potrà mai dimenticare alcune imprese che hanno fatto la storia dello sport italiano. Dal “silenzio” di Cristian Zorzi al termine della staffetta 4×10 chilometri di sci di fondo alla sincronia di Enrico Fabris, Matteo Anesi e Ippolito Sanfratello nel pattinaggio velocità queste immagini sono diventate il simbolo di un movimento, tuttavia soltanto una può raffigurare ancor meglio quanto accaduto sulle montagne piemontesi: la discesa di Armin Zöggeler nella notte di Cesana Torinese.
Lo slittinista di Foiana è stato probabilmente uno dei più grandi atleti di tutti i tempi, tuttavia, a distanza di dieci anni dal suo ritiro, non si sente di condividere questo giudizio. Sei medaglie olimpiche in sei edizioni disputate, sei titoli mondiali e dieci edizioni della Coppa del Mondo parlano da sole, ma il fuoriclasse bolzanino preferisce sempre mantenere il basso profilo, anche ora che guida la Nazionale in qualità di direttore tecnico.
Si sente il più grande slittinista della storia?
Assolutamente no. Ho sempre vissuto questo sport come un divertimento piuttosto che un traguardo raggiungere. Questo mi ha permesso di ridurre le pressioni su di me e di trasformare un hobby in una professione vera e propria.
L’hanno soprannominata “il cannibale dello slittino” per via delle sue affermazioni. Com’è nato?
Quello è un nomignolo che mi hanno dato i giornalisti, però lo posso capire perché sono sempre molto concentrato sia in gara che fuori. Questo mi ha portato ad esser definito un “cannibale”, tuttavia ciò non mi ha mai pesato.
Qual è stato il punto più alto della sua carriera e quale il più difficile?
Il più alto le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 dove ho confermato il titolo ottenuto a Salt Lake City davanti al mio pubblico, mentre il più difficile rimangono probabilmente i Mondiali a Oberhof nel 2008 da cui sono uscito veramente deluso.
Ha partecipato a sei Olimpiadi conquistando altrettante medaglie. Com’è riuscito a rimanere sulla cresta dell’onda per vent’anni?
Non è stato facile perché, una volta arrivato in cima è facile, ma più difficile è rimanerci, soprattutto in un periodo così lungo. Riconfermarsi dopo quattro anni non è stato per nulla scontato, tuttavia sono stato paziente e ho dimostrato a me stesso che ciò fosse possibile.
Nel 2014 a Sochi è stato il portabandiera dell’Italia. Come ha vissuto questa responsabilità?
Molto bene perché sapevo che sarebbero state le mie ultime Olimpiadi da atleta. Il mio obiettivo è seistato di prepararmi fisicamente e mentalmente molto bene perché avevo già quarant’anni. Ho lavorato molto con il nutrizionista, il fisioterapista e il preparatore atletico e questo mi ha consentito di salire sul podio ottenendo la sesta medaglia in carriera. Lì ho avuto la conferma che sarebbe stata la mia ultima stagione da atleta.
Più volte ha ribadito come lasciare la sua famiglia sia stato complicato. Com’è riuscito a superare questa separazione?
Per fortuna sono entrato a far parte di una nuova famiglia, la squadra nazionale. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto e anche per questo sono riuscito a vincere così tanto.
Essendo ora padre di un atleta, come ha affrontato questo momento con Nina?
E’ una situazione un po’ complicata, soprattutto se consideri che io sono il direttore tecnico e lei è un’atleta della Nazionale. E’ fondamentale vederla come una slittinista, non come una figlia. Io devo continuare a far al meglio il mio lavoro in qualità di tecnico e lei deve dare il massimo come tutti gli altri atleti.
Vincente lo è sempre rimasto, anche quando è diventato allenatore. Com’è riuscito a trasmettere agli atleti la sua classe?
L’obiettivo è quello di trasmettere loro l’esperienza che ho raccolto nel corso della mia carriera. Non è chiaramente sempre facile, ma la speranza è di riuscirci il più possibile.
Quanto è cambiato il mondo dello slittino da quando ha iniziato? C’è ancora quella componente di “artigianalità”?
Lo sviluppo è stato enorme negli ultimi anni, già durante la mia carriera. Questo sport non è cambiato solo tecnicamente, ma anche atleticamente. Se guardo alla mia esperienza, la preparazione che ho affrontato nel primo anno è completamente diversa dall’ultimo. Lo stesso discorso vale per i materiali. Avendo una grande passione per quest’ultimi, sono sempre riuscito a stare al passo con le novità scoprendo alcune strategie utili per performare meglio.
Com’è andata la stagione per la Nazionale?
Siamo molto contenti perché siamo riusciti a conquistare la Coppa del Mondo con il doppio femminile, mentre nel singolo maschile siamo riusciti ad andare parecchie volte sul podio. Con le ragazze dobbiamo ancora recuperare, però stiamo facendo un bel lavoro.
Nel doppio avete vinto la Coppa per due anni consecutivi. Come siete riusciti in così breve tempo a raggiungere i vertici mondiali?
La decisione di puntare su questa nuova specialità, inserita anche nel programma olimpico, è arrivata direttamente dalle atlete che hanno deciso di lavorare assieme per questo progetto. La possibilità di gareggiare a Milano-Cortina ha stuzzicato ovviamente Andrea Voetter e Marion Oberhofer che si sono trovate bene assieme e hanno realizzato questo capolavoro.
Sul fronte maschile dobbiamo affidarci ancora a Dominik Fischnaller. Potrebbe emergere qualche giovane in futuro?
Negli ultimi due anni abbiamo avuto riscontri positivi anche da Leon Felderer il quale deve fare sì ancora qualche passo in avanti per raggiungere i vertici di questa disciplina, ma là davanti ha un esempio da seguire come quello di Dominik. Questo potrebbe aiutarlo nel suo percorso di crescita.
Guardando alle Olimpiadi 2026, quanto è importante per il nostro movimento la costruzione della pista di Cortina d’Ampezzo?
E’ fondamentale, soprattutto per i giovani oltre che per gli attuali componenti della Nazionale. Non è necessaria soltanto per la preparazione sul ghiaccio, ma anche perché testare i materiali perché attualmente siamo a Sigulda, in Lettonia, per provare alcune nuove soluzioni, ma chiaramente se hai a disposizione l’occasione di farlo in casa, puoi mettere in campo più modalità. Inoltre non hai la difficoltà di prenotare una pista in un altro paese e di dover fare i conti con le condizioni del momento. Senza contare che siamo sempre in viaggio per tutto l’anno per cui rimanere più vicini a casa sarebbe molto importante per noi.
Cosa consiglierebbe a un atleta prima di una discesa olimpica?
Mettere in pratica quello che ha imparato, la regola è molto semplice. Quando partecipi alle Olimpiadi sei chiaramente molto agitato perché la pressione che ti ritrovi ad affrontare è molta. Il principio rimane quello di mettere in pratica quello che hai imparato nelle stagioni precedenti.