Anche io sono stato, e per qualche verso sono ancora, “uno spiegatore” e forse anche questa cena rientra nel genere. Lo “spiegatore” è quello che ti spiega tutto. “Mo’ te spiego” è il suo incipit classico anche se sui quotidiani, sulle riviste o nelle tv dove si esibisce non lo usa, certo, non è fine. Però lo fa aleggiare. Lo “spiegatore” si sta esibendo in questi frangenti al massimo del suo repertorio per spiegare, appunto, la dipartita della Juventus dalla Champions League. L’ennesima, quest’anno particolarmente pesante per la presenza di mister Coppa dei Campioni Cristiano Ronaldo e per l’avversario, sulla carta più abbordabile del Real Madrid un anno fa o del Bayern Monaco nel 2016, cioè del dirimpettaio in due delle quattro avventure di Max Allegri prima di questa in cui Madama non arrivò in finale.
Lo caratteristica principale dello “spiegatore”, e anche io mi sono piegato a questa logica, è che si contraddice e soprattutto si dimentica di quello che ha scritto. Un mese fa, dopo la straordinaria rimonta sull’Atletico Madrid, la Juve era uno squadrone e l’allenatore un genio che aveva indirizzato la partita con le sue mosse. Ora invece è un cretino. Anzi Agnelli sbaglia a confermarlo, stanti i suoi limiti conclamati. Allegri ha scritto un libro per dire che il calcio è un gioco semplice. Non lo voglio difendere, se perdi in casa dopo un risultato positivo in trasferta non hai attenuanti, però tutti quelli che, quando la Juve perde, scrivono che “non gioca a calcio” mi provocano un eritema. Il calcio è un gioco semplice perché non ha regole sintattiche. E’ una meravigliosa avventura fatta di episodi, di sprazzi, di contraddizioni, di uomini. Giocava un grande calcio il Milan di Sacchi, ma quello di Capello era meno spettacolare come la Juve di Marcello Lippi che giocò tre finali dal 1996 al 1998 non era altrettanto bella da vedere. Il Milan di Carlo Ancelotti non era questo Ajax e sicuramente non divertì le masse, tifosi interisti esclusi, l’Inter di Mourinho.
Il calcio è un gioco semplice, è fatto di episodi, di presenze (con Chiellini, chissà, sarebbe andata diversamente), di casualità. Questi ragazzi olandesi, questi nipotini di Johann Cruijff sono bravi, sono veloci, sono liberi e belli come uno shampoo, però un gol l’hanno segnato con un assist involontario, cioè per caso, e il secondo su calcio d’angolo. Come la Spal, per dire. Certo, nel secondo tempo hanno legittimato la vittoria mentre la Juventus andava in affanno. Meritano la semifinale. Quello che voglio dire è che ognuno gioca come può e come sa. Poi, per vincere, specialmente tra le prime otto d’Europa, subentrano infinite variabili che oltrepassano i concetti astrusi di “giocare bene” o “giocare male”. E anche lo “spiegatore” più incallito non riuscirà a spiegarle.
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